Interrogativi sulla strage del due agosto a Bologna

| 26 Luglio 2013 | Comments (0)

 

 

 

Per ricordare la strage del due agosto a Bologna pubblichiamo, in collaborazione con Il Manifesto Bologna, due interventi che fanno il punto sullo stato delle indagini e presentano gli interrogativi a cui non si è data risposta.

 

1. Thomas Kram: Perché non posso aver messo la bomba alla stazione di Bologna

Questa dichiarazione, resa il 25 luglio 2013 alla procura di Bologna, è indirizzata anche a tutti i bolognesi. Per questo ho chiesto di pubblicarla sul sito www.ilmanifestobologna.it dell’associazione il manifesto in rete (T.K.)

Nel giugno 2008, quando dovevo essere ascoltato a Berlino come testimone dalla procura di Bologna, il procuratore che si occupava del caso dichiarò che l’indagine non era indirizzata contro di me, a meno che io non avessi ammesso di essere responsabile del massacro alla stazione. In considerazione del processo allora imminente (in Germania, n.d.t) per appartenenza alle Cellule rivoluzionarie (Revolutionäre Zellen, in sigla RZ), mi avvalsi allora del mio diritto a non rendere dichiarazioni.

Al termine dell’audizione aggiunsi che avrei reso una dichiarazione alla procura di Bologna dopo la conclusione del processo in Germania. Quando poi arrivò un secondo invito a testimoniare decisi però di non dargli seguito, perché le domande, che secondo la rogatoria avrebbero dovuto essermi poste, andavano ben al di là del motivo della mia presenza a Bologna il 2 agosto 1980, e vertevano in particolare sul mio rapporto col gruppo Carlos, una questione che non ha proprio nulla a che fare con la strage di Bologna.

Nell’estate 2011 ho appreso con grosso stupore dai giornali che la procura mi aveva iscritto al registro degli indagati. A tutt’oggi non so in base a quali nuove indagini la mia posizione giudiziaria si sia aggravata. Siccome finora non ho accesso agli atti dell’indagine, posso solo formulare ipotesi. Non posso però immaginare che la semplice circostanza di essermi trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato possa bastare per un rinvio a giudizio. Da questo punto di vista farei bene a non deporre.

Se, ciò nonostante, mi sono risolto a presentare alla procura di Bologna questa dichiarazione sul mio soggiorno in città l’1 e il 2 agosto 1980, lo si deve non a considerazioni giuridiche, ma a ragioni politiche.

Da diversi anni un piccolo gruppo attorno all’ex deputato Enzo Raisi propone ostinatamente una cosiddetta “pista palestinese”. Il suo evidente interesse è scagionare G. Fioravanti, F. Mambro e L. Ciavardini. Ma soprattutto questo gruppo vuole reinterpretare la strategia della tensione: se dovesse aver successo con la sua teoria complottistica, scagionerebbe indirettamente i veri protagonisti di questa strategia. Con il costrutto di una “pista alternativa”, Raisi & Co. vogliono riabilitare davanti alla storia quelle strutture parallele fasciste, dei servizi segreti e militari, la cui esistenza è nota dall’inizio degli anni ’90 come rete Stay-Behind degli stati aderenti alla Nato.

Con questa mia dichiarazione spero di poter contribuire all’insuccesso di tale operazione. Il 1. Agosto 1980 sono arrivato in treno dalla Germania in Italia. Scopo del viaggio era incontrare conoscenti e amici che avevo conosciuto durante il corso di lingua a Perugia l’anno precedente. Inoltre volevo visitare Firenze. La prima tappa doveva essere Milano, dove avevo un appuntamento con Elisabeth, che avevo conosciuto a Perugia e che nel frattempo lavorava come insegnante di tedesco a Varese. Lì volevo pernottare, e proseguire il giorno successivo per Firenze e Perugia.

Durante il controllo dei viaggiatori al valico di Chiasso, agenti italiani vennero direttamente verso di me e mi intimarono di scendere dal treno. In un ufficio della polizia di frontiera sia io che il mio bagaglio fummo accuratamente perquisiti. Furono fatte copie di documenti e scritti, anche di lettere di Elisabeth e di Heidi. Heidi era una sua amica e da lei avevo avuto l’indirizzo di quest’ultima a Varese. Per quanto posso ricordare, gli agenti non sequestrarono nulla. Non so più se io venni anche interrogato.

