Mario Agostinelli: “Seminare o strappare?” .Una serata su una terrazza di Chiavari
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“SEMINARE O STRAPPARE?”: UNA SERATA SU UNA TERRAZZA DI CHIAVARI.
Per Inchiesta on line
Questa volta racconto di un’iniziativa che ho avuto la fortuna di vivacizzare prendendo parte ad una discussione organizzata su una splendida terrazza a fianco della cupola della chiesa di San Giovanni a Chiavari. La vista è incantevole: alle spalle le colline ormai blu che contornato un cielo prima celeste e poi viola, quando cominciamo a stagliarsi i pianeti più opachi e le stelle più scintillanti.
Ero invitato dal parroco locale che sta provando a intrecciare diversi percorsi sotto l’evocazione “dell’umano”, non inteso come genere a sé e tantomeno come insieme di individualità, ma come prodotto di un universo che da 14 miliardi di anni – dal Big Bang – evolve in una continua cosmogenesi, si scompone, si ricompone. fino ad essere osservato ed a comunicare da quando è nata la vita sul Pianeta.
Se la durata dell’Universo fosse paragonata ad una Yarda, cioè la lunghezza di una corda che Enrico I tendeva dalla punta del proprio naso all’unghia del proprio pollice in cima al braccio destro davanti al suo viso, la permanenza del genere umano equivarrebbe solo ad una limatina dell’unghia protesa.
Eppure, siamo in una fase storica – l’Antropocene – in cui l’insignificante “limatina” ad opera di una specie vivente che si considera dominante – potrebbe cambiare la termodinamica della Terra e, quindi, modificare fino a porre fine alla biosfera che abita e regola il clima dove sopravviviamo.
Niente di più allarmante e, contemporaneamente, di più teso alla speranza che discutere di questo paradosso, di fronte ad un mare placido e silenzioso e alla vista dall’alto di pochi passanti sotto i portici di pietra antica della cittadina ligure. Per di più, tra ragazze, ragazzi ed adulti che distanziavano le loro sedie, questa volta respirando finalmente all’aperto. Straordinaria mi era subito sembrata la sintonia tra l’ambiente e il tema, già arricchito in una chiacchierata con don Paolo di fronte a un piatto di pansotti al sugo di noce per ricordarmi che la pandemia ha creato assai più poveri vicino al mare, ha fatto rientrare dall’Argentina emigranti liguri ormi indigenti ma con case decorosissime costruite con le rimesse d’oltremare e destinate fino ad un anno fa’ all’affitto dei turisti milanesi. Rimpatri degni di un cambio d’era – se ci si pensa – con famiglie liguri che parlano spagnolo che si ritrovano a mangiare la domenica con gli homeless alla mensa della basilica, dove ristoratori africani servono portate di pesce a gente che in Sud America abitava a migliaia di chilometri di distanza.
Ad una simile serata ero tanto impreparato quanto preso da stupore, mentre la sensazione di intergenerazionalità, di fraternità e di che “Niente di questo mondo ci
risulta indifferente” – il libro che veniva presentato – risultava palpabile fuori di ogni retorica, in una serata in cui umanità e natura si sentivano amici.
Ora provo a riportare le parole di introduzione all’incontro, perché mi sembrano “belle”, oltre che profonde. Sono frasi composte dal parroco, don Paolo, che ha introdotto un colloquio spontaneo, mentre su una tavola illuminata veniva composto un dipinto rappresentativo delle frasi e dei sentimenti scambiati.
“Il titolo che avremmo pensato per discutere al tramonto di una giornata sulle rive liguri è il seguente: Essere generativi: seminare o strappare?
Generativi sono quegli uomini e quelle donne che hanno un approccio con la vita che non è quello del mero consumo, ma del germoglio. Con la propria vita far germogliare altra vita: per questo uomini e donne che vivono una libertà responsabile.
Generativi sono quegli uomini e quelle donne che raggiungendo una soddisfazione personale contemporaneamente arricchiscono un contesto sociale.
Generativi sono quegli uomini e quelle donne che il bene comune lo pensano come qualcosa da lasciare aperto e accessibile anche a coloro che vengono dopo.
Generare, infatti, è qualità dell’età adulta che però posseggono già profeticamente le bimbe, i bimbi, le fanciulle ed i fanciulli, anche se la trattengono in serbo, imparando poco per volta. Tempo di vita in cui ci si preoccupa di creare e accompagnare una nuova generazione. Altrimenti il rischio è di essere adulti la cui vita è stagnante, chiusa in sé stessa, rimanendo in una condizione di permanente adolescenza.
Generativi sono quegli uomini e quelle donne che si compromettono con il mondo, non per accettarlo così com’è, ma per cambiarlo, dal basso, dall’interno, un po’ per volta. Ciascuno cominciando da quel pezzetto di mondo che gli è stato affidato. Qui, insieme, proviamo ad aiutarci ad approfondire quanto iniziato. Abbiamo letto e commentato il libro “Niente di questo mondo ci risulta indifferente”, per cui all’interno dello svolgimento del tema, proveremo a fare riferimento anche al testo.
Il colloquio a più voci sarà affiancato da due giovani artisti (pittori) locali, che tenteranno attraverso la propria arte di sviluppare lo stesso tema. Mentre parleremo, loro saranno impegnati nella creazione di un loro quadro che poi illustreranno al pubblico. La “location” in cui ci troviamo è quella di una terrazza, molto ampia, al quinto piano del centro sociale di proprietà della parrocchia di cui sono responsabile. La serata è così luminosa che non rimpiangeremo di vedere insieme tramontare il sole e sorgere le stelle.”
Bellissimo, no?
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