Gli Operai e il Presidente
Un gruppo di venti (20) operai sta camminando lungo le strade di Francia in una marcia di protesta contro la chiusura degli altiforni delle storiche acciaierie Arcelor Mittal. Arriveranno a Parigi il 6 aprile, sotto la Tour Eiffel, dove alle 19 troveranno a accoglierli una festa concerto per il lavoro con tra l’altro gli Zebda, una band di Tolosa molto nota e assai di sinistra. Sembrano una entità trascurabile venti operai tra le tante manifestazioni di protesta, eppure il Presidente candidato UMP Sarkozy li ha pesantemente attaccati. Più precisamente si è riferito ai sindacalisti della CFDT (più o meno la CISL francese), accusandoli tra l’altro di “tradire la fiducia dei salariati, di essere andati a insultarlo e a cercare di devastare il suo quartier generale di campagna”. Il candidato UMP si riferisce a una manifestazione di circa 200 operai che il 15 marzo erano arrivati nella capitale in pullman fino al suo quartier generale di campagna, accolti da una salva di lacrimogeni praticamente a freddo, oltre alle manganellate di rito. Un attacco più o meno simile Sarkozy aveva fatto qualche tempo fa contro la CGT (grosso modo l’equivalente della CGIL). Tra l’altro gli iscritti al sindacato sono circa l’8% sul totale della forza lavoro impiegata, quindi sulla carta molto pochi. Però all’Arcelor il 93% dei lavoratori ha partecipato alle elezioni per i rappresentanti aziendali, e CGT, CFDT, FO, le tre principali confederazioni, hanno ottenuto il 75% dei voti. Questo è vero in molte aziende, a poche tessere corrispondono spesso una grande affluenza alle elezioni dei delegati aziendali, e una diretta partecipazione di massa alle iniziative di lotta. Ma tornando al Presidente uscente, chiediamoci perché usa un linguaggio tanto aggressivo, passi contro la CGT, “comunista” e “anticapitalista”, ma anche contro la CFDT, il sindacato della cogestione per antonomasia (mi perdonino i militanti CFDT per questa definizione un po’ schematica, lo riconosco). Concorrono più ragioni. Una è insita nella natura dell’uomo e della sua concezione del potere, che non prevede la partecipazione attiva ai processi sociali politici e decisionali dei cosidetti “corpi sociali intermedi”, dalle associazioni dei cittadini per i diritti alle organizzazioni dei lavoratori. In ogni occasione Sarkozy manifesta insofferenza, e per un verso o per l’altro tende a ridurli a gusci vuoti, se fosse per lui a cancellarli sic et simpliciter, salvo forse le associazioni caritative. Si tratta di una tendenza autoritaria che, se venisse rieletto ottenendo un secondo e ultimo mandato, probabilmente il nostro cercherebbe di portare a compimento, non più tenuto a freno dalla necessità di confrontarsi con l’elettorato. A tal punto è manifesta questa tendenza autoritaria che Le Monde del 2 Aprile ha pubblicato con molto rilievo un appello a piena pagina titolato “La République doit résister”. Appello firmato da tre notissimi resistenti, tra cui Stephane Hessel, l’autore di “Indignez-vous”, il libro che ha dato il nome al movimento degli indignati di mezzo mondo. In secondo luogo Sarkozy non dimentica che il suo basso gradimento tra i cittadini francesi, e quindi la sua possibile sconfitta, è dovuto alle lotte guidate dai sindacati, e durate mesi, contro la controriforma delle pensioni, assai più che all’iniziativa politica dei partiti della sinistra. Terzo quando cominciò la crisi di Arcelor Sarkozy impegnò la sua parola e la sua autorità, promettendo che avrebbe trovato una soluzione socialmente accettabile, e che comunque avrebbe evitato la chiusura degli altiforni. Ovvero gli operai dell’Arcelor in marcia su Parigi, sotto la Tour Eiffel, monumento dell’eccellenza francese nella metallurgia, sono la rappresentazione carnale del fallimento della politica presidenziale nel campo economico e sociale. Una rappresentazione che potrebbe diventare un simbolo ben oltre gli operai dell’Arcelor. Insomma quei venti operai possono essere il classico granello di sabbia capace di inceppare il motore della macchina da guerra costruita e messa in moto dalla destra, nel tentativo di vincere una elezione che in partenza pareva persa. Terzo punto che spiega l’aggressività sarkoziana verso i sindacati, è il fatto che in modo sempre più insistente i padroni francesi, in linea con quelli di tutta Europa, chiedono una controriforma del mercato del lavoro, nel senso della “flessibilità” cosidetta e della riduzione dei diritti sociali nonché del potere sindacale. Per dirla con la domanda retorica del segretario della CGT Thibault: cosa resterebbe del codice del lavoro e dei contratti collettivi se Nicolas Sarkozy dovesse essere rieletto? Infine c’è una percepibile tensione se non spavento tra la borghesia conservatrice per la crescita di Jean-Luc Mélenchon, il candidato del Fronte di Sinistra, tanto che il presidente dell’associazione padronale francese Medef ha detto “Mélenchon è molto più l’erede di una forma di Terrore che l’erede dei più bei valori della Rivoluzione”. Senza tema di esagerazione né del ridicolo.
(da e-il mensileonline di Emergency)
Category: Lavoro e Sindacato