La sosta durò circa da una a due ore. Ho poi proseguito per Milano col primo treno successivo. Per l’appuntamento arrivai troppo tardi. Siccome la signora Schmolz non era raggiungibile al telefono, non potevo concordare con lei un nuovo appuntamento. Ho invece mangiato qualcosa in un caffè nei pressi della stazione, cercando di chiarirmi le idee sul controllo di polizia a Chiasso e su come proseguire il viaggio. Siccome io ero atteso a Firenze solo il 2 agosto da un conoscente, presso il quale avrei potuto pernottare, ho deciso lì per lì di fare tappa a Bologna sulla via per Firenze.

Nel corso del pomeriggio sono arrivato a Bologna e lì, incamminandomi verso il centro, ho cercato una pensione a buon prezzo. È possibile che fosse l’albergo Centrale in via della Zecca 2. Ma siccome la scelta fu assolutamente casuale, e né prima né dopo mi è accaduto di alloggiarvi ancora, non posso affermarlo con sicurezza. Dopo essermi regolarmente registrato e aver preso possesso della stanza, ho fatto un breve giro in città per poi cenare in un qualche ristorante. Sono poi rientrato in albergo. So con certezza di aver passato la sera da solo.

L’indomani mattina mi sono incamminato dall’albergo verso la stazione. Nei pressi dell’albergo ho ancora consumato una colazione. Me ne ricordo bene, perché solo grazie a questa circostanza non mi sono trovato prima alla stazione. Poi ho percorso una grossa strada, che portava alla stazione. Strada facendo mi passarono accanto molte auto della polizia e mezzi di soccorso, con luci lampeggianti e sirene. Più mi avvicinavo alla stazione, piu aumentava il caos. Mi rendevo conto che lì doveva essere successo qualcosa di terribile, senza che potessi capire cosa.

Considerando la mia esperienza con gli agenti italiani il giorno prima, volevo proprio evitare di capitare in un nuovo controllo di polizia. Perciò sono tornato indietro, ancora prima di essere arrivato nelle immediate vicinanze della stazione, e mi sono allontanato dalla zona. Non posso più dire con certezza per quale via ho infine lasciato Bologna e raggiunto Firenze. A Firenze ho poi appreso che alla stazione era esplosa una bomba, che aveva ucciso molte persone e ne aveva ferite molte di più. Al più tardi allora decisi di interrompere il viaggio e di non proseguire più per Perugia.

Non so più con esattezza fino a quando sono rimasto in Italia e per che via ho lasciato il paese. Un’amica che all’epoca abitava nel sud della Francia, mi ha raccontato anni dopo che io, pochi giorni dopo il 2 agosto, sarei comparso da lei e, piuttosto turbato, le avrei raccontato del mio soggiorno a Bologna. Già per questo escludo che il 5 agosto 1980 avrei tentato di entrare a Berlino est, come si presume venga dimostrato da documenti del Ministerium für Staatsicherheit della Rdt (in seguito MfS, noto anche come Stasi; n.d.t.). Contro questa ipotesi interviene anche la circostanza che sono stato identificato con una carta d’identità il 1.8.1980 al valico di Chiasso e con una patente di guida in albergo, non con un passaporto, che a quanto pare non avevo con me – altrimenti sarebbe spuntato fuori durante la perquisizione a Chiasso – e che invece mi sarebbe stato necessario per entrare a Berlino est.

Ma anche se io mi sbagliassi, e il 5 agosto avessi davvero tentato di entrare a Berlino est, i documenti del Mfs, così come vengono citati nella rogatoria a questo riguardo, dimostrerebbero soprattutto una cosa: che non sono stato lì, perché l’ingresso mi venne negato. L’appunto su una presunta uscita il 10 agosto con il treno al varco di Marienborn in direzione della Repubblica federale tedesca non dice affatto che io sarei in qualche modo riuscito ugualmente a arrivare a Berlino est, ma soltanto che quel giorno ho lasciato Berlino ovest per la normale via di transito.

La stessa nota del Mfs viene documentata in copia sul sito on line www.liberoreporter.it. E lì si legge un’aggiunta scritta a mano. “Bhf è stata contattata, lascia passare oggetto”, alle ore 20.03 (Bhf sta per Bahnhof, la stazione di Friedrichstraße dove si poteva passare da Berlino ovest a Berlino est. Oggetto significa qui Fahndungsobjekt, in sigla FO, ovvero nella terminologia della Stasi, persona inserita in una lista di nominativi da tenere sotto osservazione; n.d.t.). Insomma l’ingresso mi sarebbe stato in un primo momento negato, con riferimento alle particolari misure di sicurezza nel periodo delle Olimpiadi a Mosca, e ore dopo tuttavia autorizzato: una procedura che sarebbe stata così fuori dall’ordinario che io, proprio per questo, me ne ricorderei anche 30 anni dopo.

