Simone Ramilli: E’ tempo di connettersi

| 8 Luglio 2013 | Comments (2)

 

 


La politica è una visione corale del mondo. Quando discostiamo lo sguardo da noi stessi e osserviamo criticamente ciò che accade -la natura, la città, gli altri- questo atto può essere considerato un atto politico. Così pure l’esprimere un parere su come vanno le cose o su come vorremmo che andassero è un atto politico. Ogni volta che facciamo questo, ci confrontiamo con la visione che gli altri hanno del mondo e così la nostra personale visione si unisce al coro delle visioni, e le diverse inclinazioni e punti di vista formano la coscienza politica. Espressione, questa, che racchiude la consapevolezza della relazione tra il nostro mondo interiore e quello degli altri. Su di essa poggia la nostra vita quotidiana e la partecipazione alla vita pubblica. Sentirsi parte di un coro di voci come della coralità che evoca la natura è una delle esperienze più esaltanti della vita. E i ricordi personali in tal senso non possono che confermarlo. Il modo in cui viviamo la nostra esistenza quotidiana è profondamente condizionato dalla visione del mondo che hanno gli altri, dal “così fan tutti”. Tanto che se non abbiamo coltivato un nostro punto di vista personale ci esponiamo a essere eterodiretti da visioni imposte o dal conformismo. Del resto anche quando crediamo di avere un’idea nostra spesso scopriamo essere un frame dell’industria del marketing culturale o di qualche bufala di Internet.

Aderire all’unisono al coro di voci è un riflesso che deriva dall’espressione biologica della vita: l’essere umano è un animale sociale. Su questo aspetto della natura umana si gioca sia l’appiattimento ai condizionamenti degli altri che la possibilità di iscrivere la nostra esistenza in una trasformazione incessante dei rapporti sociali.

La politica intesa come visione corale del mondo è uno strumento utile per modificare l’idea che abbiamo di noi, della nostra vita e dell’ambiente circostante. Per questa ragione può essere considerata “politica” ogni interazione tra noi e la realtà.

Quanto sia distante questa idea di politica dal politicismo dei nostri giorni appare evidente. Grazie al politicismo la politica appare come un ambito distante dalla vita reale, come un qualcosa che riguarda il palazzo e non la vita di tutti i giorni. Un “qualcosa” che divide anzichè unire nella diversità dei punti di vista, amalgamare, fare sintesi. Si tratta di un’espropriazione che depotenzia la possibilità di trasformare il mondo e ci rende muti nel fare valere le nostre istanze personali all’interno della società. In questa concezione distorta della politica, tra l’altro, è impossibile non notare l’assenza di una visione del futuro e l’interferenza continua sul presente di visioni del passato oppure di gloriose ideologie al tramonto: questa distorsione politicista, inoltre, brilla per l’assenza di un soggetto che incarni una coscienza critica e sia protagonista del rinnovamento della società.

Questi aspetti insieme creano nella visione del mondo uno iato temporale tra passato- presente-futuro e rafforzano l’impressione di vivere in un presente privo di significatività storica.  O anche, portano a rinunciare alla visione della vita come a un processo di continuo miglioramento delle proprie condizioni, visione questa che sta alla base del “patto” di adesione del singolo individuo a una società.

Questa temporanea assenza dalla storia del presente, unita a una narrazione politica poco convincente, ostacola il formarsi di una visione rinnovata del mondo e l’integrazione dell’individuo nella società. In questo apparente oblio della storia, quando in solitudine volgiamo lo sguardo al mondo, proviamo per questo inquietudine, terrore e passività.  Quando la storia non scandisce più il tempo tornano le barbarie e senza un senso storico dell’esistenza la vita è piena di nonsense, sciocche abitudini e identità posticce. Tutti possiamo diventare vittime di queste suggestioni.

In passato il discorso politico fu capace di saldarsi con le esigenze di rinnovamento di una parte della popolazione che aveva da perdere nella conservazione e grazie a ciò mise in moto la storia: un esempio tra tutti, la Rivoluzione Francese. Oggi no. Oggi la storia si è fermata. Al bar, tra gli amici, ogni qual volta si cerca una via di fuga da una visione miope, il linguaggio, i discorsi finiscono nel non luogo della politica di oggi che usa le etichette di destra e sinistra come fossero attuali e invece sono state coniate più di due secoli fa e rappresentano un contesto remoto all’oggi quanto l’antica società medioevale. Per questo la politica manca di mordente e annoia o appare distante dalla vita di tutti i giorni. Oggi sembra impossibile parlare di politica senza ricorrere ai luoghi comuni di destra e sinistra. Nel farlo mancherebbero gli argomenti e il discorso cadrebbe nel vuoto. Così a farne le spese è la possibilità di coltivare uno sguardo corale rinnovato del mondo capace di offrire soluzioni alla convivenza e alle sfide attuali e per questa ragione siamo spaventati, isolati e smarriti. Così il discorso di destra e di sinistra, limitando l’orizzonte della visione corale del mondo, alimenta un sentimento di antipolitica.

