Rete della conoscenza: Liberiamo la democrazia, non c’è più tempo
La Rete della conoscenza (www.retedellaconoscenza.it) è il sito in cui confluiscono il Sindacato degli studenti medi (www.unionedeglistudenti.it) e il Coordinamento universitario (www.coordinamentouniversitario.it)
Pubblichiamo questo testo pubblicato il 25 aprile e anche altri due testi della Rete della conoscenza: un documento a favore della scuola pubblica in relazione al referendum che sia Bologna il 26 maggio e il documento in cui si chiariscono gli obiettivi della Rete della conoscenza
La democrazia nel nostro Paese si sta avvitando su se stessa. L’Italia va verso un Governo di larghe intese: cosa vuol dire per gli studenti, i precari, i disoccupati, i giovani?
Innanzitutto che la politica non è riuscita ad interrogarsi su una spaccatura elettorale specchio di una spaccatura ancora più profonda nella società, tra chi ha pagato la crisi e chi nella crisi si è arricchito, tra chi continua la sua vita come prima e chi si trova a vivere un’incertezza non solo sul suo futuro ma sul suo presente.
Ci siamo opposti al Governo Monti, Governo che si diceva tecnico e super partes ma che, con il consenso dei maggiori partiti politici italiani, ci ha indeboliti e impoveriti ulteriormente, distruggendo istruzione, diritti, lavoro e beni comuni. Nonostante l’attacco generalizzato, le elezioni di Febbraio hanno dimostrato come ognuno abbia votato per dare discontinuità ma a partire dalla propria condizione. Da alcuni anni a questa parte siamo tutti un po’ più soli, isolati, divisi da mille differenze di provenienza sociale, formazione, contratto di lavoro, provenienza geografica.
Ognuno vive la crisi a modo suo, ognuno è stato travolto dalla crisi e nessuno è riuscito a superare la solitudine della crisi unendosi e immaginando collettivamente un’alternativa. Così come nella società, anche nella politica partitica i punti di aggregazione si sono trovati per mantenere lo status quo e non per portare cambiamenti radicali di modello di sviluppo.
Il Governo di larghe intese vuol dire che le grandi decisioni sul futuro del Paese saranno prese nuovamente nelle segrete stanze da pochi ‘eletti’, interessati a mantenere gli equilibri tra i partiti. Il Parlamento, principale istituzione democratica del Paese, non potrà compiere il suo ruolo di mediatore tra visioni politiche e interessi differenti.
Solo i poteri forti, quei pochi che potranno penetrare le mura di quelle stanze, vedranno difesi i loro interessi di parte e rafforzato il proprio potere.
Sono troppe, però le emergenze sociali che restano inascoltate: il diritto allo studio, la qualità dell’istruzione, la disoccupazione, la casa, la precarietà, la sanità, la difesa del territorio etc. Se gli studenti e le studentesse sono rimasti inascoltati negli anni passati nonostante i cortei oceanici contro la Riforma Gelmini e la privatizzazione di scuole e università, il rischio che abbiamo davanti è che le nostre voci, come quelle di altre, restino mute di fronte ad una politica sorda.
Per ognuna delle emergenze di questo Paese si sono prodotte in questi anni numerose mobilitazioni, molte delle quali, in particolare dalla nascita del Governo Monti in poi, autoreferenziali e settarie. Forse è arrivata l’ora di smettere di guardarsi l’ombelico, uscendo dall’isolamento e dalla testimonianza, per cambiare le sorti della storia e delle nostre vite. In questi giorni, superando la stucchevole retorica sulla democrazia diretta e sul potere del Web, decine di migliaia di studenti stanno votando per un Referendum Studentesco che non sta significando semplicemente compilare un questionario on line, ma costruire assemblee e momenti di partecipazione in scuole, università e sul territorio. Ma questo non basta.
L’esito del Referendum deve subito diventare il faro verso il quale muoversi, per immaginare con forme di partecipazione diretta l’uscita dalla crisi e la riconquista della democrazia, legando le lotte degli studenti e delle studentesse con quelle dei precari, dei lavoratori, degli occupanti di case. La lotta per il riscatto di ognuno deve diventare al più presto la lotta per il riscatto di tutti.
La convocazione da parte della Fiom-Cgil della manifestazione nazionale a Roma il 18 Maggio è per noi un’ottima notizia. La data del 18 potrà essere l’occasione per costruire uno spezzone degli invisibili, di tutti quei soggetti che se non si uniscono resteranno schiacciati dalle larghe intese. Oggi serve un’unità di tutti i movimenti sociali andando a superare le divisioni categoriali e le differenti storie di provenienza, il contrario porterebbe un ulteriore attacco ai diritti. Non possiamo permettercelo.