Anche per quest’ultima considerazione, resto dell’avviso di non essere stato a Berlino il 5 agosto, sebbene non possa spiegarmi come la nota sul tentato ingresso sia finita tra gli atti del Mfs. Uno scambio di persona? Lo lascerebbe pensare il fatto che su quella scheda, così come viene riprodotta sul sito www.liberoreporter.it, è stata sovrapposta la foto formato tessera di una persona che, posso affermarlo con definitiva certezza, non sono io.

Un errore? Lo lascerebbe pensare il fatto che il Mfs si sbaglia quando mi classifica come membro del gruppo Carlos, affiliazione che tuttavia lo stesso Carlos ha più volte smentito. In un’intervista del 2005 al Corriere della sera risponde alla domanda del giornalista, se io sia mai stato uno dei suoi: “Kram non è mai stato membro della nostra organizzazione”.

Che organi statali possano anche sbagliare, potrebbe già essere accaduto alla D.i.g.o.s., che pretende di aver individuato un Thomas Kram nel febbraio e nell’aprile 1980 in alberghi di Bologna e Verona, sebbene io con la migliore buona volontà non possa proprio ricordarmi di essere stato nell’uno o nell’altro luogo. In tutti gli anni trascorsi dall’attentato alla stazione di Bologna non mi è mai passato per la mente che mi si potesse mettere in relazione con la strage solo perché ho trascorso per caso la notte tra l’1 e il 2 agosto in città.

Solo alla fine di dicembre 2006, ricercando su internet, sono venuto a apprendere che in Italia, in ambienti di destra, ci sono gruppi politicamente motivati che cercano di fare proprio questo. Quando poi Andrea Colombo nel suo libro “Storia nera” mi ha proposto come “pista alternativa”, suggerendo che al momento dell’attentato operavo già in clandestinità perché, presentandomi alla magistratura tedesca nel dicembre 2006, avrei messo fine a 27 anni di fuga – una falsa illazione perché, prove alla mano, mi sono reso irreperibile solo nel 1987, vale a dire più di sette anni dopo il massacro – ho esposto i motivi di quella mia presenza a Bologna in un’intervista a il manifesto.

In sostanza vi si ritrovano le stesse affermazioni che anche adesso non posso che confermare:

Credo che gli organi di polizia italiani fossero informati del mio viaggio in Italia, e che il controllo a Chiasso non fu casuale, ma avvenne di proposito. Durante questo controllo sia io che il mio bagaglio siamo stati perquisiti accuratamente, senza che alcunché fosse contestato o sequestrato.

Presumo che in seguito le autorità statali non mi abbiano messo in relazione con la strage perché, sulla base del controllo alla frontiera, sapevano benissimo che non portavo con me nulla di quanto potesse occorrere per preparare e eseguire un tale attentato.

Sono assolutamente sicuro che, fino al momento in cui sono sceso dal treno a Bologna, nessuno ha potuto sapere che io avrei trascorso lì la notte dal 1. al 2 agosto1980, perché ho deciso di farlo solo dopo l’appuntamento saltato a Milano, senza parlarne proprio con nessuno.

Nel lasso di tempo tra il passaggio del confine a Chiasso e il mio arrivo a Firenze non ho incontrato nessuno, né avuto alcun contatto se non con impiegati delle ferrovie o degli alberghi, camerieri o tassisti, tutti a me sconosciuti.




2. Giaime Garzia: Strage del 2 agosto, lo stato delle indagini. Si cercano i mandanti, sui palestinesi mancano i riscontri.


In una vigilia strana, caratterizzata molto meno degli anni passati dalle polemiche che precedevano l’anniversario, la procura di Bologna ha preso la parola sulla strage alla stazione del 2 agosto 1980, quella che fece 33 anni fa 85 morti e oltre 200 feriti. L’ha fatto in controtendenza rispetto alla linea adottata in passato, linea in base alla quale la magistratura emiliana preferiva non entrare direttamente nel dibattito. Invece stavolta ha convocato la stampa in via Garibaldi e il procuratore Capo, Roberto Alfonso, ha sottolineato tra i tanti punti affrontati – il più rilevante la dichiarazione spontanea di Thomas Kram, il militante delle Cellule Rivoluzionarie accusato della strage insieme a Christa Margot Frohlich – che una priorità sono i mandanti, a cui dare un nome e una motivazione, e che verranno dribblate le “suggestioni”, da qualsiasi fonte provengano, per evitare di incorrere in piste errate o cadere in nuovi depistaggi.

