Cristina Biondi: 35 Nuovo dizionario delle parole italiane. Da “Suocera” a “Madonna nera”

| 10 Dicembre 2020 | Comments (0)

 

SUOCERA

“Così assomigli a tua madre, che non ha niente per ispirare l’amore.” Queste parole sono state cantate da una gran brava persona, ma nessuna suocera andrebbe maltrattata così, soprattutto se ha superato la settantina ed è madre di una signora che si è lasciata un po’ andare dopo la menopausa. La canzone non ci racconta la storia della fanciulla deliziosa che col tempo è ingrassata, ha smesso di agghindarsi ed è aggressiva con il marito, forse alcoolista, né vi è un interesse a risalire alle vicende che hanno reso orribili le donne che, generazione dopo generazione, hanno concepito, partorito, allattato e allevato le bambine della famiglia.

Bisognerebbe cogliere l’ispirazione al volo: volendo affezionarsi alla suocera sarebbe meglio non aspettare che assomigli ad Atropo, la più antipatica delle Parche.

 

FIGLI

Chi non è più attratto dalla propria compagna in menopausa, ma rivolge le sue attenzioni a una trentenne, ha una probabilità di riprodursi anche in tarda età e, grazie alla pensione o a una rendita, può nutrire i suoi piccoli. Una donna sessantenne non aumenta la sua prole se ama un trentenne, mentre facendo la nonna protegge la propria discendenza, evitando che il nipotino mal custodito finisca sotto un autobus. La teoria dell’evoluzione spiega molte cose, ma non ci dà nessuna chiave per capire il pervicace rifiuto di riprodursi delle ultime generazioni. Oggi possiamo rintracciare il nostro patrimonio genetico, ovunque questo sia andato ad allargare i propri orizzonti, mentre è sempre più difficile capire a chi appartengono i figli, con confusioni affettive paralizzanti. Un tempo si scherzava con i bambini chiedendo loro se volevano più bene alla mamma o al papà, oggi nessuno osa tanto, i piccoli sono fin troppo strattonati da famiglie instabili ad assetto variabile. Lo Stato cerca di educarli, supportarli non tanto per mandarli in trincea, quanto perché raggiungano la prima linea sul mercato del lavoro, dove vengono decimati come sotto il fuoco delle mitragliatrici.

A evitare che si inasprisca una conflittualità permanente tra i sessi e tra le generazioni il consumismo ci permette di sentirci tutti ugualmente importanti, tutti portatori di legittime aspirazioni. Purtroppo il mondo perfetto non è quello che condividiamo oggi, ma quello che compreremo domani.

 

QUESTO E QUELLO

Le donne si lamentano a giusto titolo: si chiede loro di lavorare come se non avessero figli e di fare le madri come se non lavorassero. Chi avesse la tentazione di buttarsi sotto un treno dovrebbe riflettere su un passo celebre di Anna Karenina: “Tutte le famiglie felici si assomigliano, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo.” Per evitare di essere a modo nostro, inseguendo i nostri desideri, cedendo alle nostre passioni, coltivando le nostre perversioni, imponendo le nostre opinioni, dovremmo adeguarci a quello che, facendo felici gli altri, ci consente di entrare nel novero dei gaudenti. Un politico, parlando in un casinò a una congrega di venditori ha detto: “Il cliente, il pubblico, è un bambino di undici anni, nemmeno troppo intelligente.”

Loro vogliono venderci tutto e il contrario di tutto: chi produce farine ci propone di fare le torte in casa, chi sponsorizza le merendine suggerisce che la felicità consiste nel distribuirle ancora incellophanate, beate coloro che, ispirandosi alle ricette dei grandi chef, comprano le penne lisce e coloro che, seguendo i consigli della nonna, hanno in dispensa solo penne rigate; per i produttori di gelati è sempre estate (per lo meno ai Caraibi: prenotate volo, albergo, sedia a sdraio e, una volta sistemati, ordinate il gelato, o in alternativa un tè freddo). Lo stesso veleno però può diventare il farmaco che lo cura: i produttori di pile vi suggeriscono di non rimanerne mai sprovvisti, perché il telecomando sia funzionante quando la televisione mostra un accoppiamento tra elefanti (in realtà vi istiga a silenziare la pubblicità). I venditori di pile fanno una fortuna animando i giocattoli, ma perché mai dovrebbero accontentarsi dei clienti minori di dodici anni?