La storia va cambiata unendo le forze di chi da solo è troppo debole per rispondere alla crisi, per trasformare la storia di tutti e di ciascuno, per riprendere la Storia dell’Italia e dell’Europa e farla nostra. Per farlo dobbiamo liberare la democrazia, oggi come il 25 Aprile di 68 anni fa. Non c’è più tempo.
1. Referendum per la scuola pubblica: da Bologna un segnale per tutto il Paese [23 aprile 2013]
Il 26 maggio la città di Bologna sarà chiamata ad esprimersi sulla questione cruciale dei finanziamenti pubblici alla scuola dell’infanzia tramite il seguente quesito: “Quale, fra le seguenti proposte di utilizzo delle risorse finanziarie comunali, che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole di infanzia paritaria a gestione privata, ritieni più idonea per assicurare il diritto all’istruzione delle bambine e dei bambini che domandano di accedere alla scuola dell’infanzia?
a) utilizzarle per le scuole comunali e statali
b) utilizzarle per le scuole paritarie private
La proposta di un referendum consultivo viene dal Comitato articolo 33, una rete di cittadini e associazioni che si batte in difesa della scuola pubblica, laica e accessibile a tutti prevista dalla Costituzione; in queste settimane al lancio della campagna referendaria è seguito un acceso dibattito pubblico che ha visto schierarsi a favore del definanziamento delle scuole private personalità significative come Rodotà, Settis e Landini, un dibattito che non può non riguardare l’intero Paese e il sistema nazionale d’istruzione tutto, privatizzato de facto dalle politiche dei tagli di questi ultimi 20 anni.
L’art- 33 della Costituzione prevede che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.” , intanto però, dal varo della legge di parità 62/2000 e dalla costruzione del sistema misto pubblico-privato, la mole di finanziamenti comunali ai 27 istituti paritari della città (di questi 25 confessionali) è andata aumentando di anno in anno fino a raggiungere il milione di euro. Le conseguenze sono drammatiche in primis per le famiglie e i bambini: a settembre 2012 sono stati 423 i bambini che rischiavano di essere esclusi dalla scuola materna pubblica, 103 quelli per cui il Comune, nonostante la corsa ai ripari, non è riuscito a trovare una soluzione, quasi 100 invece i posti ancora liberi nelle scuole private in cui le famiglie sono costrette a pagare rette annuali che vanno dai 200 ai 100 euro
La situazione emergenziale che vive la città di Bologna non preoccupa però la curia, il PD, partito di maggioranza della città impegnato nella strenua difesa dell’attuale sistema integrato, né il sindaco Merola, che, oltre ad essersi schierato pubblicamente a favore dell’opzione B, sembra impegnato in un’operazione di vero e proprio“boicottaggio” del referendum. Il sindaco ha infatti prima negato la possibilità di far coincidere le date di voto del referendum con quelle delle elezioni politiche del Febbraio scorso, ha annunciato poi di voler istituire soltanto 200 seggi: la bassa affluenza è evidentemente per i poteri forti della città un risultato politico importante tanto quanto o forse più della vittoria dell’opzione B.
La battaglia è impari ma la posta in gioco è molto alta. Affermare col voto che i finanziamenti pubblici devono essere investiti per poter garantire il diritto all’istruzione di tutte e tutti e non la “libertà di scelta” di chi parte da condizioni socio-economiche più avvantaggiate è un’opportunità politica imponente. Le politiche di austerità che in questi anni abbiamo subito considerano infatti la formazione una spesa e non un investimento, non parlano di diritti ma di merito ed eccellenze ed ignorano la disparità delle condizioni di partenza, non considerano la povertà dilagante che esse stesse determinano e fanno diventare la scuola libera e accessibile a tutti della Costituzione un lusso per pochi.
La partecipazione al referendum di Bologna, così come quello che in queste settimane sta coinvolgendo migliaia e migliaia di studenti, è il rifiuto dal basso di queste politiche, la sconfessione della loro assoluta necessità. Da Bologna può e deve partire un segnale importante contro la privatizzazione della scuola pubblica e contro il dogma dell’assenza di alternative, una battaglia che vale per tutto il Paese e che dobbiamo rendere egemonica.
2. Rete della conoscenza: chi siamo, identikit dei soggetti in formazione [24 settembre 2010]
Siamo studenti medi, universitari, dottorandi, accademici. Aderiamo all’Unione degli Studenti e a Link-Coordinamento Universitario ma non solo. Siamo quelli che tutti i giorni vivono le scuole, le università,le accademie, i conservatori, i centri di ricerca, gli istituti della formazione professionale. Per la burocrazia statale siamo i cittadini-utenti del servizio formazione, per l’aziendalismo privato i consumatori-clienti del prodotto conoscenza: per quanto ci riguarda, rivendichiamo il ruolo di protagonisti della produzione di sapere e di saper fare nella nostra società.
