Miguel Angel Garcia: Argentina. 2. Il tempo dei Kirchner
Pubblichiamo il secondo articolo di Miguel Angel Garcia sulla storia dell’Argentina: 2. Il tempo dei Kirchner
I governi, come gli alberi, si giudicano dai loro frutti. Il periodo 2003-2015, nel quale governarono Néstor Kirchner y Cristina Fernández de Kirchner, ebbe i seguenti risultati:
– La disoccupazione si ridusse da 20,4% a 7,5% (In Italia, nello stesso periodo, aumentò da 3,4% a 13,6%);
– Furono incorporati 6 milioni di lavoratori all’impiego con contratto in bianco e tutti i diritti, e riaperte le paritarie per la discusione dei contratti collettivi di lavoro;
– I pensionati passarono da 3 a 6 milioni, e poi a 7,6 milioni; furono incorporati anche gli ex lavoratori precari, che avevano contributi incompleti; la copertura pensionistica si estese dal 66,1% delle persone di più di 60 anni al 95,0%;
– La partecipazione dei lavoratori nel PIL passò da 31,9% (2005) a 51,4% (2013) (In Italia nello stesso periodo cadde da 62% a 55%).
– L’indice di Gini migliorò spettacolarmente, da 0,479 a 0,127. Non solo ci fu un forte aumento dei salari, degli ingressi dei lavoratori autonomi, delle pensioni, ma anche un intervento articolato e ambizioso per prosciugare la palude della marginalità. Prima con sovvenzioni di emergenza, e investimenti in salute e in educazione, poi con interventi permanenti, come le sovvenzioni per figlio alle famiglie povere (esteso poi alle donne in maternità) a cambio di obblighi di vaccinazione e di educazione. Si sommano le sovvenzioni per finanziare lo studio di giovani, il ritorno all’educazione pubblica universale e gratuita, con finanziamento adeguato, i prestiti agevolati per costruire o migliorare la casa, e tanti altri piani sociali.
– L’educazione ebbe particolare attenzione. Il finanziamento crebbe fino a 6,3% del PIL, più del doppio della spesa militare. Furono costruite o ristrutturate migliaia di nuove scuole; tra altre misure di equipaggiamento furono distribuiti 4,8 milioni di computer a studenti e docenti. Questi ultimi ricuperarono e superarono i livelli salariali precedenti alla dittatura e il menemismo, di nuovo sono parte della classe media.
Sarebbe molto lungo dettagliare gli interventi pubblici nel sociale dei governi Kirchner, torneremo su questo. Il tema è che una politica che richiede investimenti e spese è stata fatta, non con il classico indebitamento, ma con una riduzione del debito pubblico da 139% del PIL a 37,9% (nello stesso periodo in Italia passò da 103,9% a 122,5%).
Mi dicono che è “populismo”, e non so bene cosa significa. Ho il sospetto che vogliono dire semplicemente che “populisti” sono quelli che, invece dei piani di austerità e tagli da loro raccomandati, procedono a favorire il popolo dei poveri, dei disoccupati, dei lavoratori precarizzati. Quelli che invece di dare i soldi alle banche che hanno sperperato i loro capitali nel casinò della finanza mundializzata, gli investono per aumentare la ricchezza e distribuirla meglio.
Il “populismo” in azione
Il populismo storico fu un coraggioso movimento antizarista in Russia (i narodniki), che ebbe figure della taglia di Chernichevski, Lopatin e Vera Zasulich, scrittori come Dostoievski, poeti e artisti. Nei suoi inizi, a metà del secolo XIX, teorizzò una via russa al socialismo per mezzo di comunità contadine organizzate e cooperative che affascinò non poco a Karl Marx. Ai tempi di Vera Zasulich aveva evoluzionato assai avvicinandosi al socialismo occidentale. Nelle sue file c’erano militanti come il fratello di Lenin.
È visibile che i punti di contatto con il peronismo di sinistra argentino sono a dir poco scarsi. In Argentina quasi non c’erano contadini e meno ancora autocrazie zariste, semmai c’erano dittatori militari a metà nazisti e neoliberali. Il primo governo di Juan Domingo Perón, più che con el concetto di populismo, può essere meglio capito con alcune categorie gramsciane come la rivoluzione passiva e le riforme dall’alto. Ma nel 1955 l’esperimento fu dramaticamente bloccato da un colpo di Stato militare, e poi proscritto fino al 1973. In quelli anni si sviluppò nel paese un potente movimento giovanile contro le ricorrenti dittature militari, costituito da studenti e attivisti operai di sinistra, molto influenziato dai movimenti antirazzisti e pacifisti negli USA e dal 68 francese.
