Padre Alex Zanotelli: A Napoli i ragazzini muoiono perché lo Stato non c’è

| 9 Settembre 2015 | Comments (0)
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Diffondiamo da espresso.repubblica.it del 9 settembre 2015 l’intervista fatta a Padre Alex Zanotelli da Giovanni Tizian (nella fo Padre Alex Zanotelli al cimitero delle Fontanelle a Napoli)
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Napoli è come un quadro diviso a metà. «In tutto e per tutto rappresenta due città, quella ricca che sta bene e quella degradata dove si muore». Padre Alex Zanotelli è il missionario che da ormai 10 anni vive in quel pezzo di città fatto di futuro incerto e dilaniato dai clan e dalla criminalità. Il rione Sanità è centro ma è come se fosse una lontana periferia. «La borghesia cittadina deve rendersi conto che ciò che accade qui e in altre zone li riguarda, non può restare indifferente, questi sono conflitti sociali che richiamano tutti quanti alle nostre responsabilità» spiega a “l’Espresso”. Tutti colpevoli dunque, non solo lo Stato, i governi e la politica, assenti cronici in questo inferno dove la camorra ammazza e spezza giovani vite.

 

Dopo l’omicidio di Gennaro Ceserano, 17 anni, Alex Zanotelli ha chiesto e ottenuto che la messa della mattina successiva all’agguato venisse celebrata all’esterno, con il sangue ancora caldo sul piazzale antistante la chiesa. Ha preso la parola e ha lanciato un messaggio rivolto alle coscienze di tutti: «Nessuno verrà a salvarci, alziamo la testa e liberiamoci».

D. Ancora un altro giovane ucciso per strada. Padre Zanotelli, cosa sta succedendo nel ventre di Napoli?
«Sta succedendo qualcosa di molto grave, nell’indifferenza collettiva. Non solo al rione Sanità, ma anche in altri quartieri cittadini. Ci sono bande di piccoli criminali dietro cui c’è la camorra che si contende l’affare lucroso della droga. L’uccisione di Gennaro è solo l’ultimo episodio di una lunga serie. Ora la gente, in particolare le donne, che sono madri e sorelle, ha deciso di reagire, di ribellarsi. Anche perché nessuno verrà a salvarle, spetta a loro farlo».

D. Quindi alla Sanità, come in altri rioni, lo Stato non ha fatto lo Stato e la politica non sta facendo politica.
«Esattamente. La verità è che siamo abbandonati a noi stessi. Un esempio: in un quartiere così popoloso non c’è un asilo nido comunale, c’è solo una scuola elementare, mancano le medie e c’è una sola superiore, seconda in classifica per dispersione scolastica a livello nazionale. Ora, è normale che se l’offerta scolastica è così ridotta, i giovani vivano la strada e qui entrino in contatto con realtà criminali di ogni genere.

D. Ma il territorio è controllato almeno?
«Non dallo Stato. Non c’è nessuno che fa rispettare le regole, non ci sono vigili. C’è un distacco enorme tra questa realtà e il resto del Paese. In più siamo al Sud, un territorio scomparso dall’agenda politica, lasciato affondare lentamente».

D. Un deserto di opportunità legali. E qui ovviamente la camorra gioca facile.
« La camorra per questi ragazzi rappresenta spesso l’unica alternativa per trovare un lavoro. Se il clan offre uno stipendio mensile di 500 o 600 euro nella mancanza di altre possibilità molti scelgono di stare dalla parte della criminalità. Ma dovrebbe essere lo Stato a garantire posti di lavoro e un futuro certo a questo esercito di ragazzi a rischio che vivono nei quartieri più poveri d’Italia».

D. Torniamo perciò alle responsabilità collettive. Questi omicidi, questa violenza, chiamano in causa non solo la camorra ma anche altri?
«Ci sono responsabilità politiche e sociali molto estese: i nostri giovani non hanno più ideali, vivono alla giornata, e se anche gli universitari passano le serate a ubriacarsi nel salotto della città, figuariamoci nelle zone degradate e dimenticate cosa avviene. Ritengo poi che l’aver elevato a ideologia dominante le politiche di austerità abbia avuto tra le conseguenze quello di aver releagato ai margini ancora di più chi già viveva situazioni drammatiche. È necessario cambiare rotta, immaginare un modello diverso di società, più giusta e più responsabile».