Nel corso degli ultimi due decenni, il nostro mondo è radicalmente cambiato: l’integrazione della conoscenza nei processi produttivi ha raggiunto un grado inedito, e i luoghi della formazione sono stati pienamente coinvolti dall’ondata di privatizzazioni, di esternalizzazioni e di precarizzazione che ha caratterizzato la ristrutturazione del capitalismo globale.
Oggi le disuguaglianze nell’accesso ai saperi e agli strumenti della formazione non coinvolgono una piccola minoranza in difficoltà, ma rappresentano la condizione generale di buona parte della nostra generazione, spinta dall’avanzare della precarietà verso un generale livellamento verso il basso della proprie esperienze di vita quotidiana e dell’orizzonte di aspettative per il futuro. Allo stesso modo, il processo di mercificazione del sapere e di parcellizzazione della sua produzione si estende a tutti gli ambiti della conoscenza, dalle scuole alle università, dai centri di ricerca alle accademie, puntando a fare del sapere socialmente prodotto una risorsa scarsa, da contendere e commerciare.
Ci definiamo soggetti in formazione e riteniamo tale soggettività il prodotto di questi processi.
Siamo un nuovo soggetto sociale, non una classe né una generazione, ma un insieme di identità, un soggetto complesso con forti connotazioni sia di classe sia generazionali. I luoghi della formazione e le città che li ospitano sono lo spazio in cui questo soggetto vive, in cui le differenze sociali sono amplificate dalle barriere materiali all’accesso al sapere e
allo stesso tempo attraversate da un’esperienza collettiva comune su base generazionale. […]
Perché una Rete della Conoscenza
Ci mettiamo in rete, ci poniamo l’obiettivo di costruire insieme un grande spazio di rappresentanza sociale per i soggetti in formazione. Uno spazio che sappia mettere a valore le esperienze di analisi, vertenzialità, rappresentanza, conflitto e mutualismo che ogni settore della formazione è riuscito a mettere in campo in questi anni, e a realizzare le condizioni per un salto di qualità, per un’azione sociale e politica ampia e condivisa, in grado di abbattere le barriere all’accesso ai saperi per tutti e per tutte, rivendicare una didattica di qualità e una ricerca libera, conquistare un nuovo welfare universale come base dell’uguaglianza e della cittadinanza, fare della conoscenza il motore di un nuovo modello di sviluppo democratico e sostenibile dal punto di vista sociale e ambientale.
La crisi delle forme di rappresentanza e organizzazione politica che stiamo vivendo sembra ancora più dirompente di quella all’inizio degli anni ’90, segno che le risposte fornite dalla cosiddetta “seconda repubblica”, sia sul piano politico sia su quello sociale, non sono più sufficienti, se mai lo sono state. In un clima di crescente distacco della sfera della rappresentanza politica dalla società reale e di sua quasi totale verticalizzazione, nelle istituzioni sempre più potentemente presidenziali come nelle organizzazioni politiche sempre più confusamente personalistiche, non possiamo che rivendicare e ribadire la nostra scelta di costruire sul piano sociale una spazio di democrazia partecipata, orgogliosamente autonomo e lontano da ogni collateralismo.
La Rete della Conoscenza, naturale evoluzione della nostra storia
Le radici di gran parte di ciò che si muove in ambito studentesco oggi affondano fino alla metà degli anni ’80, con la contemporanea crisi delle aggregazioni partitiche tradizionali ed extraparlamentari. Proprio la scelta da parte di alcuni studenti di sperimentare forme associative e di collettivo indipendenti, rendendosi autonomi dalle organizzazioni politiche in senso stretto e concentrando di conseguenza la propria azione sul piano della vertenzialità interna al mondo della formazione, si rivelerà decisiva nell’89-90, con la Pantera.
Inizia così la storia del sindacato studentesco italiano, con la presa di coscienza della centralità dei temi della formazione nella società contemporanea e con la scelta di costruire organizzazioni in grado di produrre analisi ed azione politica in maniera capillare su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dalle scelte dei partiti.
La nostra scommessa nasce da qui: il mondo studentesco italiano richiede una proposta politica radicale e di massa, che sappia superare le tendenze all’autoreferenzialità, al compromesso, all’oligarchia e al settarismo che hanno finora caratterizzato le sue componenti organizzate.
Senza questa proposta e senza le sue articolazioni organizzative, le battaglie dei vari settori della formazione rischiano di diventare corporative e di essere relegate all’interno dei rispettivi confini istituzionali, mancando l’obiettivo centrale, cioè una vertenza generale sul futuro e sui rapporti di forza che strutturano la società della conoscenza. Rischiamo di trovarci a inseguire l’agenda politica in una logica meramente emendativa, senza l’opportunità di costruire un reale spazio per l’alternativa e di aggregare i soggetti in formazione nella realizzazione concreta e attuale di pratiche vertenziali, conflittuali e mutualistiche in grado di modificare i rapporti di forza a vantaggio di chi, come noi, vive una condizione di subalternità nei confronti dei processi decisionali.
