Galileo Dallolio: L’assaggiatore di libri. Considerazioni sul sapore dei libri
Su suggerimento di Saverio Caruso pubblichiamo con il permesso dell’autore questo strepitoso testo di Galileo Dallolio. In questo testo vengono ricordati due amici di Inchiesta che ci hanno lasciato: Roversi e la sua libreria Palmaverde, Gregorio (Grigorios Kapsomenos) e la libreria delle Moline. Le immagini presentate in queste pagine on line li ricordano.
Sono considerazioni sul sapore dei libri
Il sapere dei libri, la correggo
Intendo proprio il sapore e dichiaro la mia appartenenza al “Sodalizio degli Assaggiatori di libri”.
Ma lei mi sta canzonando!
I libri, al pari dei vini, dei formaggi , dell’olio, del miele… a loro modo sono cibo. Non vedo perché non si possano utilizzare analoghi protocolli di valutazione.
Senta, capisco che lei abbia voglia di scherzare, ma i libri, lei, li legge?
Non è detto , le risulta forse che gli assaggiatori, bevano o ingurgitino i cibi oggetto delle loro attenzioni?
Ma lei sta proprio insistendo con questo scherzo!
Direi di no, l’assaggio è pratica più comune di quanto lei non creda. Esiste l’assaggiatore spontaneo ed è quello che in libreria sfoglia e accarezza i libri, poi c’è l’assaggiatore indotto ed è quello che subisce il fascino della rilegatura, della cucitura e del dorsale ( sapesse quanti acquirenti di libri da collezione partecipano a tale sodalizio), esistono poi gli addottorati e i certificati, ai quali spero non indegnamente, di appartenere.
Assaggiatori certificati di libri !? Ma lei continua a prendersi gioco di me!
Rifletta sulle materie di insegnamento. Esse riguardano la carta, la copertina (1), la rilegatura, i caratteri, lo stampatore, il rilegatore, il curatore, l’autore, l’editore, l’indice, le illustrazioni, le dimensioni (siamo molto attenti all’aurea proportio) la grafica del logo, il peso, la sensazione olfattiva, il tatto (dalla percezione dello schiocco della carta all’accarezzamento della copertina), l’impaginazione, l’indice dei nomi (dal quale peraltro si può dedurre sia la biografia intellettuale dell’autore che il contenuto del libro).
Ho le traveggole! Possibile che il sapere, il contenuto , il valore del testo le sia estraneo!?
Ci mancherebbe. Quando capita di leggere, è solo per poche pagine e per capire come funziona la sottolineatura a matita (ci sono libri che la tollerano e altri che la rifiutano ).Lei capisce che un assaggiatore deve calcolare bene il proprio tempo. Avendo tante osservazioni da fare (la compilazione dei protocolli richiede molto tempo) la lettura integrale spesso non se la può permettere.
Io le chiedo di smettere di parlarmi in questo modo!
Guardi che i libri sono vivi. Hanno una biologia, un metabolismo, una sensibilità. Le suggerisco di meditare sulle seguenti citazioni :
“Warburg ordinava i suoi libri non con i criteri alfabetici o aritmetici in uso nelle grandi biblioteche, ma secondo i suoi interessi e il suo sistema di pensiero, fino al punto di cambiare l’ordine ad ogni variazione dei suoi metodi di ricerca.
La legge che lo guidava era quella del ‘buon vicino’,
secondo la quale la soluzione del proprio problema era contenuta non nel libro che si cercava, ma in quello che gli stava accanto”. (1)
E senta cosa diceva Emo Capodilista:
Ma chi è questo signore!?La scongiuro non mi tormenti con nomi di sconosciuti.
Una buona occasione per intravederlo e per conoscerlo attraverso queste sue parole
“Io intanto incanto alcune ore della giornata riordinando una biblioteca lentamente, per giornata, occasione per occasione, illusione per illusione, lungo l’arco dei miei anni perduti;
tutti questi libri mi sembrano relitti che il fiume del tempo ha abbandonato sulle sue rive come ricordi del suo passaggio, della sua fuga: la vivida e mortale corrente che sembra voler dimenticare tanti tentativi di fermarla, di riconquistare l’eternità, il paradiso perduto dell’assoluto.” (2)
Sono stupefatto! Ma scusi come è fatta la biblioteca di un ‘assaggiatore di libri’?
Come una cantina, con qualche differenza. I libri vanno spostati di frequente. Si possono creare poesie dorsali (con i titoli dei dorsi messi in modo che formino frasi di senso compiuto) oppure nuove collane . Pensi a libri di teologia affiancati a libri di matematica o di fisica, oppure testi di psicologia vicino a libri di ingegneria.