Dal punto di vista di chi concepì il progetto stragista e ne ordinò l’esecuzione, la procura di Bologna parte da due memorie. Sono quelle presentate tra il 2011 e il 2012 dall’Associazione tra i familiari delle vittime che, analizzando atti provenienti da diversi altri procedimenti (strage di Brescia, piazza Fontana, P2 e alcuni processi siciliani per mafia, solo per citarne alcuni), tracciano un quadro da cui emergerebbe il coinvolgimento di strutture atlantiche. Strutture che sul territorio si sono mosse appoggiandosi agli “alleati” di sempre, come l’organizzazione terroristica nera Ordine Nuovo. Parte di questo materiale è già stato acquisito dai magistrati emiliani ed è stato passato alla Digos e al Ros per essere analizzato. Rispetto al futuro, “abbiamo bisogno di chiarimenti su una ventina di punti” contenuti nelle memorie dell’associazione, ha detto Alfonso. E proprio questa mattina Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione vittime e deputato Pd, è stato sentito da Enrico Cieri, il pm titolare del fascicolo sulla strage. Per i punti di dettaglio, però, è stato indicato il consulente dei familiari, che dovrebbe essere chiamato in settembre.

Altro capitolo importante della conferenza stampa di oggi è stata la cosiddetta “pista palestinese”, quella che, partendo dalla presunta violazione del Lodo Moro dopo il sequestro dei missili di Ortona destinati al Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), calava la strage di Bologna in un’ottica di ritorsione. Questo filone dal 2005 al vaglio della procura è lo stesso che nel 2011 ha portato all’iscrizione a registro per strage dei tedeschi Christa Margot Frohlich e di Thomas Kram. Una pista che “non era una suggestione”, ha aggiunto Alfonso, e che è stata approfondita, “com’era doveroso fare”. Tuttavia la tesi una ritorsione palestinese, tramite un presunto agente tedesco di Carlos (Thomas Kram) – tesi indicata dalla commissione Mitrokhin e sostenuta dall’ex deputato di Fli Enzo Raisi – non ha finora trovato riscontri.

Più nel dettaglio non ne sono stati trovati per il ruolo di Mauro Di Vittorio, 24enne romano morto nella strage, che secondo alcune versioni avrebbe potuto avere un ruolo nel trasporto dell’esplosivo scoppiato il 2 agosto. In proposito la scorsa primavera è stata sentita dal pm anche la sorella Anna, che aveva chiesto di essere ascoltata, ma a valle degli accertamenti Di Vittorio rimane colui che era stato descritto fin dall’inizio: un giovane in cerca di lavoro in Europa che ebbe la sfortuna di passare da Bologna la mattina dell’attentato. Riscontri al momento rimangono assenti anche per altri personaggi, come il presunto brigatista rosso Francesco Marra, e un non meglio indicato professore sardo vicino al gruppo estremista di Barbagia Contro. Per Abu Anzeh Saleh, il leader in Italia del Fplp in Italia residente ai tempi a Bologna, invece, non è stato possibile aggiungere nulla rispetto a quanto scritto in passato perché non è stato possibile rintracciarlo.

Infine potrebbero non esserci sufficienti elementi per chiedere il rinvio a giudizio per i due tedeschi indagati, Frohlich e Kram, per quanto occorra attendere la “valutazione conclusiva” sul filone palestinese. Nonostante gli accertamenti, infatti, “non si può affermare con certezza che il sequestro dei missili di Ortona possa costituire il movente della strage di Bologna con il coinvolgimento di Carlos”, ha dichiarato il procuratore, che ha aggiunto: “Se dovremo archiviare il fascicolo sui due tedeschi, lo archivieremo perché le regole del processo vanno rispettate. Se poi in futuro dovessero emergere elementi che ci consentono di ripartire a indagare su di loro, ripartiremo”. Le antenne resteranno però sintonizzate su qualunque fatto che potesse chiamare in causa il Fplp o altre organizzazioni. In ultimo Kram, che dopo aver consegnato ai magistrato la sua memoria non ha risposto alle domande dei pm, l’ha fatto perché ritiene “assurdo” che si possa mettere l’attentato di Bologna in relazione al gruppo Carlos. Sui suoi contatti con quel gruppo, intrattenuti per conto delle Cellule Rivoluzionarie, si è già espresso pubblicamente in interviste a giornali tedeschi che la procura di Bologna potrebbe farsi acquisire.

 

 

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Category: Guerre, torture, attentati, Politica

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