Bruno Giorgini: Il nuovo parlamento e chi ne ha paura

| 1 Aprile 2013 | Comments (0)

 

 


Intanto un dato di fatto, tra un Presidente della Repubblica in scadenza e un governo dei tecnici in prorogatio, come si suol dire, l’unica autorità legittimata da un voto popolare è il Parlamento, recentemente eletto, dove il centrosinistra ha la maggioranza assoluta alla camera e quella relativa al senato. Si obietta, per pochi voti, esattamente 124.407 (centoventiquattromila quattrocentosette).

E allora? Bush Junior è diventato Presidente degli USA, la più grande potenza mondiale, avendo vinto  in Florida con uno scarto di 1784 (millesettecentottantaquattro) voti, tra l’altro dubbi: senza quei 1784 voti la presidenza sarebbe stata di Al Gore.  Mitterand – il candidato della sinistra – in Francia alle presidenziali del ’74 perse  con uno scarto di 212.300 voti, e senza scandalo di nessuno Giscard – il candidato della destra – esercitò il potere presidenziale sicuramente non in modo bipartisan, fino all’81. Certo la devalorizzazione della vittoria del centrosinistra era stata predisposta da Bersani quando disse ripetute volte che, se pur anche avesse ottenuto il 51%, si sarebbe comportato come se fosse stato il 49%. Una proposizione, “non basta il 50% più uno dei voti e nemmeno il 51%” per essere legittimati a legiferare e/o governare,  che domina la politica del PCI prima, e del centrosinistra poi, dal tempo del compromesso storico proposto da Berlinguer, come antidoto rispetto a possibili colpi di stato o consimili, il che era appena avvenuto in Cile contro il socialsita Allende.

Era sbagliato e infatti fallì già all’epoca come lo stesso Berlinguer ammise, riportando il PCI all’opposizione. Ma adesso quando non c’è più la guerra fredda, i colpi di stato militari non sono all’ordine del giorno, funzionando invece il comando e ricatto della finanza, mentre il Cile, come gran parte dell’America Latina, ha un parlamento e un governo democratici, il compromesso storico, seppure riveduto e corretto, non sta nè in cielo nè in terra. Senza dimenticare che le forze impegnate nel compromesso storico avevano l’humus comune della Costituente nata dalla Resistenza, cosa non vera oggi, seppure un processo costituente sia sempre più necessario.

Tornando a noi, abbiamo un parlamento rinnovato, il più giovane d’Europa e con la più alta percentuale di donne nella storia della Repubblica, non più bipolare ma con una terza consistente forza il M5S, e persino una quarta, Scelta Civica di Monti, non del tutto trascurabile. Un Parlamento che ha eletto le due più alte autorità dello stato dopo il Presidente della Repubblica ripeto ormai in dismissione, cioè Grasso e Boldrini, in carica nel pieno dei loro poteri.

Eppure l’intero establishment, dalla nomenklatura politica d’antan, di centrodestra e di centrosinistra, agli occhialuti osservatori, con i grandi giornali, Repubblica e il Corsera in primis, sembra non fidarsi di questo Parlamento fino ad averne paura, e neppure si fida dei suoi Presidenti, alcuni accampando la ormai rituale argomentazione dei merca(n)ti in agguato per demolire la nostra economia, che dopo la cura Monti sta sempre peggio, l’economia reale intendo, caduta del reddito e dei consumi, aumento della disoccupazione che paiono ormai inarrestabili. Intendiamoci, il rischio c’è di speculazioni finanziarie, ma non è agitando questa paura che si risolve la attuale situazione politica.

Già quando invece di andare alle elezioni dopo il disfacimento del governo di centro destra, Napolitano impose in nome dei merca(n)ti il governo  Monti, forse il più classista e brutale della storia repubblicana dopo i governi DC degli anni ‘50, commise un peccato grave lesivo del Parlamento e del diritto di voto popolare, tra l’altro offrendo a Berlusconi la possibilità e il tempo per risorgere dalle sue ceneri.

