Bruno Giorgini: Renzi spiumato col partito della nazione
Ci sono alcune immagini recenti che ci dicono esattamentei chi sia e cosa voglia Renzi. Tre foto.
Nella prima il 28 maggio Renzi a braccetto con Marchionne, amiconi. Sono in visita allo stabilimento Fca di Melfi per poi passare – dicono le cronache –“a quello di montaggio utilizzando una Jeep Renegade rossa: alla guida l’amministratore delegato Sergio Marchionne, al lato passeggeri il premier e sul sedile posteriore il presidente John Elkann”. Tutto un programma di governo in poche immagini.
Nella seconda Renzi in maniche di camicia gioca alla playstation con Orfini, presidente del partito della nazione PD, uomo viscido vuoto e servile, mentre i due sono in attesa dei risultati elettorali delle regionali. Tutto un programma di partito in una immagine.
Nella terza il ganzo toscano – onde evitare le onde d’urto della sconfitta elettorale – si presenta in versione marziale con tanto di giubbotto mimetico su cui sta scritto “renzi”, parlando con faccia guerriera ai soldati di stanza in Afghanistan. Tutto un programma internazionale in una foto.
Per non farci mancare niente ci deliziano anche: l’elicottero con cui il presidente del consiglio (le minuscole sono d’obbligo) va da Roma, dove lavora, a Firenze dove abita la famiglia, un pendolare come milioni di altri, tutto un programma di riduzione dei costi della politica, e da ultimo Renzi in versione simil sportiva che corre la maratona di Firenze, il programma dell’uomo in salute, veloce, resistente alla fatica, virile. Un po’ tracagnotto ma tant’è.
Sembra una sequenza inventata a imitazione dei vecchi film luce del regime d’antan. Ricordate il duce a inizio carriera squadristica e dopo con il senatore Agnelli, quindi arringando i nostri eroici soldati in partenza per la Libia, per finire con le performances sportive, avendo Renzi l’aggravante dello sport virtuale.
Invece è tutto vero, documentato fotogramma dopo fotogramma.
Intendiamoci, Renzi non è Mussolini, e la sua democratura – Scalfari dixit – non è il fascismo, però colpisce la comune iconografia, spudorata nelle frequentazioni, farsesca nelle rappresentazioni di sè, diventando leggermente indecente nella mimetica di fronte a soldati che rischiano la vita sul serio. Con un surplus di ambizione personale che trasuda smisurata.
Intanto tra una foto e l’altra Renzi prendeva una scagnata con le elezioni regionali, quando il trionfale 41% al PD delle europee si abbatteva a non più del 25-27%, con circa il 48-49% di astenuti. Una vera valanga di astenuti, tra cui moltissime persone che praticano lo sciopero del voto, come atto di disobbedienza e dissenso consapevole. Se si contano in percentuale sulla totalità degli aventi diritto al voto, nelle attuali 7 (sette) regioni in ballo il tronfio partito della nazione PD rappresenta poco più del 10%- 15% dell’elettorato. In termini assoluti il partito della nazione perde un milione o due di voti, dipende dall’elezione precedente di riferimento.
Quindi ci sono le sconfitte dirette, in Liguria dove la candidata Paita oltre a perdere, ha collezionato la brutta figura di indicare in Pastorino, candidato di una lista di sinistra, il colpevole della sua pochezza. Poi la travolgente frana della candidata veneta Moretti già bersaniana, quindi renziana di ferro, scesa dal 37% dello scorso anno per il PD al 22% di queste elezioni. Quindi ci sono vincitori come Emiliano in Puglia che nella sua prima dichiarazione papale papale afferma che Renzi del Sud non capisce niente e che il proprio successo è dovuto a uno specifico modello pugliese, senza granchè a spartire col governo Renzi nè tantomeno col partito della nazione PD. Oppure come De Luca in Campania, che arriva in testa grazie al suo particolare sistema di clientele, per soprammercato sotto la spada di Damocle della legge Severino in predicato a essere interdetto, e sarà buffo assistere allo spettacolo del PD partito della nazione impegnato a strolgare una qualche soluzione per eludere gli effetti di una legge. Persino in Toscana e Umbria il PD cala alla grande e i suoi candidati vincono ma parecchio sotto le ultime regionali.