Cerco di stare al gioco e le chiedo la differenza fra lei e un bibliofilo.
Ci accomuna l’idea che il contenuto è intuito dal titolo e da poche pagine lette casualmente. Ci differenzia l’interesse per la rarità e per l’eccellenza che per il bibliofilo sono tratti fondamentali, per noi assaggiatori invece anche libri di grado modesto sono oggetto delle nostre attenzioni.
Ma lei è forse un collezionista?
In un certo senso. Il collezionista una volta preso la laccio dal suo daimon, si vincola alla ricerca ossessiva e perde ogni gusto all’assaggio. L’assaggiatore è libero, sfoglia, annusa e semmai conserva ma in modo molto casuale. Finisce quindi col diventare un collezionista di assaggi.Soffre all’idea del macero ed è forse l’unico che abbia un pensiero per i libri scomparsi.
Non ho parole
Guardi che le ho raccontato una parte del corso. Esiste un livello dove ci si esercita a fare un libro con le citazioni , con i titoli dei paragrafi o con gli incipit , del libro assaggiato, oppure si misura il grado di sagomatura compulsiva (mi scusi, è un nostro gergo e descrive il piacere del correre in modo continuativo con la mano per le sei dimensioni del libro), l’incartabilità, il grado di adulterazione che può reggere (sa certi ex libris producono alterazioni vistose nel libro, che ne soffre, sapesse quanto soffrono i libri per ex libris incongrui..) il valore delle bibliografie (nelle varianti: deduttive,abduttive, induttive, narcisistiche, monumentali, enfatiche, essenziali, di servizio..), la biografia degli autori, la qualità degli incisi e degli strilli, i paragrafi, l’anno di pubblicazione (da traguardare con una Cronologia universale per individuare cosa stava accadendo al mondo in quel periodo) , il ruolo giocato dalla serendipità (penso che le sia noto che Il gattopardo fu scritto per la felice e casuale combinazione che vide il Principe partecipe al premio di poesia nel quale era impegnato il cugino Lucio Piccolo) insomma c’è molto da studiare per diventare un buon assaggiatore.
La prego, sono smarrito
Mi lasci citare i luoghi delle nostre esercitazioni. Alcune sono nella memoria, come la Libreria Palmaverde di Via Caduti di Cefalonia a Bologna negli anni sessanta, la scomparsa Libreria Montanari in Via Cartolerie, oppure la Libreria Accademia in Galleria a Milano, da tempo definitivamente chiusa, poi tutte le librerie storiche e le librerie dei remainder’s. A Bologna sono raccomandabili la Pichwick della Galleria due Agosto, in prossimità della Stazione Ferroviaria, le due librerie di Piazza Aldrovandi , una in Via Fondazza, la strada di Giorgio Morandi e una in via delle Moline, la Libreria delle Moline del signor Gregorio. Poi ci sono i mercati , quello della prima domenica di ogni mese a Pavullo, dove ci si può esercitare nell’assaggio sia in posizione eretta (si lavora all’inpiedi) sia in postura accucciata ( pratica scomoda e non raccomandabile per rischio di compulsioni sgradevoli ). In questi mercatini si vedono anche adepti che praticano l’assaggio in ginocchioni , segno inequivocabile di fede profonda, ma disdicevoli per l’eccesso di vistosità. Si creano capannelli di persone che guardano smarriti e questo nuoce alla qualità del nostro Sodalizio.
Molti di questi osservatori forse sanno che scruta in latino e gryte e grymea in greco significano ciarpame, quisquiglie, abiti vecchi, ma non sanno che nel nostro modo di scrutare il grumus cioè il mucchio dei libri posto malamente in terra, c’è voglia di rovistare nel senso di re-vistare, vedere di nuovo, con legittima ansia per la possibile scoperta.
Non ne posso più !
Potrei continuare raccontandole i gradi ulteriori della formazione dell’assaggiatore. Pensi che esiste un grado di sviluppo che permette di individuare la fascia di appartenenza dei futuri lettori, la loro età e le loro occupazioni. E cosa importante, il loro futuro. C’è poi un livello che è in grado di percorrere con sicurezza tutte le biblioteche o tutti gli scaffali che hanno costituito alloggio per il libro. Una raffinatezza Il tutto praticando il sillogismo abduttivo (penso che le sia noto il nome di Peirce e il Gruppo Psomega di Milano)
Lei mi ha definitivamente sbertucciato!
