Giovanni Mottura: Vittorio Rieser e l’inchiesta

| 4 Luglio 2014 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da “Inchiesta” 184 aprile-giugno 2014

 

Nell’intero arco della sua esistenza, dagli anni del liceo fino praticamente alla morte che l’ha colto la notte del 22 maggio, il nome di Vittorio Rieser  – per gli amici, i colleghi, i compagni del sindacato e delle organizzazioni politiche, gli operai e gli studenti che l’hanno conosciuto e hanno avuto occasione di collaborare con lui – è stato soprattutto collegato alla coerenza ed alla passione con le quali ha instancabilmente insistito sull’importanza e la centralità dell’inchiesta nell’azione politica anticapitalistica.

Coerenza, passione e fervida intelligenza che Vittorio non si è limitato a tradurre in saggi, articoli, rapporti o interventi in convegni o congressi, ma che ne hanno guidato tutte le scelte, anche le più personali, riguardanti l’organizzazione e la conduzione della propria vita. Giustamente, nell’intervento pubblicato sul Manifesto, Bianca Beccalli ricorda in proposito il patrimonio di “talenti” intellettuali e culturali di cui Vittorio disponeva e che metteva a disposizione di compagni e amici, traducendolo in arricchimento della capacità e voglia comunicativa che le sue doti di autoironia e ironia mai aggressiva depuravano da qualsiasi ostentazione.

Ho ricordato altrove il commento di un amico e compagno catalano, negli anni ’70 dirigente di una organizzazione comunista a Barcellona; “Quando parli con Vittorio Rieser, te ne vai sempre sentendoti più intelligente”. Nessuno di quei “talenti” è stato dunque sepolto. ma nessuno è stato investito a fini di auto affermazione né per realizzare carriere di prestigio prospettabili realisticamente (Bianca Beccalli cita quelle di storico e di musicista o musicologo), né – una volta imboccata la strada scelta per sé – per ottenere o consolidare ruoli influenti o di leadership che in diversi momenti o passaggi del suo percorso politico, riconoscendone il grado e il livello di impegno le straordinarie capacità intellettuali, avrebbero potuto essergli riconosciute.

Ricordando gli anni della nostra comune formazione e intensa frequentazione così come Vittorio stesso li ha rievocati in un convegno sulle esperienze italiane di inchiesta sociale [1], sono più volte ritornato sulla convinzione che sia esistito uno stretto legame – quasi una predestinazione – fra quelle capacità e quel gusto di comunicare mettendo sempre a frutto (e in gioco) tutti i suoi talenti (cioè quello che lui era) e la centralità che ha assunto nella sua vita e nelle sue riflessioni l’attività di inchiesta.

Convinzione che è uscita rafforzata dagli interventi che –  fra i molti fatti da amici e compagni alla riunione di ricordo presso la Camera del Lavoro di Torino –  penso sarebbero piaciuti particolarmente a Vittorio: di operai che hanno ricordato gli incontri e le relazioni con lui (ad una porta di Mirafiori, presso una lega del sindacato, in un’osteria, in casa sua o altrove in contesti di festa, di gioco o di lavoro) come occasioni di arricchimento personale, in alcuni casi nonostante ragioni o momenti di disaccordo politico.

Perché attività di inchiesta (o il “metodo di inchiesta”, come lo chiamavamo appunto negli anni della formazione) non ha significato per Vittorio soltanto produrre conoscenza, ma produrre o riprodurre costantemente, in ogni contesto e livello dell’impegno politico per cambiare questa società (ricordo una nostra riflessione sulla parola cinese “fanshen” in apparenza così meno radicalmente “escatologica” di “rivoluzione”), rapporti di attenzione, fiducia e reale scambio tra compagni ma soprattutto con i soggetti sociali a cui si fa riferimento. Ancora in un recente incontro su “Lavoro Trasformazioni Soggettività” organizzato a Torino dalla Fondazione Sabattini, Vittorio ha ribadito con decisione quella posizione come riferimento essenziale – in questa fase di forti trasformazioni che hanno messo in crisi sul terreno sociale modelli già consolidati di rappresentanza – per un bilancio efficace dell’azione organizzativa, contrattuale e rivendicativa del sindacato in contesti produttivi e sociali già profondamente modificati nel corso dell’ultimo trentennio e in situazioni ulteriormente aggravate dall’esplosione e dal perdurare di una grave crisi economica.

