Salvatore Cannavò: Coalizione sociale, una risposta alla fine del movimento operaio
Diffondiamo dal blog di Salvatore Cannavò del 23 marzo 2015
Parlare di fine del movimento operaio non significa negare l’esistenza di interessi di classe o non vedere la presenza di lotte e di resistenze, di vertenzialità anche aspre. Le lotte di vari comparti sindacali, non eliminano l’essenziale: è venuta meno la costruzione politica, culturale e sociale che ha permesso, in particolare dopo la Seconda guerra mondiale, l’affermazione di una soggettività politica non riconducibile solo ai partiti della sinistra. Soggettività alimentata dall’esistenza dell’Urss, dalla forza dei partiti comunisti e dei partiti socialdemocratici, dalla crescita esponenziale dei sindacati, almeno in Europa, che ha consentito di cambiare profondamente i rapporti di forza tra le classi sociali. La sconfitta di quel movimento è stata profonda, più di quanto si creda o si voglia ammettere. E si nutre di un’altra crisi profonda, quella della democrazia parlamentare e rappresentativa divelta da una logica dell’economia che in nome della produttività, della competizione e della ricerca del massimo profitto, ha bisogno di velocizzare le decisioni e di aggirare il dibattito. Matteo Renzi è frutto di questa necessità così come il bisogno di uomini forti, di nuovi populismi e di, sempre agognati, capri espiatori collettivi.
La fase attuale assomiglia così alla seconda metà dell’800, agli albori del movimento operaio perché il problema di fondo non è ricostruire solo le forme rappresentative sconfitte – ad esempio, una fantomatica sinistra – ma gli ingredienti essenziali che formano un nuovo movimento del lavoro e del non lavoro (il nome “operaio” può infatti dirsi superato).
Si tratta di ricominciare e quindi di rifarsi alla metodologia che portò alla formazione del vecchio movimento operaio. Ricostruire la solidarietà, a partire dal Mutuo soccorso non come surrogato del welfare in crisi ma come filo di sutura delle fratture sociali; ricostruire una dimensione vertenziale, non come conflitto rappresentato o mediatico ma come piccole vittorie da accumulare; ricostruire una dimensione internazionale per stare all’altezza della globalizzazione del nostro tempo.
Quello che dovrà potersi realizzare troverà forza e avrà futuro se assumerà la democrazia e l’auto-decisionalità dei soggetti, come coordinate essenziali. Se i soggetti storici del movimento operaio sono in una crisi irreversibile, piccole luci di una stella ormai spenta, anche l’ipotesi di una delega a dirigenti illuminati perde di prospettiva. E’ bene saperlo e accettarlo non come concessione allo “spirito del tempo” ma come strumento di nuova politica.
Una dimensione inedita potrà e dovrà essere quella dell’esperienza esemplare. Oggi è più efficace scommettere su esperienze esemplari che, con la loro realtà materiale, rendano credibile un nuovo racconto. Emergency è una esperienza esemplare così come il recupero dei centri sequestrati alla mafia da parte di Libera. La fabbrica occupata Rimaflow è una esperienza esemplare che allude, chiaramente, a un’altra idea di economia e di solidarietà operaia. L’esempio permette di conferire nuova legittimità a idee che, altrimenti, verrebbero strozzate dalla retorica propagandistica.
La coalizione sociale, se approfondita in questa direzione, è un progetto che non potrà non avere impatti sul modello sindacato fin qui conosciuto. La politicità della proposta, più che sulla forma-partito insiste proprio sulla forma-sindacato, sulla sua caducità e sulla necessità di ripensare ruolo e azione sociale. Il contrasto capitale-lavoro, infatti, non agisce più solo in sede di prestazione lavorativa, lì dove si dà lo scambio tra salario e ore di lavoro. La contraddizione è generalizzata a livello sociale, lo è ormai da molto tempo. La sfida diventa più complessiva e il sindacato, se vuole giocarla davvero, deve farsi “sociale” nel senso che deve rincorrere quella contraddizione e quello scontro in tutte le sue manifestazioni. E’ conflitto da rappresentare la crescita della disoccupazione, la generalizzazione di forme di lavoro “para” subordinato, la gestione del welfare (si pensi all’iniziativa di associazioni free-lance che il 24 aprile hanno individuato l’Inps come controparte).
Il punto di partenza imposto dalle sconfitte, rende vitale anche le esperienze di mutuo soccorso come luoghi in cui ricostruire fiducia e solidarietà di classe. “Case del mutuo soccorso” in analogia con le Case del popolo in cui si redigevano i primi statuti del mutualismo operaio: oggi è cambiato il tempo e il contesto e il mutualismo incorpora una dose necessaria di 2.0. Ma il meccanismo che sta alla base del mutuo riconoscimento è lo stesso. Così come serve un impegno straordinario nell’adottare una lotta, sostenendo chi è solo, sola in una dimensione particolare offrendo una rete di protezione collettiva. Il sindacato sociale è tutto questo e la coalizione sociale ne germina la nascita, ovviamente a condizione che i soggetti incaricati ne colgano il senso e la sfida.
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