 

CERVELLO

Da quando gli studi sul cervello hanno dato ai ricercatori grandi speranze di comprendere i segreti dell’essere umano, sto sperimentando una strana dissociazione. Alla dissociazione c’ero già abituata, essendomi in precedenza divisa in Io, Es e Super Io o, in alternativa, in conscio, preconscio, inconscio secondo ripartizioni trinitarie che hanno fornito alla mia psiche il giusto grado di complicazione. Però ora mi ritrovo in una situazione già anticipata dall’inquilino del terzo piano di Polanski che si chiedeva: “Se mi tagliassero la testa sarei io e il mio corpo o io e la mia testa?” La risonanza magnetica e tutte le neuroscienze permettono la dissociazione senza dissezioni o decapitazioni, imponendo però la preminenza della testa su di me e sul resto del mio corpo.

Io sono una sempliciotta, il mio cervello invece è un computer sofisticatissimo che controlla in tutto e per tutto i miei comportamenti. A volte mi sento come se fossi un animale da compagnia che in alcune circostanze, eseguendo determinati ordini, riceve come premio un biscottino o una crocchetta per cani.

Alcuni ricercatori ritengono che dopo essersi sottoposti a una fatica, dopo avercela messa tutta (decidete voi in cosa) si attiva il circuito della gratificazione: lavorare stanca e la stanchezza viene premiata. A questo proposito io posso testimoniare che dopo aver lavorato alacremente all’uncinetto sono contenta come se avessi ricevuto un’intera scatola di biscottini. C’è chi mi chiede dove trovo tanta pazienza, io invece vorrei sapere cosa elaborano i circuiti mentali di quegli amici che ogni anno ricevono per Natale una sciarpa fatta da me.

 

AMORE E POLITICA

Ci sono donne che sono vissute per l’amore e uomini che sono vissuti per la politica. L’amore diventa ossessione quando non ci si sente mai abbastanza amate, la politica diventa ossessione quando si vuole tutto per sé: soldi e potere in quantità smisurata. L’amore diventa abnegazione quando non si ama mai abbastanza, la politica diventa missione quando si vuole la democrazia e non c’è mai abbastanza uguaglianza e libertà. L’accusa delle donne infelici è: “Tu non mi ami abbastanza e allora io non ti amo come vorrei perché sono delusa”, l’accusa dei militanti per una giusta causa è: “Voi non sete abbastanza onesti e rispettosi dei diritti degli altri e ci costringete a una critica costante, a una opposizione estenuante.” A volta le donne vedono nella politica un mezzo per avere l’amore, a volte gli uomini vedono nell’amore il riconoscimento del loro potere. Una donna onesta sa fare a meno dell’amore, un politico realista fa a meno della democrazia, chi si affida a Dio impara a rinunciare tanto all’amore che alla democrazia, sperando che ci sarà un tempo per ogni cosa.

 

TRADIMENTO E SCIOGLIMENTO

La soluzione più rapida è che sia chi ha tradito ad abbandonare il campo, quella più semplice che abbandoni chi è stato tradito. A volte tutto avviene in maniera rapida e semplice e sarebbe troppo bello se nessuno ne soffrisse: via il dente, previa anestesia, e via il dolore. Ma non di rado il tutto si svolge in modo troppo lento e complicato: ci sono di mezzo i sentimenti, a volte i figli, le famiglie, le amicizie, gli interessi, i patrimoni, le tradizioni, le fedi, le comunità, gli impegni, le consuetudini e le abitudini. A volte si sono già dette troppe bugie o fatte troppe promesse per far venir fuori la verità dei fatti, a volte si vorrebbe tornare indietro, ma indietro non si torna. Le colpe possono venir equamente distribuite, non escludendo parenti e affini, valorizzando i vissuti infantili e le coincidenze, il patrimonio può venir diviso, i turni con i figli stabiliti, i rimorsi dimenticati, le scuse valorizzate, le aggravanti bilanciate con le attenuanti. Poi tutto in qualche modo si sistema, perché si vive una volta sola e nella vita non c’è il tempo per replicare né le tragedie, né le commedie.

