Gino Rubini: Eternit. Una sentenza in nome della legge che sopprime l’idea di giustizia
Rabbia dolore e indignazione sono i sentimenti condivisi tra i famigliari delle migliaia di vittime dell’amianto per una sentenza quasi inaspettata che annulla la condanna a 18 anni al magnate svizzero Stephan Schmidheiny titolare della Eternit, già riconosciuto colpevole in due gradi di giudizio. Rabbia e indignazione sono nello stato d’animo di chi scrive che come sindacalista ha conosciuto decine di persone, lavoratori delle OGR, delle Officine Casaralta che non ci sono più perché uccisi dall’amianto.
E’ necessario tuttavia non farsi travolgere dall’orgia di retorica dei media e mantenere la mente lucida per comprendere per davvero da dove ha origine questa sentenza della Corte di Cassazione. Una sentenza quella della Corte di Cassazione che mette in luce le deboli fondamenta del sistema normativo in materia di reati ambientali.
E’ su questo punto, una volta condiviso il sentimento di rabbia e la frustazione per l’ingiustizia che hanno subito le vittime, i famigliari e comunità come quelle di Casale Monferrato, che occorre approfondire per comprendere come i giudici della Corte di Cassazione abbiano potuto annullare le sentenze di condanna di due gradi di giudizio.
Un reato che continua a produrre migliaia di morti tra lavoratori e cittadini, oltre 3000, e continuerà produrne nei prossimi anni, può cadere in prescrizione ? La Corte di Cassazione ha dovuto esprimersi e la sentenza ha messo in evidenza la miseria e la illogicità delle norme che regolano la prescrizione e in particolare l’assenza, di fatto, in questo paese, del reato di disastro ambientale. La richiesta di prescrizione richiesta dalla difesa ha trovato spazio nel vuoto legislativo in ambito penale che non prevede con chiarezza la responsabilità penale per chi compie disastri ambientali che hanno effetti tragici sulle persone esposte dopo decenni. In Italia non esiste la tutela penale dell’ambiente né per il danno all’ambiente che non è soggetto giuridico tutelato.
Ancora oggi chi inquina non paga perchè l’apparato normativo, in campo ambientale, salvo rare eccezioni, prevede solo contravvenzioni. A questo vuoto normativo si collegano poi gli effetti della ex Cirielli che consente facilmente la prescrizione. Su questo punto bisogna fare molta attenzione perchè i media , giornali e lo stesso Presidente del Consiglio hanno fatto riferimento solo alla necessità di cambiare la norma sulla prescrizione, problema che esiste ed è importante, ma non esaustivo.
Il vero problema che è alla base di questa sentenza ingiusta è l’assenza del reato penale di disastro ambientale. I delitti ambientali non hanno cittadinanza nel Codice Penale e proprio per questo è stata possibile questa sentenza che ha ucciso per una seconda volta le migliaia di lavoratori e di cittadini morti a causa della esposizione professionale o indebita all’amianto.
Questo vale non solo per l’inquinamento dovuto all’amianto ma anche per altre situazioni rilevanti per i danni alla salute della popolazione come l’inquinamento nelle vicinanze dei poligoni militari da uranio impoverito o, come nella terra dei fuochi, dall’inquinamento da sostanze tossiche industriali interrate clandestinamente dalla criminalità. Gli artt.434 e 449 del CP non sono gli strumenti adeguati per tutelare le vittime della esposizione professionale o ambientale da amianto e/o da sostanze nocive che producono patologie mortali hanno una lunga latenza prima di manifestarsi. Questo è il vero nodo da risolvere. Da Seveso in poi molti processi sono arenati proprio per questa carenza normativa: l’assenza di una norma del CP che preveda in forma chiara il disastro ambientale.
Ci lascia esterefatti l’idea che vengano considerati prescritti reati legati a fatti che ancora oggi continuano a mietere vittime.
Eppure succede lo stesso anche per tutti i più gravi reati ambientali che ancora oggi sono di natura contravvenzionale e quindi considerati meno gravi del furto di un’arancia al supermercato. E questo continuerà a succedere fino a che il disegno di legge sui delitti contro l’ambiente nel codice penale, votato a larghissima maggioranza alla Camera nel febbraio scorso, ancora fermo nelle Commissioni ambiente e giustizia del Senato, non arriverà ad approvazione definitiva.
I senatori diano un segnale di discontinuità votando in tempi brevi quel ddl, dopo questa ennesima vergognosa sentenza. Come scrive in il Presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza in una lettera ai Senatori : ” In questa legislatura nel febbraio scorso c’è stata un’incoraggiante novità su questo tema grazie all’approvazione alla Camera dei deputati a larghissima maggioranza del disegno di legge n. 1345 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”. Il disegno di legge è fermo da marzo scorso presso le Commissioni Ambiente e Giustizia del Senato della Repubblica. Si tratta di un’inaccettabile rallentamento dell’iter parlamentare, che va approvato con massima urgenza senza stravolgerlo, anzi con piccole modifiche può essere ulteriormente migliorato e consentire così di sanare una gravissima anomalia della legislazione nazionale tanto carente oggi da permettere che si verifichino episodi assolutori come quello dell’Eternit.”
Quali sono i poteri forti che hanno in qualche modo influito per rallentare l’iter parlamentare per giungere alla approvazione di questa norma ? Nel momento in cui si varano pacchetti di norme come il “Decreto del Fare” e “SbloccaItalia” è molto difficile immaginare un’azione lungimirante del governo che si fa carico di introdurre la fattispecie del reato di disastro ambientale.
E’sull’azione delle lobbies che hanno frenato l’iter parlamentare del DdL n° 1345 che bisogna fare chiarezza. E’ palese che vi sono forze sociali e politiche che non hanno voluto e ancora non vogliono che vi sia una legislazione penale efficace in materia di tutela ambientale e della salute collettiva delle persone. Per questi motivi il focus dell’attenzione e della vigilanza democratica va orientato sia sulle norme riguardanti la prescrizione e, sovrattutto sulla necessità di fare convertire rapidamente in legge il disegno di legge n. 1345 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”.
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