Odio e guerre alle frontiere oppure interazione creativa ai bordi
Da “Inchiesta” luglio-settembre 2014 viene ripreso l’editoriale di Vittorio Capecchi
Frontiere, confini, limiti, bordi, barriere. Tutti gli interventi di questo numero possono essere letti spostando l’attenzione su ciò che accade ai confini, alle frontiere. Come scrive Silvano Tagliagambe (Epistemologia del confine, Il Saggiatore, Milano 1997) il termine confine ha un duplice significato “per un verso è linea di demarcazione e di separazione e per l’altro è luogo di contatto e del reciproco scambio tra ambiti diversi”. In un suo intervento sui rapporti tra centro/periferia (www.inchiestaonline.it, “Osservatorio sulle città” 13 aprile 2013) Richard Sennett ricorda il contributo del biologo, paleontologo e storico della scienza Stephen Jay Gould che distingue tra due tipi di confini: limiti e bordi. “Il limite è un confine dove le cose finiscono; il bordo è un confine dove diversi gruppi interagiscono. Sui bordi, gli organismi diventano anzi maggiormente interattivi, proprio per l’incontro di diverse specie e condizioni fisiche”. Alle frontiere, ai confini, se prevale l’idea del limite, si costruiscono barriere, guerre, odio. Se invece prevale l’idea del bordo si possono avere delle interazioni creative. Che cosa accade alle frontiere esaminate in questo numero di “Inchiesta”? E come è possibile passare da una situazione di barriere, odio e guerre a quella di una interazione creativa ai bordi?
Frontiere guerra/pace, capitale/lavoro, medicina /Emergency, multinazionali/ambiente Le frontiere guerra/pace sono oggetto degli interventi di Bruno Giorgini, Nello Rubattu, Mario Agostinelli, Gino Strada. Gli scenari descritti sono devastanti e le proposte che emergono (drastica riduzione delle spese per le armi, rifiuto della presenza di basi militari straniere, disarmo nucleare totale..) non sono tenute presenti. in Europa come nelle altre nazioni, dai partiti e dai governi e, come scrive Giorgini “solo ogni tanto si leva la voce del Papa, arrabbiata se non furiosa, contro tutte le intraprese di guerra e i mercanti d’armi”. Le frontiere guerra/pace si intersecano con quella capitale/lavoro con un parallelo spostamento di potere verso il capitale e le guerra. Il testo di Gino Strada, che affronta le relazioni medicina /Emergency è la trascrizione del suo intervento al Congresso nazionale della Fiom e i collegamenti tra guerre e capitale sono evidenti. Le relazioni capitale/lavoro sono al centro della ricerca di Marco Marrone e Tommaso Cerusici e degli interventi di Roberto Romano e Paolo Pini, Francesco Garibaldo, Umberto Romagnoli. Dai testi emerge la tendenza verso un complessivo rifiuto di una interazione creativa ai bordi della relazione capitale/lavoro e multinazionale/ambiente e il predominare di odio, guerra, barriere. Questa integrazione creativa resta come ricordo nel lontano “modello Olivetti” al quale oggi si preferisce il “modello Marchionne” e l’attacco all’Art.18 per favorire, come scrive Romagnoli, l’obiettivo del “licenziamento che potrebbe tornare ad essere un capriccio. Un capriccio a buon mercato”.
Cina/Occidente. L’intervento di Amina Crisma permette di capire quale atteggiamento sia necessario per accostarsi alle “espressioni di una cultura” come quella cinese senza sovrapporvi i nostri pregiudizi e i nostri preconcetti. Diventa ineludibile il confronto con la dimensione storica contro i comparatismi astratti e anche contro la narrazione monolitica e compatta che la Cina ha amato sovente dare di sé con “la grande amnesia” che va “dalle purghe degli anni Cinquanta alla Rivoluzione culturale fino al massacro di Tian Anmen”. E’ una prospettiva che non si sottrae al confronto con l’intrinseca politicità delle narrazioni storiche, e che intende restituire visibilità alla pluralità di Cine e di Occidenti e alle tensioni infraculturali. Un’esigenza confermata fra l’altro da quanto accade oggi a Hong Kong.
Centro/periferia, crimini/giustizia. Le diagnosi di Romeo Pisano, Roberto dall’Olio, Maurizio Scarpari e Nello Rubattu arricchiscono la riflessione sulle frontiere perché sottolineano l’importanza della periferia rispetto al centro. Quale è il significato di ciò che è accaduto e accade a Pollica nel Cilento, a Venetico Superiore nella provincia di Messina o nel poligono di Capo Frasca in Sardegna? Si tratta di episodi trascurabili in quanto alla periferia o sono episodi illuminanti e significativi? In tutti e tre i casi ci si muove lungo la linea che separa i crimini dalla giustizia e si capisce che lo spostarsi di questa linea verso l’area criminale porta a ferite che non si possono rimarginare e che dalla periferia arrivano al centro dei nostri dibattiti.
Disabilità/normalità, padri/figli, donne/uomini. I testi di Emilio Rebecchi, Maria Merelli, Alberto Cini, Vittorio Capecchi spostano l’attenzione su i confini tra altre aree. Gli spunti generalizzabili sono molti. Il rapporto padri/figli si sposta, nel saggio di Rebecchi verso una interazione positiva ai bordi quando “un figlio tenero e forte riassume in sé e porta avanti la bandiera scivolata dalla mano del padre ferito a morte”. Il rapporto disabilità/normalità diventa creativo quando, come nei saggi di Cini e Capecchi, si comprende il termine “abilità” (che non va confuso con quello di utilità) e si accetta che lo sguardo di persone “disabili” buchi le nostre ombre. Si può intravedere così un nuovo umanesimo e questo modo di procedere si ritrova nella speranza, presente nel saggio di Maria Merelli, che gli uomini escano dal loro lato più oscuro verso un diverso rapporto di coppia.
Gaza, Palestina, Israele e il mondo. Il dossier curato da Alessandra Mecozzi è una sintesi di tutto ciò che potrebbe e non si verifica ai confini, alle frontiere Palestina/Israele. Nelle analisi riportate colpisce la stessa creatività, sensibilità, intelligenza di chi scrive anche se ha una diversa storia palestinese oppure israeliana. Se queste persone potessero contare di più nella soluzione dei problemi si potrebbe veramente realizzare una straordinaria creatività ai bordi invece del tragico scenario di morte e di macerie che il dossier documenta.
Che la Tara Bianca protegga l’infanzia in tutte le parti del mondo Nel Buddhismo tibetano Tara (vedi immagini riportate) è la divinità femminile che protegge a seconda del suo colore. Alla fine della rilettura di questo numero quella che mi sembra la più indicata è la Tara Bianca che ha setteocchi e protegge l’infanzia.
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