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Category: Osservatorio Sud Italia, Osservatorio sulle città

About Padre Alex Zanotelli: Padre Alessandro Zanotelli, più noto come Alex Zanotelli è nato a Livo (Trento) nel 1938). E' un religioso, presbitero e missionario italiano, facente parte della comunità missionaria dei Comboniani. È l'ispiratore ed il fondatore di diversi movimenti italiani tesi a creare condizioni di pace e di giustizia solidale.Nel 2013 gli viene conferita la laurea honoris causa in Giurisprudenza presso il Dipartimento Jonico in "Sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo: società, ambiente, culture» dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro. È direttore, sin dalle origini, della rivista nonviolenta fondata da don Tonino Bello, Mosaico di Pace. Entra giovanissimo in seminario e viene mandato dai Padri Comboniani a completare gli studi di Teologia a Cincinnati, negli Stati Uniti d'America. Nel 1964 viene ordinato sacerdote nell'ordine dei Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. Dal 1965 al 1973 ha operato come missionario nel Sudan meridionale, martoriato dalla guerra civile. Le autorità civili gli si fecero ostili a causa delle sue forti prese di posizione a difesa delle fasce più povere della popolazione. A causa della sua forte denuncia sociale, nel 1973 il governo locale gli negò il visto per rientrare nel paese. Nel periodo 1985-1987 le sue denunce erano spesso rivolte ad esponenti politici di allora, da Andreotti a Spadolini, da Craxi a Piccoli. Tali attacchi furono causa di una serie di accuse nei suoi confronti, specialmente riguardanti il suo spiccato impegno politico che sarebbe andato - secondo la tesi dei vertici ecclesiastici - a discapito della missionarietà religiosa. Zanotelli lo definì «un periodo di grande sofferenza umana». In questo periodo, ispira e fonda con altri il movimento Beati i Costruttori di Pace, un movimento che a sua volta mira a costruire la pace basandosi sulla giustizia. Nel 1987 - su precise richieste delle autorità ecclesiastiche, dovute ad un suo presunto allontanamento dai principi religiosi cattolici - Alex Zanotelli lasciò la direzione di Nigrizia. In seguito diventò direttore responsabile della rivista Mosaico di pace sin dalle prime pubblicazioni (settembre 1990) per espresso volere di don Tonino Bello, allora presidente di Pax Christi e vescovo di Molfetta.Nel 1989 torna in missione in Kenya, a Korogocho, una delle baraccopoli che attorniano Nairobi. Nella lingua locale il nome Korogocho significa confusione, caos. In questa difficile situazione di degrado umano, dovuto a vari fattori tra i quali AIDS, fame, prostituzione, droga, alcolismo, violenza, dette vita a piccole comunità cristiane, ma anche ad una cooperativa che si occupava del recupero di rifiuti e dava lavoro a numerosi abitanti. Istituì inoltre Udada, una comunità di ex prostitute che aiuta le donne che vogliono uscire dal giro e, allo stesso tempo, si batté per le riforme sulla distribuzione della terra, uno dei temi-chiave della politica keniota.La sofferenza di questa popolazione lo spinse a formulare la frase «Forse Dio è malato» che divenne il titolo del libro sull'Africa di Walter Veltroni, che all'inizio del 2000, si recò in visita a Korogocho. Padre Zanotelli rimase a Nairobi fino al 2001. Oggi Padre Alex Zanotelli vive nel difficile rione Sanità di Napoli, in una piccola casa ricavata dal campanile della chiesa del quartiere. Da anni si batte per evitare la privatizzazione dell'acqua, partecipando a conferenze, eventi e marce in tutta Italia. Tra i suoi ultimi libri: Europa dei mercati o dei popoli? Il ruolo dei missionari, EMI, 2008; I poveri non ci lasceranno dormire. Da Korogocho al Rione Sanità, Editrice Monti, 2011; Il Gran Sogno di Dio. Introduzione di Arturo Paoli, DISSENSI Edizioni, 2013

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