Cristina Sánchez P. : Il cammino verso la vita civile delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC)
La vignetta fi Matador è stata pubblicata da El Tiempo 2 marzo 2017 con il titolo “L’ottimismo della pace”
Il primo marzo scorso è stato un giorno storico per i colombiani. Dopo un lungo periodo di negoziati la guerriglia attiva più antica dell’America Latina, Le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, FARC, fondata nel 1965, ha detto addio alle armi, cominciando in questa maniera la prima fase del periodo di “postconflitto” che ora il paese sudamericano ipotizza. Il 30% delle armi di questo gruppo è stato recapitato ai commissari dell’ONU che si incontrano nelle zone protette destinate a ricevere un massimo di 7000 guerriglieri. Un altro 30% sarà consegnato il prossimo primo maggio e il 40% restante sarà recapitato nel mese di giugno.
Il trasporto di tutti i membri di questo gruppo armato verso le zone speciali ha causato una grande aspettativa all’interno della popolazione colombiana. In totale sono 23 zone di concentrazione ove vivranno temporaneamente i membri delle FARC (vedi mappa). Questi territori sono stati stabiliti come parte dei negoziati eseguiti a La Habana, Cuba. Durante gli stessi è stata istituita l’esistenza di una zona protetta in cui sono giunti i guerriglieri per iniziare il loro processo di abbandono delle armi e di integrazione alla vita civile. Il tempo in cui rimarranno in questi luoghi sarà utilizzato per la loro formazione e il sostegno verso la nuova vita che si apprestano a cominciare
Ubicazione delle zone di concentrazione delle FARC nel territorio Colombiano. Fonte: Revista Semana, Numero 31 del 2017
Il presidente della repubblica Juan Manuel Santos comprende che il processo è lungo e complesso ma si mantiene ottimista, e al riguardo dice: “Chi se lo sarebbe immaginato (…) le FARC coi loro fucili che camminano verso queste zone per consegnarsi alle Nazioni Unite? Questo è un qualcosa di straordinario che il mondo sta vedendo e applaudendo ” . In realtà questo ottimismo non è esagerato, il governo di Santos è riuscito a fare ciò che per 52 anni altri governi hanno tentato di raggiungere con mezzi differenti. Solo per rinfrescare la memoria, la prima negoziazione tra il governo colombiano e le FARC accadde durante gli anni ’80.
Durante la presidenza di Belisario Betancur (1982-1986), fu sollevata la possibilità della rinuncia alle armi e dell’integrazione alla vita civile per mezzo di un movimento politico denominato “Unione Patriottica”.
Ciò nonostante, durante questo processo, fattori come la crescita dei cartelli del narcotraffico, con l’ormai mediatico Pablo Escobar alla sua testa, e la formazione e il rafforzamento dei gruppi paramilitari, posero le loro mire su questo movimento politico e in generale sulle aspirazioni alla pace. Il resultato fu fatidico: migliaia di membri scomparsi e assassinati dell’Unione Patriottica, in una chiara dimostrazione di intolleranza per l’opposizione politica e lo scontro tra i differenti soggetti armati (guerriglia, narcotrafficanti, paramilitari e esercito), in un periodo storico che è stato battezzato “guerra sporca”.
Successivamente, durante il governo di Andrés Pastrana (1998-2002), furono compiuti nuovi avvicinamenti alle FARC. In questa occasione si determinò l’adozione di una zona demilitarizzata, battezzata “zona de despeje” in cui le FARC conservavano l’autonomia. Il contesto politico fu complesso, in più gli alti comandi militari si opposero all’esistenza di questa zona; inoltre non si ottenne mai un effettivo cessate il fuoco tra le parti del conflitto. Alla fine del governo di Pastrana non era stata firmata la pace e, al contrario, i fronti delle FARC si erano moltiplicati e rinforzati, essendo presenti in molte zone del paese.
Dopo una guerra frontale e intollerante intrapresa dal governo successivo, quello di Álvaro Uribe Vélez (2002-2010), le possibilità di ottenere un ravvicinamento con questo gruppo armato era molto remota. Ciò nonostante il nuovo governo assunto da Juan Manuel Santos espresse officialmente la volontà di ricominciare un processo di negoziazione con la guerriglia delle FARC, tentando di “non commettere gli stessi errori del passato”.
In Colombia il cammino verso la pace non è stato facile, la firma degli accordi con le FARC ha dato speranza a molti abitanti del paese. Eppure, non manca molto, l’implementazione di tutti i punti degli accordi dovrà continuare con i governi successivi e il fatto che ci sia un settore politico importante che non è d’accordo con questo processo e che tenterà di rimandarlo indietro non è un segreto. D’altra parte continua ad esistere un’altra guerriglia, l’Esercito di Liberazione Nazionale, ELN, che ha mostrato una certa volontà di dialogare ed è possibile che i ravvicinamenti ufficiali inizino quest’anno.
Il panorama político colombiano continua ad essere un paesaggio complesso, ma l’immagine di migliaia di guerriglieri che si trasferivano verso le zone di concentrazione con la volontà di consegnare le armi e cominciare una nuova vita dà speranza alle nuove generazioni che già non dovranno crescere con il marchio della guerra. Ora che si comincia a percorrere il cammino del postconflitto, è importante che i colombiani appoggino il processo di pacificazione e di perdono. Inevitabilmente le elezioni presidenziali che cominciano a profilarsi tenderanno ad assumere una posizione chiara verso questa nuova situazione, e per cinque decadi il discorso centrale dei candidati si è focalizzato sul progettare “cosa fare” con le FARC. Ora che “è già stato fatto” qualcosa con loro, gli abitanti restano in attesa rispetto a ciò che accadrà al paese.
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