E oggi ancora Napolitano, ormai agli sgoccioli, reitera (errare humanum est sed perseverare diabolicum), forse in quanto portavoce sommo dell’establishment, mostrando sfiducia somma nel Parlamento e nell’iter parlamentare, a cominciare dal governo. Egli ha offerto a Bersani, segretario del PD, partito di maggioranza relativa, e leader della coalizione vincente in voti e seggi, un mandato dimezzato, col vincolo di verificare se esistesse  a priori una maggioranza certa a sostegno del suo eventuale governo. A-priori, cioè prima di un voto parlamentare, ovvero attraverso consultazioni più o meno riservate coi capi partito.

Se ne deduce che il Presidente della Repubblica, a dispetto della Costituzione dove, art.67, si sancisce che ogni membro del Parlamento “esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”, ritiene del tutto inesistente la libertà dei singoli eletti e quindi ininfluente l’esercizio del diritto di voto sul governo; tutto deve decidersi nei colloqui tra e con i capipartito, accompagnati quando va bene dai capigruppo. A conferma e dimostrazione del regime partitocratico nel pieno del suo distorto funzionamento, ormai marcescente.

Via più limpida sarebbe stata il conferimento di un mandato pieno a Bersani per varare governo e programma, giurando fedeltà alla Costituzione indi presentandosi in Parlamento, prima alla camera dei deputati, dopo in senato (l’ultima volta cominciò il senato e per prassi si scambiano). Ne avrebbe guadagnato la trasparenza pubblica, il centrosinistra avrebbe potuto proporre il suo programma di governo e i suoi ministri coram populo. Quindi le sessioni parlamentari per la fiducia dove  ciascuno sarebbe stato obbligato a dire perchè votava a favore o contro, fiducia alla camera molto probabilmente favorevole, al senato molto più incerta. Se i senatori non l’avessero concessa, Bersani sarebbe salito al colle, dimissionario ma potendo rimanere in carica per gli affari correnti, almeno fino all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, che poi nella pienezza dei suoi poteri avrebbe deciso se sciogliere le camere andando al voto, oppure se tentare un nuovo incarico. Questa strada oltre a squadernare di fronte ai cittadini il dibattito altrimenti melmoso, avrebbe potuto aprire contraddizioni sia nel M5S che in Scelta Civica, forse persino con qualche pezzo del centrodestra, vedi la Lega che nuove elezioni non le gradisce troppo. Una procedura tra l’altro anche più veloce, perchè m’immagino che Bersani l’elenco dei ministri lo avesse in tasca così come il programma, invece dello strascinarsi di consultazioni senza costrutto, e umilianti per il segretario del PD, messo in berlina da ogni supponente membro dell’establishment, e indebolito dentro il suo partito, dove vige la magnifica arte sicaria di cui D’Alema è maestro, colpendo il compagno di banco in difficoltà quanto più subdolamente e duramente possibile. Perchè poi Bersani abbia accettato un mandato dimezzato, è altro discorso.

Adesso invece nascono due commissioni, il consiglio degli ottimati, se non fosse che sono invece sottostimati, e che nessuna delle novità incarnate dal nuovo Parlamento viene in qualche modo tenuta in considerazione, mentre tutta la vecchia politica politicante fa la parte del leone, spelacchiato alquanto dalle ultime elezioni. Non mi riferisco solo alla clamorosa assenza delle donne, ma anche all’esclusione di qualunque esponente vicino al M5S, e ci sono  economisti di chiara fama come Mauro Gallegati e giureconsulti come il Prof. Paolo Becchi, oppure al fatto che uno dei saggi, Quagliariello, votò che era ragionevole credere Ruby rubacuori nipote di Mubarak, che un altro è di Comunione e Liberazione, e come cattolico conservatore si sarebbe potuto trovare ben di meglio, bastava chiedere a papa Francesco che ha mandato a casa il cardinale Scola “papa” designato da Cl e dalla curia italiota, mentre papa Ratzinger pur di non rimanere imprigionato nelle “divisioni che deturpano il volto della Chiesa”, si è dimesso, chissà se a Napolitano sono fischiate le orecchie. Potremmo continuare uno per uno descrivendone il basso profilo, forse se si esclude Onida.

