Maurizio Scarpari: Ricordo personale di Mario Sabattini (1944-2017)

| 26 Dicembre 2017 | Comments (0)

 

Nell’ambito degli studi sinologici italiani l’esperienza cafoscarina rappresenta un esempio di successo accademico importante per la storia del nostro paese. L’avventura è iniziata nel 1966, con l’arrivo a Venezia di Lionello Lanciotti: nel giro di un paio di decenni un settore di studi praticamente inesistente è diventato uno dei fiori all’occhiello dell’Ateneo veneziano, motivo di stimolo e sviluppo per le altre università. Le lingue insegnate a Ca’ Foscari sono una quarantina, di esse la cinese è da decenni la più seguita.

Un ruolo importante in questo sviluppo è stato giocato da Venezia, la città di Marco Polo e da sempre ponte tra le culture di Occidente e Oriente, ove ha sede Ca’ Foscari, una delle università di media grandezza tra le più dinamiche e organizzate del nostro paese. L’apertura della Cina all’inizio degli anni Ottanta ha cambiato radicalmente la prospettiva di questo ambito di studi, ma ciò che è stato determinante, io credo, è stata la presenza di un gruppo di docenti che, in una stagione particolarmente ricca di stimoli e opportunità, ha deciso di promuovere un’iniziativa culturale innovativa: in un mondo accademico sino a quel momento poco interessato alle culture orientali, sono stati creati i presupposti indispensabili per affrontare con le competenze necessarie i mutamenti epocali che, avendo come protagonista la Cina, da lì a poco avrebbero cambiato il mondo.

Se Lionello Lanciotti fu il padre-fondatore della scuola sinologica veneziana, è a Mario Sabattini, trasferitosi a Ca’ Foscari nel 1970, che va riconosciuto il merito di aver dato forma e sostanza a un progetto condiviso da tutti coloro che hanno lavorato al loro fianco. Grazie a Lionello e a Mario la sinologia italiana non soffre di provincialismi o complessi di inferiorità, è divenuta una disciplina pienamente matura, in grado di confrontarsi con il panorama internazionale. Lionello ha aperto la strada, Mario ha pienamente colmato vuoti che chi studia oggi può solo immaginare. E quando avrebbe potuto riposare sugli allori di una carriera accademica e diplomatica consolidata, di un meritato riconoscimento in campo sinologico, ha voluto cimentarsi in studi del tutto nuovi, nell’ambizione di permettere agli studenti italiani di conoscere la lingua e la cultura thailandese. Non si è spaventato nel vedersi solo, si è riconosciuto pienamente in grado di portare avanti l’impresa.

Quando Lionello nel 2015 ci ha lasciato aveva novant’anni,[1] Mario è da poco mancato, all’età di settantatré. La notizia è giunta inaspettata, è morto il 20 dicembre quasi all’improvviso e ora, riflettendo sull’accaduto, mi chiedo se ci sarebbe stato modo di essergli d’aiuto, cercando di capire quella scelta orgogliosa e virile di vivere nel silenzio le malattie che da tempo lo avevano colpito e che forse lo avevano indotto a preferire la solitudine a un doloroso confronto di esperienze.

È il momento di ricordare, e riaffiora un passato che ci ha visti uniti, condividere impegno e lotte, in un continuo discutere e progettare. Il nostro è stato un percorso avvincente durato decenni, che ci ha fatto crescere insieme. Tale era la comunione dei nostri intenti che potrei fargli il torto di non riconoscere che, nonostante non fossero molti gli anni che ci separavano, egli è stato per me un vero maestro, al pari di Lionello, per certi aspetti ancor più di Lionello. Siamo stati giovani insieme: erano giovanili una certa sua timidezza, alcuni suoi atteggiamenti impacciati che si esprimevano in un sorriso imbarazzato e gentile, quella noncuranza nel scegliere il proprio abbigliamento che lo ha sempre caratterizzato. Non c’era però, per nessuno, il rischio di sottovalutarlo: grazie alla sua preparazione, alle sue capacità argomentative, al suo spiccato senso delle istituzioni e al suo rigore etico, era inattaccabile, forte come io desideravo diventare.