 

RANCORE

La vita è breve e non c’è il tempo per replicare né le tragedie, né le commedie: questo sarebbe vero se non esistessero i teatri interiori, ove si recitano infinite volte le stesse pièce. È il rancore a pagare il biglietto per l’unico spettatore, che è anche regista e attore protagonista. La trama l’ha suggerita il destino, aiutato dal caso (rispettivamente Ananke e Tiche, se avete una cultura classica sufficiente ad allestire una tragedia greca), ma la motivazione per rivivere all’infinito la stessa storia è che finalmente tutto è visto nell’ottica del protagonista, al quale nessuno può più rubare la scena. Nessuno è un eroe per il proprio cameriere e nessun cameriere è abbastanza insignificante perché il rancore non lo elegga a protagonista delle proprie vicende, suggerendogli vendette del tutto immaginarie. In una bella canzone siciliana è Cristo in croce che esorta il servo a cessare di lamentarsi per prendere il bastone e tirare fuori i denti, poi Malarazza è stata riscritta in modo politicamente corretto e, per quanto mi costi ammetterlo, la seconda versione è meno plausibile, ma molto più aderente al messaggio del Vangelo.

 

DEMOCRAZIA, ANCHE NO

Oggi sembra che la cosa più importante sia la democrazia: dovremmo averne di più e dovrebbero averne anche i paesi totalitari. Ai nostri tempi volevamo la libertà, ma era la libertà sessuale, il nostro era un mondo di musica, contestazione, erba, la Cina era vicina (figuriamoci oggi) e l’India ci calamitava, ma non ci saremmo mai sognati di auspicare che sulle rive del Gange ci fosse più equità sociale, ci affascinava il misticismo e non avremmo mai sacrificato le vacche sacre per risolvere il problema della fame nel mondo. Viaggiavamo con zaini e sacchi a pelo e avremmo cambiato il mondo, odiavamo la democrazia americana, che mandava i ragazzi a morire in Vietnam e non volevamo assomigliare ai nostri genitori, che votavano Democrazia Cristiana. Il nostro mondo non è diventato migliore perché non simo riusciti a liberarci di lei, di questa benedetta e insostituibile democrazia.

 

MADONNA NERA

Ho cominciato a notare la cosa nella sala d’attesa del mio ambulatorio: le madri nere tenevano in grembo bambini di pochi mesi, senza sorreggerli e io, avvicinandomi per intervenire e salvare il piccolo da una caduta, constatavo che la creaturina era in grado di mantenere l’equilibrio senza nessun aiuto, standosene sveglia e tranquilla. La curiosità ha ampliato il mio campo di osservazione e tutti i bimbi neri che ho incontrato si sono comportati allo stesso modo. Non ho organizzato alcuna sperimentazione, quindi non ho esperienza di bimbi neri sulle ginocchia di donne bianche, mentre ho fatto alcune constatazioni, analizzando un buon numero di filmini che inquadrano lattanti figli di amici. Oggi non si riprende più il piccolo in braccio a un familiare, come nelle fotografie d’altri tempi: lui gattona, striscia, cammina barcollando, si arrampica, a volte si divincola allontanandosi da chi vorrebbe offrire un suo primo piano alla telecamera. Per vedere un figlio in braccio a sua madre bisogna andare in chiesa o nei musei. Ho avuto invece un’esperienza di adorazione mistica al cospetto di un neonato bianchissimo, di origine nordica, affidato alla sua tata africana, nera, che più nera non sarebbe stato possibile. Lui dormiva sereno, nella perfetta armonia di un abbandono profondo. Ho così compreso il fascino della Madonna Nera: accanto a Lei nessun bambino ha più motivo di avere paura del buio.

 

In alto immagine della Madonna nera del soccorso, con in braccio un Gesù bambino bianco. venerata a S. Severo in provincia di Foggia

Category: Culture e Religioni, Dibattiti, Libri e librerie

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