Ma soprattutto non si capisce cosa debbano fare e discutere. Per affrontare sul serio le grandi questioni, sia istituzionali che economiche, onde dare un contributo di pensiero e di proposta innovative, i sottostimati sono  palesemente inadeguati. Oppure si capisce fin troppo bene: nasce una camera di compensazione, se si vuole un governo ombra extraparlamentare del Presidente,  premessa per un governo parlamentare di larghe intese, quando il nodo del nuovo presidente della Repubblica sarà stato sciolto. Quel che traspare in controluce è una repubblica presidenziale de facto, dove il capo dello stato si dota di strumenti esterni alle istituzioni per esercitare un potere che altrimenti non gli è dato. Ora non c’è niente di scandaloso nell’ipotesi di una trasformazione della nostra Repubblica da parlamentare a presidenziale, se avvenisse attraverso una discussione pubblica definendo pesi e contrappesi, per esempio negli USA il grande potere del Presidente è bilanciato da un potere legislativo molto forte anche nel controllo e nei poteri d’inchiesta, fino all’istituzione se necessario di un procuratore speciale per i reati di cui eventualmente sia accusato il Presidente, si ricordi la storia di Clinton affossato per la sua love story, assai limitata per altro, con la giovane stagista Monica Lewinsky. Ma per questo bisogna mettere in cantiere un vera e propria fase costituente, questa sì da progettare tutti insieme sulla base dei principi enunciati nella prima parte dell’attuale Costituzione (art. 1-54). Non una bicamerale, una commissione ad hoc, o qualche gabola laterale, sempre sottoposta ai naturali conflitti tra partiti nonchè agli sgambetti più perfidi, ma una azione politica pubblica e globale con la partecipazione dei cittadini, forse fino all’elezione diretta di una vera e propria Assemblea Costituente. Altrimenti il rischio è che la melma cresca fino a soffocare la democrazia, anche quella sgangherata in cui oggi viviamo. Per l’intanto abbiamo un Parlamento, appena eletto, quindi con l’autorità necessaria per esercitare il suo autonomo potere di Legislatore; prima lo  fa , meglio è.

P.S. Il Corsera di domenica 31 marzo titola: al 3% delle famiglie più ricche un quarto (cioè il 25%, ndr) dei patrimoni italiani. Vuoi mai che questa scandalosa diseguaglianza abbia che fare con le politiche prima del governo Berlusconi, poi con quelle di Monti. Se a rovescio si contassero i poveri, nuovi e  vecchi, risalterebbe ancor più come la crisi non sia uguale per tutti. Ecco nero su bianco nel giornale dell’establishment per eccellenza la ragione materiale che impedisce le “larghe intese”: ammesso e non concesso che siamo tutti sulla stessa barca, c’è chi sta in coperta a prendersi tutta la tempesta diritta in faccia rischiando spesso di cadere in acqua e a molti capita magari affogando, e chi sta sottocoperta al  riparo da onde e vento. E’ giunto il momento che cambino capitano, equipaggio, rotta, turni di guardia all’adiaccio, e turni al lavoro sui pennoni delle vele.

 

Nella foto in testa a questo intervento la deputata del PD Cécile Kyenge che ha affermato: La mixitè di questo nuovo Parlamento,in cui in maniera composita vengono rappresentate generazioni e competenze, nel rispetto del genere e di una larga rappresentanza femminile, è una potenzialità da sfruttare andando oltre le ottuse miopie di parte.

 

Category: Politica

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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