Molto ha realizzato, scritto e insegnato, ha ricoperto ruoli di grande responsabilità nell’università e in prestigiose istituzioni culturali, come l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma e l’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, senza mai che in lui vi fossero tracce di presunzione o arroganza e, se aveva una certa tendenza alla distrazione, se non sempre ci si sentiva messi a fuoco dal suo sguardo, era perché la sua capacità di concentrazione lo teneva legato a pensieri che poi era pronto a tradurre in azioni o in scritti da condividere, strumenti per diffondere una cultura, quella cinese, che lo aveva profondamente affascinato sin dalla prima giovinezza.

Era difficile riconoscere un limite alle sue capacità, i suoi scritti hanno espresso un talento, un rigore e una preparazione che la mia generazione può apprezzare appieno, avendo vissuto il nascere della sinologia moderna in Italia. Era prodigiosa la sua tenacia nel lavorare giorno e notte sino a che l’obiettivo non fosse raggiunto; mi era difficile capire come potesse sostenere quei ritmi e, insieme a tutti gli amici che lo ammiravano, avevo il timore, la preoccupazione che la sua forza fosse anche il suo tallone d’Achille. Penso di aver avuto ragione, ed era una ragione che lui non ammetteva: inutile consigliargli di smettere di fumare e di limitare il numero dei caffè giornalieri, di risparmiarsi e di dormire qualche ora in più; senza la sua ostinazione non sarebbe stato lui, e oggi lo vedo in una luce alla quale ogni rimpianto cede il passo all’ammirazione.

Ho il sospetto che abbia considerato le malattie che lo affliggevano come un fastidio da accantonare, un impedimento da mettere a tacere. In un periodo storico nel quale l’imperativo è far prevenzione, prendersi cura di sé, non è facile capire quale sia stato il suo modo di vivere la propria fragilità; in ogni caso, senza la presunzione di semplificare ciò che semplice non è per nessuno, mi sembra giusto mettere in luce nel suo atteggiamento il coraggio e l’impegno con i quali ha concretizzato anche i suoi ultimi progetti. In occasione dei suoi settant’anni, colleghi e amici gli hanno dedicato un Festschrift di oltre 900 pagine che ne delineano l’opera e il percorso accademico: Il liuto e i libri. Studi in onore di Mario Sabattini, a cura di M. Abbiati e F. Greselin, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia, 2014.

La sua personalità non può essere racchiusa solo nell’ambito di una vita professionale intensa e riuscita. Il suo mondo affettivo è stato un mondo di donne, oggi unite nel suo ricordo e affettuosamente vicine l’una all’altra. Le sue figlie, sua moglie hanno un bellissimo sorriso e anche questo ci dice qualcosa di lui.

[1] V. https://www.inchiestaonline.it/editoriali/maurizio-scarpari-ricordo-personale-di-lionello-lanciotti-1925-2015.

 

Category: Libri e librerie, Osservatorio Cina, Storia della scienza e filosofia

About Maurizio Scarpari: Maurizio Scarpari, professore ordinario di Lingua e letteratura cinese classica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato dal 1977 al 2011 e ricoperto numerose cariche acca-demiche, tra le quali quelle di Pro-Rettore Vicario e Direttore del Dipartimento di Studi sull’Asia Orientale. Sinologo esperto di lingua cinese classica, storia, archeologia, pensiero filosofico e la sua influenza sul pensiero attuale è autore e curatore di numerosi articoli e volumi, tra cui si se-gnala La Cina, oltre 4000 pagine in quattro volumi (Einaudi 2009-2013), alla cui realizzazione hanno contribuito esperti di 35 istituzioni universitarie e di ricerca tra le più prestigiose al mondo. Per ulteriori informazioni e la bibliografia completa dei suoi scritti si rinvia a www.maurizioscarpari.com.

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