Ad ogni modo ciò che più conta è che questa visione statica del presente stride se messa a confronto con il ritmo incalzante della scienza, che ormai insegue traguardi oltre l’ignoto sulla falsariga delle mirabolanti invenzioni della letteratura fantascientifica del secolo scorso. È la scienza a fare la storia e non più la politica. Basti pensare che siamo a un passo dalla creazione di cellule e coscienza artificiali e dunque dalla creazione di cyborg intelligenti e soprattutto di modelli di osservazione della coscienza che promettono di condurre l’uomo oltre i suoi limiti cronobiologici. Il futuro è a portata di mano, è la realtà che sfugge alla politica. La politica oggi sembra guardare da una parte e il mondo andare da un’altra.
Questa dissonanza e questo ritardo rappresentano un ostacolo nel connettere il presente con il futuro, e progettare nuovi mondi. Questo è il compito nobile della politica: progettare nuovi mondi per le generazioni di oggi e per quelle di domani.

In particolare oggi pesa l’assenza di soggettività. Le grandi narrazioni del Novecento, le sorti progressive dell’economia e le religioni, in passato, hanno formato uno straordinario collante tra gli individui, che avevano l’impressione di aderire a un progetto comune di società, di fare, singolarmente e assieme agli altri, la storia. L’impressione del singolo era quella che, grazie a questa visione comune, risultasse possibile vivere al di sopra delle proprie condizioni materiali o spirituali limitate. Oggi al centro della società c’è l’individuo, e come corollario l’assenza di un collante che unisca gli individui isolati.
L’individuo è al centro di un paradigma che si è affermato proprio con il venir meno del mordente della politica.  Ciò rappresenta da una parte un fattore positivo, perché l’emergere di una dimensione individuale favorisce lo sguardo interiore, la conoscenza di sé e dei propri bisogni. Dall’altra rappresenta un diaframma invisibile che separa i propri bisogni dal riconoscimento che essi siano bisogni comuni. Anzi, spesso essa ci fa cadere nell’inganno egoistico di vedere i nostri bisogni come antagonisti a quelli degli altri. Ciò determina la difficoltà a cooperare per la soddisfazione di bisogni comuni e a riconoscere negli altri dei nostri simili o alterego, ostacolando la percezione di sé come di un soggetto. Per soggetto (o soggettività) intendiamo il prodotto del passaggio da una coscienza in sé (della propria esistenza) ad una coscienza per sé o coscienza politica, che è la dimensione interiore di appartenenza ad una medesima specie e, pertanto, di condivisione con gli altri di sogni e bisogni.  Ecco il mordente che manca al discorso politico di oggi: la capacità di produrre un immaginario adeguato alla rete di relazioni garantita dall’odierno mercato globale.

Nel mercato globale si genera ricchezza ogni volta che all’interno della rete di connessioni tra un individuo e gli altri avviene uno scambio: di conoscenze, beni e condivisione di bisogni.
Internet come motore propulsivo di questo capitale di connessioni accorciando le distanze e i tempi relazionali accelera gli scambi tra gli individui, contribuendo in maniera preponderante alla formazione di uno sguardo corale sul mondo. Internet è la nuova finestra sul mondo, dalla quale affacciarsi in modo interattivo per vedere quello che vedono gli altri.
E’ vero che recentemente si è affermata nel web la tendenza a limitare questo orizzonte comune a tante visioni personalizzate, per cui quello che abbiamo di fronte quando navighiamo in un motore di ricerca non è lo stesso “paesaggio” che vedono gli altri, e in cui formare un nostro punto di vista, ma quello che qualcuno seleziona per noi e ritiene essere ciò che noi vogliamo vedere, senza chiederci un nostro parere. Di nuovo si ripropone l’individuo isolato e di nuovo si frappone, fra noi e gli altri, un diaframma invisibile.
Ciò nonostante, le connessioni in quanto tali sono il ganglio, vero e proprio sistema nervoso, del modo di produzione e di socializzazione attuali, ben oltre la dimensione mercantile dell’economia. Dentro la rete di connessioni, l’individuo è un terminale di un processo di conoscenza che genera ricchezza ad ogni scambio.

Il capitale connettivo è costituito dalle relazioni fisiche e virtuali che intercorrono tra individui a supporto della trasmissione di conoscenze, narrazioni, cognizioni, competenze, background, idee, progetti, produzioni, scambi materiali e affettivi.