In sintesi Renzi ha sbattuto la faccia sul paese reale facendosi male nell’urna, lui ama dire “ci metto la faccia” , fuori dalla politica spettacolo e virtuale delle TV e di Twitter dove il ganzo toscano è l’asso pigliatutto. In realtà già alcune asperità e opposizioni dure aveva incontrato con i sindacati FIOM CGIL COBAS ecc..(ma tanto non contano niente disse il nostro), con il mondo della scuola affrontato con il solito piglio “parlate, parlate intanto io faccio e comando”, persino se la prende con la Corte Costituzionale per avere ripristinato i diritti dei pensionati. Apriti cielo, con tutti i media al seguito, salvo rarissime eccezioni: ma cosa vogliono questi, mettono in crisi il sacro bilancio dello stato, e questo non si fa, è un peccato capitale. Tutto questo dopo avere detto ai quattro venti e per anni che le sentenze si rispettano, oibò mica questa sentenza che intanto la riduciamo, altro che azzeccagarbugli, lui era un dilettante, noi siamo professionisti.
Un metodo da magliari napoletani si sarebbe detto un tempo, capaci di vendere le palle di neve agli eschimesi, ma non di organizzare la raccolta differenziata per impedire che la città venga sommersa dalla spazzatura, chiedendo scusa ai napoletani, e ai magliari che nemmeno esistono più, credo.
Inoltre per la prima volta da molto una lista di sinistra – quella di Pastorino messa su in fretta e furia – si avvicina al 10%, e anche in Toscana una lista analoga arriva al 6% e rotti. Ora piccole rondini non fanno primavera, ma potrebbero diventare di più.
Per esempio a Bologna alcuni antichi militanti – tanto per fare due nomi Mauro Zani e Fausto Anderlini – stanno avviando una discussione sulla possibile costituzione di una lista di sinistra, e chissà che non sia la volta buona. Niente di rivoluzionario, per carità, ma lo spazio per una onesta lista civica di sinistra esiste, sempre che non si giochi a chi è più bravo e più di sinistra, ma semplicemente fissando alcuni punti per il governo e la partecipazione della città. Magari succederà anche da altre parti.
Adesso il Renzi roboante sta in un bel dilemma. Se andasse alle elezioni anticipate nel giro di pochi mesi, molto probabilmente starebbe sotto assai del 40% necessario, secondo l’italicum, per accedere al premio di maggioranza. Quindi con un ballottaggio che, allo stato attuale, vedrebbe come competitore il M5S, per cui molti al secondo turno voterebbero, magari turandosi il naso. Però se aspetta troppo per un verso si può ristrutturare il centrodestra, per l’altro con l’ipotesi che crescano i cinque stelle, potendo infine addirittura nascere una forza nazionale, magari federazione di gruppi e partiti, a sinistra del PD.
Altra possibilità sarebbe la mossa del cavallo, Renzi lasciando la presidenza del consiglio per essere solo segretario PD a preparare le elezioni con le mani ibere, e uno dei suoi a reggere il governo, per esempio Del Rio. Ma a occhio pare una mossa troppo intelligente per l’uomo. Per ora si prospetta una stretta disciplinare sul partito, con la stravagante idea di applicare il centralismo democratico di leninista memoria, per cui la minoranza deve adeguarsi alla volontà della maggioranza, non solo negli istituti del PD, ma negli organismi parlamentari, dalle commissioni alle sedute plenarie. Per uno che si vuole liberal non c’è male, con tutto il codazzo di idioti yes men e yes women a fargli il verso e il coro, sproloquiando che così funziona la democrazia liberale. Perchè questo è un altro dei problemi del nostro. Un gruppo dirigente di nullità, se si esclude Guerini, il quale durante la conferenza stampa mentre i suoi colleghi e colleghe cercavano di spiegare che il PD aveva vinto, ogni tanto li guardava sconsolato in cuor suo augurandosi che non dicessero troppe stupidaggini, e palesemente tirando a chiudere in fretta.
PS. Qui comincerebbe il discorso sullo stato della destra, a partire dall’aumento dei voti alla Lega di Salvini lepenista, e del risultato veneto, dove tutte le anime leghiste insieme vanno oltre il 60% dei voti. Ma sarà per un’altra volta.
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