Tutto il movimento condannava la proscrizione del peronismo, ma una parte faceva ciò con tanto entusiasmo da incorporarsi alle sue file. Nacque così il peronismo di sinistra, a metà tra social-cristianesimo alla Giovanni XXIII e marxismo. Incluso un filone terrorista rivoluzionario, i Montoneros.
Perón, ritornato al paese grazie alla loro lotta, decise di liberarsi dagli attivisti di sinistra e dal loro “socialismo nazionale” mobilitando la destra peronista, con il suo segretario López Rega come grande organizzatore. Questi creò l’AAA, che assassinò centinaia di intellettuali, avvocati e attivisti politici. Lo scontro ebbe il suo punto culminante nella piazza capeggiata da Perón della quale i giovani furono espulsi con l’epiteto di “imberbes” (imitazione forse consapevole del discorso di De Gaulle del 68 contro i giovani). In quel momento iniziò la epurazione e la persecuzione che avrebbero sboccato nella dittatura militare assassina del 1976.
Da allora non c’è stato un unico peronismo, ma come minimo due. Nelle elezioni del ritorno alla democrazia la sinistra peronista votò in massa Raúl Alfonsín, il che distrusse la manovra continuista dei militari con il peronismo di destra e il suo candidato Italo Luder. Negli anni 90 la sinistra peronista fu l’anima dell’opposizione al regime (peronista neoliberale) di Carlos Menem. Dall’altra parte del quadrante politico ce ne sono forti correnti peroniste nei due partiti oppositori di destra; nel Massismo quasi tutti, nel Macrismo l’importante corrente diretta da Ritondo e Santilli. Il peronismo non è un soggetto politico, ma un’orizzonte storico che ognuno interpreta come vuole.
L’inizio del kirchnerismo
Dopo la fuga aerea del presidente De la Rúa ci furono altri quattro presidenti nominati dal parlamento in rapida successione. Si trovavano uno Stato con le casse vuote e un debito enorme, un paese in rovine, la popolazione disperata, senza nessuna fiducia nella classe politica, e in parte in aperta ribellione. Uno dei fugaci presidenti, Adolfo Rodríguez Saá, dichiarò il default del debito estero, per trovarsi inmediatamente dopo senza un progetto o idea sul da farsi. Si dimise. Altro del gruppo, Eduardo Duhalde (peronista di destra) non trovò di meglio che reprimere violentemente le proteste. La reazione all’assassinio a freddo di due attivisti “piqueteros” segnò la sua fine.
Nel 2003 decisero di indire elezioni anticipate. Duhalde, governatore della ricca provincia di Buenos Aires, non voleva lasciare il posto sicuro per una presidenza che più traballante non poteva essere. Sostuvo dunque la candidatura del governatore di Santa Cruz, Néstor Kirchner, che doveva essere, se vinceva, un presidente debole e fungibile come i predecesori. Kirchner vinse con il 22% dei voti, sconosciuto dai più, avversato da chi vedeva in lui l’ennesimo politico traditore e innetto.
Procedette a guadagnare la fiducia degli argentini, attraverso una successione di alleanze. Con il movimento dei Diritti Umani, e in particolare con le Madri e Nonne della piazza di Maggio. Obbligò al generale direttore della Scuola Militare a rimuovere il ritratto del dittatore Videla, pubblicamente e in persona. Annullò l’amnistia dichiarata da Menem, e sostenne attivamente le centinaia di nuove cause aperte. Tolse alla Marina la proprietà della Scuola dell’Armata, dove furono torturati, violati e assassinati migliaia di “desaparecidos”, e la consegnò al movimento per i Diritti umani.
Con i “piqueteros”. Ordinò che fosse sospesa ogni repressione al movimento, e mobilitò ministri e sottosegretari per raccogliere le denuncie e procedere alla negoziazione con le organizzazioni e alla soluzione dei problemi. Finanzió le attività dei piqueteros nei quartieri più colpiti dalla crisi, in particolare le mense gratuite, la distribuzione di vestiti e altri beni di prima necessità, le fabbriche occupate e le imprese produttive artigianali. Considerò che gli attivisti che realizzavano queste iniziative meritavano una retribuzione: i piani “Trabajar” (lavorare), che esistevano già, ma erano gestiti dai Comuni con criteri clientelari. Una parte delle organizzazioni, di matrice trotskista, continuò a fare l’opposizione al governo, non senza intascare i sussidi, ma la maggioranza diventò alleata del kirchnerismo, o s’incorporò alle sue file.