Il valore del capitale connettivo è dato dalle sole relazioni e risiede in un logos che consiste nella capacità di connettersi. Se nel logos risiede la sua “anima” i terminali del capitale connettivo sono gli esseri umani, i luoghi di socializzazione e le macchine (telefoni, computers, providers, ecc.) che permettono l’accesso alle reti virtuali.

Tuttavia questi terminali (capitale umano e tecnologico) non compongono direttamente il capitale connettivo che è composto dalle sole relazioni (agorà) che uomini e macchine instaurano tra loro. Sarebbe come dire che il valore di un termitaio non è dato dalle singole termiti ma dalle connessioni che le une instaurano con le altre. Le relazioni che un individuo instaura, per quanto siano la conseguenza di una sua capacità, non sono di sua proprietà e al contempo sono un’entità indipendente dall’individuo che le ha generate. Sulla base del capitale connettivo detenuto da un singolo individuo egli può trarre profitto economico, conoscitivo, sociale, affettivo dalle relazioni che instaura. Il valore del capitale connettivo è distinto anche dal valore delle merci che in esso circolano. Grazie al suo essere una base di supporto per tutti gli scambi umani il capitale connettivo rappresenta il bene comune supremo.

Ogni tentativo di limitare l’estensione e l’intensità delle connessioni e l’accesso, come anche le eccedenze nella produzione sociale (economiche e non), si riflette direttamente in una perdita di ricchezza per il sistema nel suo complesso. Su questo aspetto si misura il ritardo o l’adesione allo “spirito del tempo” della classe dirigente di un paese, perché è su questa tendenza che confluirà la società del domani.
Singolarmente, dunque, è necessario comprendere tutti i nessi delle trame relazionali che ci coinvolgono, e comprendere come mai la nostra principale fonte di ricchezza, oggi, risieda all’interno delle molteplici relazioni umane che costruiamo giorno dopo giorno, fisiche o virtuali, e presto dipenderà dallo stabilire un equivalente per il denaro basato sul valore delle relazioni globali in un determinato momento storico, anziché sulla concentrazione del denaro nelle mani di pochi.


Simone Ramilli è direttore artistico della Fondazione The Roqk (www.theroqk. com) . Questo intervento fa parte di un  saggio di prossima pubblicazione dal titolo “Connectedness”

 

 

Category: Nuovi media, Politica

About Simone Ramilli: Simone Ramilli è nato a Rimini il 5 agosto del 1967 e risiede a Bologna, è libero ricercatore e studioso di filosofie orientali, neurobiologia e sistemi sociali. Nel 2005 ha fondato la Psicobiotica, disciplina che studia le correlazioni tra malattia e conflitti biologici. Tali ricerche sono poi approdate allo sviluppo di un nuovo approccio alle interconnessioni tra uomo, ambiente e contesto sociale, al cui interno si generano la maggior parte dei fenomeni patologici. Nel campo delle scienze sociali la sua ricerca è confluita nell’elaborazione della “Teoria delle connessioni” o Connectedness, che si occupa di indagare le potenzialità degli scambi umani, potenziati dall’utilizzo delle nuove tecnologie e da Internet, nella creazione di ricchezza sociale, affettiva ed economica. Dal 2009 è in società con l’attore americano John Malkovich con cui porta avanti progetti culturali e artistici in Italia e all’estero e collabora con il prof. Philipe Daverio nella Fondazione Italy. Mecenati del bello. L’attore americano ha curato tra l’altro la prefazione di un suo romanzo (ancora inedito) “The Roqk” (dove si narra della storia del movimento Technobohemian). Nel 2007 ha pubblicato un saggio intitolato “Le origini della malattia” (ed. Tecniche nuove, Milano). Nel 2008 ha pubblicato “I conflitti psicosomatici secondo la Psicobiotica” (ed. Tecniche nuove, Milano). È in attesa di pubblicare il saggio “Connectedness: lo spirito del tempo”, dedicato alla politica, alla filosofia e all’economia delle connessioni cercando di cogliere lo spirito del tempo presente e dell’imminente futuroSimobe

Comments (2)

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  1. Franco Berardi ha detto:

    Sei stato ibernato nel 1995, al tempo in cui andava di moda pierre-lévy e l’infosfera?
    o hai un affare grosso per le mani?

    • simone ramilli ha detto:

      La seconda che hai detto! 🙂 tuttavia si trattava di un intervento tratto da un mio saggio inedito e dunque parte non esaustiva di un discorso sull’economia delle connessioni. se la redazione vorrà ospitare altri miei interventi avrò modo di soddisfare il tuo “bisogno di attualità” circa le reti virtuali magari anche attendendo un tuo contributo polemico più esaustivo. Ad ogni modo se ha sollecitato un tuo commento evidentemente ti ha punzecchiato.. certo tu sei più avanti.. infatti ti considero un maestro.. 🙂

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