Bruno Giorgini: Romano Prodi vota Tsipras. O no
Romano Prodi vota Tsipras: non è una cosa da matti e/o una provocazione. Il fondatore dell’Ulivo, già Presidente della CEE nonchè Presidente del Consiglio che, unico, per due volte ha battuto Berlusconi alle elezioni, per essere poi abbattuto dal fuoco amico negli agguati di Palazzo, recentemente dagli sniper dalemiani, circa 120 dis/onorevoli che ancora siedono in Parlamento, per impedirgli l’ascesa al Qurinale, ebbene Romano Prodi scrive sul Messaggero di domenica 27 Aprile un articolo titolato: “Pareggio di bilancio inutile a favore di Berlino”.
E, come si sa, uno dei punti decisivi della lista Tsipras è proprio il rifiuto del nodo scorsoio costituito dal cosidetto fiscal compact, il pareggio di bilancio, viceversa definito da Merkel e, a suo tempo, Sarkozy, nè Hollande si discosta, la “regola aurea d’Europa”. Ma diamo la parola a Prodi, leggendo ampi stralci dell’articolo citato (le sottolineature sono nostre), che probabilmente ha fatto sobbalzare sulla sedia prima di tutto Napolitano, il garante supremo del rigore costi quel che costi. “Quando nel 2007 scoppiò la crisi (..)nonostante il peso del debito pubblico (..) pensavo – è Prodi a parlare – che l’Italia ne sarebbe stata meno toccata, sia perchè la crisi era partita dagli Stati Uniti, sia perchè la comune opinione faceva giustamente ritenere che il nostro sistema bancario fosse relativamente più robusto di quello americano e di quello degli altri Paesi europeoi, non essendo imbottito dei cosidetti titoli tossici (derivati e subprime) che erano stati la causa scatenante dell crisi.(..) le nostre banche si sentivano ben protette dalla rete di buoni del Tesoro in loro possesso. (..) mentre le banche tedesche e francesi erano creditrici dal sistema greco nell’ordine di centinaia di miliardi di euro, i nostri istituti bancari lo erano solo per una decina.
La crisi greca mostrò invece che non eravamo tutti uguali e che la solidarietà europea era stata costruita solo sulla carta. In poche settimane le banche tedesche e francesi (comprese quelle che abbondantemente guadagnavano e tuttora guadagnano nel mercato italiano) si sono precipitate a vendere i nostri titoli in loro possesso, spingendo ovviamente tutti gli altri a fare altrettanto. Esse hanno improvvisamente trasformato i buoni del Tesoro italiani in pericolosi “derivati”, anche se vendere questi titoli equivaleva a scommetere sulla bancarotta italiana. L’esempio francese e tedesco è stato ovviamente subito seguito da parte di tutti gli altri operatori, cominciando dagli americani. Per fugare queste paure siamo stati costretti ad adottare le politiche restrittive (..) che ci hanno impedito ogni possibilità di crescita (..) Ci si è poi finalmente accorti che, col crollo dell’8% del nostro PIL e con una crescita sotto zero della nostra economia, il debito italiano sarebbe sempre cresciuto. Nonostante questo (..) abbiamo voluto mettere addirittura nella Carta costituzionale il pareggio di bilancio della nostra economia.
Un favore politico per chi comanda a Berlino ma un assurdo logico perchè non si mettono in Costituzione obiettivi che dipendono anche da eventi che non sono sotto il nostro controllo. Tutta questa ginnastica finora ci è servita ben poco perchè continuiamo a perdere peso non solo nei confronti della Germania ma anche dei paesi che avevano accettato l’aiuto della Troika (..)”. Prodi prosegue poi cercando gli elementi positivi “un sistema industriale che tiene e (..) una bilancia commerciale in attivo” e proponendo “i cambiamenti nel funzionamento della macchina pubblica e nel mercato del lavoro” , lasciati però abbastanza sul vago. Iinsomma la pars construens del suo articolo è meno nitida della pars detsruens che culmina affermando “questo lavoro lo dobbiamo fare soprattutto noi , perchè l’esperienza ci dimostra che ben poco possiamo fare conto sulla solidarietà europea e sull’operato delle Istituzioni comunitarie di Bruxelles, negli ultimi tempi sostanzialmente operanti sotto tutela germanica. Tanto più che proprio in questi giorni è cominciata la campagna elettorale e il letargo delle istituzioni europee si sta finalmente trasformando in morte naturale“.
Quindi il Professore resuscita la BCE come unica istituzione “viva e operante (..) alla quale chiediamo di farsi ancora più attiva nei prossimi mesi, aiutando con questo una troppo timida ripresa.(..) agendo (..) con l’ulteriore abbassamento del costo del denaro e una spinta alla liquidità dell’economia europea”.
E così la speranza che Prodi voti Tsipras diventa altamente improbabile, ma la critica radicale all’attuale assetto della UE e alle scelte della politica italiana, rimane, parecchio pesante. Con una domanda: Prodi parla per se stesso, oppure esprime l’opinone di una parte dell’establishment. Staremo a vedere, ma una cosa è certa, questo non è l’articolo di qualcuno che si è ritirato dalla politica, e il richiamo alla BCE, cioè a Draghi, appare autorevole, da pari a pari.
Category: Elezioni europee 2014, Politica