Convocò tutti i partiti a partecipare nell’impresa di far uscire l’Argentina dalla crisi, con risposta positiva da una folta corrente del Partito Radicale, quasi tutti i militanti dell’ex Partito Intransigente e l’adesione di numerosi gruppi di matrice marxista, tra cui il Partito Comunista Congresso Extraordinario, che ereditò le strutture del vecchio Partito Comunista, inclusa la potente rete di cooperative; c’è anche la minoranza del Partito Socialista. Gli intellettuali di sinistra succesivamente riuniti nel movimento Carta Abierta, più altri accademici, scrittori e artisti a titolo individuale, colsero la novità con entusiasmo.
Il candidato “balneare” che doveva tenere in caldo la presidenza per il peronismo di destra aveva causato una rivoluzione politica, e creato quasi dal nulla un nuovo partito maggioritario, il Fronte per la Vittoria (FPV), su posizioni nettamente di centro-sinistra. Gli europei che vivono adesso un rovesciamento simile del sistema politico possono capirlo.
I Kirchner hanno superato la sfiducia delle masse nella politica, e dato una nuova credibilità alle istituzioni, perché hanno fatto quel che avevano promesso di fare, e perché i risultati sono stati quelli che voleva la maggioranza. L’esatto contrario di quanto recentemente raccomandava ai greci Schultz, presidente del Parlamento UE, in una intervista a Der Spiegel: “Gli elettori greci devono essere realistici. Le promesse elettorali vengono mantenute raramente e non ci sono elefanti rosa che sanno suonare la tromba”. Sembra che gli animaletti, quando esistono, suonano la tromba molto bene, almeno in Argentina.
Il partito Giustizialista
L’Argentina, come tutti i maggiori paesi americani, ha un regime presidenziale e federale. Le due cose sono complementarie, e vanno insieme. La presidenza è eletta direttamente, ed ha un notevole potere, ma non riesce a fare molto senza il sostegno dei governatori delle Province, che hanno i propri Parlamenti, polizia, sistema giudiziario, leggi, tasse, la proprietà del sottosuolo, ecc.
Il secondo fronte di Néstor Kirchner fu quindi la negoziazione di alleanze con i governatori non schierati con la destra, in maggioranza “Peronisti Federali” ed esponenti di partiti locali. Lo strumento di questa iniziativa fu il mezzo distrutto partito Giustizialista, che riuscì ad egemonizzare con l’aiuto dei sindacalisti del trasporto, dei “duhaldisti” che si affrettarono ad aderire al nuovo lider in ascesa (tra cui l’allora ministro di Economia Lavagna) e di alcuni governatori amici o semplicemente abituati a correre in ausilio del vincitore.
La destra peronista scelse la via dell’Aventino, che abbandonò solo per partecipare alle infinite campagne dell’opposizione contro il governo, organizzate dal gruppo monopolico dei media Clarín e dai servizi di intelligenza.
L’economia
Kirchner lanciò la sua amministrazione su un doppio binario: da una parte la rinegoziazione del debito estero e il pago inmediato dei prestiti del FMI e della Banca Mondiale, per evitare interferenze. Dall’altra un forte stimolo della domanda interna, non solo per ragioni di equità, ma anche per riattivare l’industria. La crisi aveva lasciato una forte capacità di produzione inutilizzata; la crescita tumultuosa della domanda interna stimolò l’industria e quindi l’occupazione. La maggiore occupazione aumentò la domanda, in un circolo virtuoso.
La crescita economica che ne risulta diminuì il peso del debito sul PIL, il che rese sempre più possibile pagarlo. La signora Merkel dovrebbe capire un concetto tanto semplice. Niente di nuovo: è il capitalismo degli Stati del Benessere, come teorizzato da Keynes. Non è stata una politica “ingenua”: il governo è stato assessorato dalla corrente keynesiana fondata da Raúl Prebisch negli anni 30 (gruppo Fenix ed altri), e da figure internazionali come Joseph Stiglitz, Paul Krugman e Michel Camdessus.
Nel biennio 2008-9 questa politica ebbe una sconfitta della quale uscì finalmente trionfante, ma polarizzò la società tra kirchneristi e antikirchneristi. Tra il 2010 e il 2015 c’è stata almeno una offensiva oppositrice all’anno, generalmente molto violenta, con i media concentrati, parte del establishment e una cangiante amalgama tra servizi segreti nazionali ed esteri, delinquenti della finanza internazionale e resti della corporazione giudiziaria legata alla dittatura militare.
Il kirchnerismo eccelle nella controffensiva, e in genere nell’avversità. Ognuno di questi assalti oppositori fu l’occasione di nuove misure progressiste di governo nel sociale, nei diritti civili, nell’economia. Ma vedremo questi sviluppi nel terzo e ultimo pezzo di questa serie.
Segue: 3. l’invenzione del kirchnerismo
Category: Osservatorio America Latina