Per la ripubblicizzazione delle conoscenze e un nuovo welfare
Non c’è battaglia per il protagonismo sociale dei soggetti in formazione e per il cambiamento della società in senso egualitario che possa non passare per iniziative di riappropriazione pubblica dei saperi.
Ogni esperienza di autoproduzione, autogestione, cooperazione e mutualismo è la messa in pratica concreta di un’alternativa praticabile al dominio violento del profitto. Compito della nostra Rete è la costruzione di connessioni tra tali esperienze e la messa in campo di un progetto complessivo di rilancio delle pratiche mutualistiche tra i soggetti in formazione.
Lo studente deve essere libero di scegliere il prodotto culturale di cui intende avvalersi, pertanto il reddito di formazione, deve essere svincolato dall’uso che egli ne fa. Il reddito in quest’ottica, favorisce la partecipazione e la creatività giovanile, favorendo l’ opportunità di formarsi culturalmente al di là dei luoghi classici della formazione, possibilità spesso legata al contesto socio-culturale della famiglia di origine ed alla condizione reddituale di quest’ultima. Ma il reddito di formazione è anche quello straordinario strumento che potrebbe assicurare davvero autonomia sociale per i soggetti in formazione.
Ciò che va ricostruito è un nuovo concetto di cittadinanza studentesca. Le sfaccettature della nostra società, le differenze di genere, orientamento sessuale, etnia e lingua rappresentano sfide sempre aperte per la costruzione di un piano di cittadinanza complessivo. Una cittadinanza inclusiva assume un valore rivoluzionario se contrapposta in ogni scuola, università o città a quella esclusiva promossa dai Governi Occidentali incentrata su paradigmi identitari, nazionalisti, omofobi, e tipicamente maschilisti.
Noi siamo la promessa di un domani migliore.
Il nostro è un percorso nuovo, che parte con la nostra assemblea fondativa ma che ha l’ambizione di arrivare molto lontano. Le stesse organizzazioni fondatrici possono vantare una storia più che decennale. Se indagassimo le singole realtà, città dopo città, ci renderemmo conto che la nostra Rete è uno dei più grandi esperimenti di aggregazione e organizzazione fatti negli ultimi anni e proprio per la grandezza della sua mole deve sentire su di sé tutta la responsabilità del caso. Arrivare all’assemblea fondativa della Rete della Conoscenza è stato un percorso di anni e anni. In diverse fasi storiche si è provato a portare in porto un progetto così importante senza riuscirvi, più per ingerenze esterne che per incapacità di chi si rese protagonista di quei percorsi. Per questo il nostro progetto, la Rete della Conoscenza, non ha la presunzione di essere a sé stante, autoreferenziale, che vive di vita propria, tutt’altro. Vive e vivrà dell’entusiasmo, della passione e dell’impegno di chi ci ha provato e non ci è riuscito, di chi oggi con grande incertezza ci prova e di chi avrà la fortuna di vivere in futuro un grande spazio di democrazia e libertà.
La nostra Rete ha prima di tutto questa grande ambizione: nel pieno della crisi della politica costruire un spazio vero di costruzione di un’alternativa culturale e sociale al pensiero egemone. Per raggiungere tale obiettivo servirà la voglia, il sudore e i sogni tutti e tutte. Solo tramite una vera partecipazione nei nostri territori possiamo condividere un nuovo senso del “bene comune”, possiamo davvero spazzare via tutto quello che negli anni ha reso la parola “politica” qualcosa di lontano dal mero interesse personale, dal clientelismo, dal carrierismo. La nostra Rete nasce soprattutto per questo. Nasce per tutti quegli studenti e studentesse che in UdS e Link non chinano mai la testa, che non subiscono i processi decisionali, che si vogliono rendere protagonisti del presente per trasformare la società tutta.
Un’ambizione non da poco. Siamo consapevoli che il nostro percorso è in salita ma siamo altrettanto consapevoli che questa salita è necessaria. La nostra scalata è ardua ma solo insieme, tutti i compagni e le compagne, potremmo passare dalle miserie del presenze alle ricchezze del possibile. La nostra Rete è e sarà lo strumento per rovesciare i paradigmi della politica, dovrà essere un nuovo strumento di condivisione di una passione che ci accomuna: il desiderio del cambiamento. Rappresenta per noi che avremo la fortuna di raccontarne la fondazione un percorso lungo quindici anni, un progetto non solo nostro ma di tutti quelli che lo hanno reso possibile. Lasceremo la porta aperta a tutti i viaggiatori, perchè convinti come recita sempre la stessa canzone che i sentieri giusti vanno percorsi insieme….
Category: Elezioni politiche 2013, Scuola e Università