Mi spiace , avrei potuto dirle che il verbo da lei usato è di Carlo Lorenzini, il grande autore di Pinocchio.
Ma scusi, ma non poteva dire Collodi?
In questo modo ho inteso farle conoscere un altro indicatore: quello degli pseudonimi. Come forse lei saprà, il celebrato Dizionario degli Anonimi e degli Pseudonimi nella Letteratura di Gran Bretagna, in sette volumi, nacque nel 1882 ed è aggiornato fino al 1962. Ma c’è dell’altro.Si studiano e si compilano lunghe liste di nomi, sapesse quanti e come sono importanti da assaggiare: l’Agrimensore Kappa, Giovanni Castorp, Berthelemy, Carlo Rossman,
Mi lasci perdere per favore, lei ha usato parole che mi sono rimaste appiccicate addosso!
Lei per me è una risorsa, sta creando una bellissima metafora che le forze di Van del Waals potrebbero svelarle, ma la vedo stanco e preferisco raccontarle delle forze deboli un’altra volta.
O forse sto capendo: voi siete dei critici mancati e quindi personaggi che cercano un proprio ruolo nella grande vicenda del libro.
Noi abbiamo grande stima dei critici e nei nostri Forum si sta discutendo se proporre agli editori, accanto alle rubriche di critica letteraria e di gastronomia, quelle dedicate agli assaggi dei libri. A volte la nostra specialità ci porta a fare scoperte che poi i critici affrontano da par loro. Se un assaggiatore avesse potuto toccare la prima edizione di Ossi di seppia di Montale, quella stampata in poche centinaia di copie, non avrebbe esitato a segnalarla (per fortuna in questo caso il grande critico Gianfranco Contini allora giovanissimo, fece la scoperta). Pensi se uno di noi avesse potuto toccare lo Zebio Còtal di Guido Cavani , stampato in 200 copie dal tipografo Ferraguti nel 1958. Anche in questo caso la fortuna ha assistito il libro che, per una felice e casuale combinazione, fu tra le mani Pier Paolo Pasolini che lo passò a sua volta a Giorgio Bassani e che poi diventò un best seller pubblicato da Feltrinelli e da Mondadori. Le ricordo che nel dire ‘tra le mani’ ho usato il protocollo della tattilità e che ‘felice e casuale combinazione’ ha a che fare con quello della serendipità.
Resto stupito , continuo a sorprendermi e a smarrirmi!
Vede, lei , come molte persone dabbene, pensa che il libro sia solo un libro, come chi crede che un frutto sia solo un frutto o un vino solo un vino ecc. Le faccio un esempio, recentemente un assaggiatore ha portato in Associazione un libro di Enzo Paci ‘Socialità della nuova scuola’ edito da Le Monnier a Firenze. Fu subito un accendersi di interessi di tipi organolettico, lo specialista in prefazioni si fece carico di parlare di Bottai, quello delle date notò che accanto al 1943 era ben in vista la cifra in caratteri latini XXI, l’esperto in ricorrenze lessicali, fece notare la frequenza delle parola ‘ordine’ e ‘carta della scuola’, l’esperto in citazioni, si mise a contarle e a trascriverle in un suo taccuino, quello delle cronologie non stava fermo dalla gioia, l’esperto di biografie cercò i nessi tra l’età dell’autore e quella del prefatore.. Quale fervore , quale animazione per questo nuovo assaggio, del tutto inaspettato.
Libro come un frutto, un vino, un formaggio, io trasecolo..
Le sarà noto che si stanno estinguendo il lazzeruoli , le pere aval, le pere volpine, i corbezzoli ..(evito di insistere per non turbarla), e che si moltiplicano le iniziative per salvare i sapori e i frutti dimenticati. Il nostro caso è simile. Noi vediamo che su certi testi hanno lavorato tipografi raffinati, impaginatori geniali, illustratori di una finezza e di una originalità stupefacente. Il libro diventa così il frutto di un lavoro collettivo. Ma vuoi per il mercato vuoi per le trasformazioni imponenti dovute alle tecnologie, il libro frutto diventa sempre più raro. E come la gente compra frutta perfetta e disdegna quella che conserva qualche cenno di naturalità, così un libro carico di umori e di magisteri artigianali, ha sempre meno acquirenti.Noi cerchiamo di dare un contributo alla difesa del libro frutto. Il libro frutto costa di più di quello cresciuto in serra, e, al pari del frutto biologico (a proposito le risultano frutti che non siano biologici ?) ha bisogno di essere valorizzato. Le faccio un esempio, si procuri di Guido Cavani , il Zebio Còtal edito da Coviliarte nel 2008. Troverà un formidabile esempio di un libro frutto. L’armonia dell’insieme, dalle illustrazioni di Gino Covili, alla prefazione di Giorgio Bàrberi Squarotti, alle note dei curatori Werther Romani e Fabio Marri lei potrà scoprire un sapore che mi auguro la possa far ricredere sul nostro ruolo di assaggiatori. Nei testi dei curatori lei avrà modo di scoprire una infinità di sfumature organolettiche, cioè percepibili dai sensi e potrà sorprendersi di come un libro frutto possa nutrire l’anima. La bellissima citazione ‘nutre la mente ciò che la rallegra’ ( a richiesta le dirò l’autore) noi l’abbiamo parafrasata in ‘nutre la mente ciò che soddisfa i sensi’.
NOTE
(1) Hannah Arendt, Walter Bejamin, Ed SE, 2004 (a cura di F. Ferrari), pp.67 e seguenti
Se l’assaggiatore non avesse visto la mirabile foto di Walter Benjamin e di Hanna Arendt e non avesse apprezzato l’equilibrio dell’impaginazione, non avrebbe scoperto questa citazione e altre citazioni qui di seguito elencate non sarebbero state scoperte e lei non avrebbe potuto goderne.
“E poiché il collezionismo può concentrarsi su qualsiasi oggetto (non solo su oggetti artistici, che comunque sono sottratti al mondo quotidiano degli oggetti d’uso, perché non’servono ‘ a nulla) salvando così, in un certo modo, l’oggetto in quanto cosa – l’oggetto non è più un mezzo inteso a un fine ma ha un suo valore intrinseco- per Benjamin esso è un atteggiamento affine a quello del rivoluzionario. Al pari del rivoluzionario, il collezionista ‘ si trasferisce idealmente, non solo in un mondo remoto nello spazio o nel tempo, ma anche in un mondo migliore, dove gli uomini, è vero, sono altrettanto poco provvisti del necessario che in quello di tutti i giorni, ma dove le cose sono libere dalla schiavitù di essere utili’ (Schriften 1, 416).
Il collezionismo rappresenta, la redenzione delle cose, che deve fungere da complemento alla redenzione dell’uomo. Già il solo leggere i propri libri è cosa discutibile per il vero bibliofilo:’ E li ha letti tutti?’ avrebbe chiesto ad Anatole France un ammiratore, riferendosi alla sua biblioteca. Neppure un decimo. O forse lei pranza ogni giorno con il suo servizio di Sèvres’ (Tolgo la mia biblioteca dalla casse).
In Opere complete di Walter Benjamin, vol.4°, pp. 456-463)
(…..) E come passeggiare tra i tesori del passato è lo splendido privilegio del successore, così ‘l’atteggiamento del collezionista’ è ‘nel senso più elevato, l’atteggiamento dell’erede’ il quale, prendendo possesso delle cose – e il ‘possesso è, fra tutti, il rapporto più profondo che sia possibile stabilire con le cose – si insedia nel passato per ‘rinnovare’ , non disturbato dal presente, ‘il vecchio mondo’.
E poiché questo impulso profondissimo, nel collezionista, non ha alcun significato pubblico ma è un piacere strettamente privato, ogni cosa che vien detta dalla prospettiva del vero collezionista’ deve apparire bizzarra’ come l’immagine, in realtà tipica della fantasia di un Jean Paul, di scrittore che ‘scrive libri non perché povero ma perché insoddisfatto dei libri che potrebbe acquistare e che non gli piacciono.
(….)
(Qui naturalmente non si tratta ancora del collezionismo odierno, che si impadronisce di qualunque cosa abbia o, secondo lui, avrà un valore di mercato o possa accrescere il suo status sociale, bensì di un collezionista che, come Benjamin, va in cerca di cose insolite ritenute senza valore)” (pag.67)
(2) Aby Warburg e la scienza senza nome, In ‘La potenza del pensiero’ Saggi e conferenze Di Giorgio Agamben, Neri Pozza Editore 2005 (a pag.127)
(3) In Andrea Emo, Lettere a Cristina Campo 1972-1976.” In Forma di Parole editore 2001
(4) Dictionary of the Anonymous and Pseudonymos Literature of Great Britain di Famule Halkett e Iohn Laing in quattro volumi comincia la sua pubblicazione nel 1882, gli ultimi aggiornamenti sono del 1956 e 1962 a cura di Tennis Rhodes e Anna Simoni del British Museum
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