“Il soggetto dell’azione sindacale sono i lavoratori –  esordisce in quell’occasione Rieser –  ma questa affermazione, pure politicamente fondamentale e apparentemente chiara, non è risolutiva. I lavoratori non si presentano, in termini immediati, come un soggetto compatto ed esplicito che indica la linea da seguire ad un sindacato strumento. C’è una complessa interazione attraverso cui il sindacato (o determinate formazioni politiche) sono parte attiva nel far emergere i lavoratori come soggetto, (…) Ci sono fasi in cui il sindacato opera una selezione e sintesi efficaci delle esigenze dei lavoratori, in cui questi si riconoscono e che diviene così lo strumento attraverso il quale i lavoratori agiscono come soggetto; e altre fasi in cui (per le ragioni più varie) questo rapporto si allenta e l’azione del sindacato si autonomizza dai lavoratori: il sindacato, come organizzazione burocratica, diviene così il soggetto vero dell’azione sindacale”.

E infine, al termine d’una acuta analisi delle esperienze del sindacato italiano negli anni ’70, dei cambiamenti intervenuti nella fase post fordista e degli effetti della crisi sul mercato del lavoro e sulle condizioni dei lavoratori, conclude l’intervento sottolineando con forza la necessità di “un lungo impegno di ricostruzione conoscitiva” che favorisca il recupero, da parte del sindacato, di una capacità di intervento contrattuale sulla prestazione di lavoro. Ricostruzione conoscitiva – chiarisce – “che non sia però affidata a qualche indagine sociologica (da presentare in pompa magna, pubblicare e mettere nel cassetto) ma veda i lavoratori interessati come protagonisti diretti, in un percorso che intrecci la costruzione di conoscenza con la sperimentazione contrattuale. Se i lavoratori devono affermarsi come soggetto, ciò vale anche per il campo della conoscenza”[2].

L’impostazione di questo intervento implica, evidentemente, il definitivo superamento della concezione del sindacato come “cinghia di trasmissione” verso i lavoratori di analisi, decisioni di ordine tattico e strategico, obiettivi, fissati dagli organismi dirigenti di un partito politico detentore  della coscienza di classe. In altri termini, implica un esercizio di piena autonomia e responsabilità del sindacato.

Ma questo non può condurre – argomenta lo stesso Vittorio in una nota recente ripubblicata in questo numero di Inchiesta dal significativo titolo “Riflessioni senili a ruota libera per crisi del capitalismo e crisi della sinistra” – a condividere la tendenza a “scaricare sul sindacato i compiti che l’assenza di organizzazioni politiche di classe lascia scoperti”.

La conclusione di quella nota – che ha un tono certo non serioso, ma di un succinto e lucido messaggio testamentario indirizzato ai giovani compagni – merita di essere almeno in parte riportata: “Beh, e allora? Mi sembra che sia ormai fin troppo chiaro che fra le ipotesi che non considero superate c’è la vecchia, cara idea senza partito, niente rivoluzione. Ma chi farà il partito, come lo farà, che tipo di organizzazione sarà, questi sono interrogativi a cui il nostro vecchio bagaglio (e l’attuale livello di analisi della situazione di classe) non sono in grado di rispondere se non con alcune avvertenza negativa”. Tali avvertenze sono riassumibili in una sola frase: di certo l’organizzazione politica anti-capitalistica non nascerà dai rimasugli di organizzazioni passate che oggi si aggirano per la sinistra (in tutti i paesi europei).

Beh e allora, Vittorio? Forse saresti d’accordo se a questo punto mi viene naturale concludere questa nota citando un episodio che hai raccontato al convegno già ricordato sull’inchiesta sociale, e che consideravi a ragione come un momento di verifica e allo stesso tempo di ridefinizione dell’ipotesi di lavoro politico che ci aveva guidati nel nostro percorso giovanile di ricerca, dalla partecipazione alle inchieste di Danilo Dolci tra i disoccupati palermitani e i braccianti e i contadini della Sicilia occidentale, all’inchiesta tra gli operai colpiti dalle pratiche di discriminazioni politica alla FIAT, allo sviluppo di molteplici contatti e iniziative d’inchiesta tra i lavoratori di fabbriche della città (Torino) e della provincia, in contatto in particolare con la 1a e la 4a lega Fiom e con altre federazioni di categoria della Camera del Lavoro torinese.

“Nel frattempo – hai ricordato – arriva a Torino Raniero Panzieri (…) e si comincia a parlare del progetto di Quaderni Rossi. Raniero vede nel nostro lavoro col sindacato un elemento importante come base di partenza ma pone subito il problema della FIAT. Noi gli ribattiamo che nelle fabbriche dove operiamo col  sindacato ci sono spunti ed elementi di lotta, ma alla FIAT no, non sapremmo da dove partire. “Con un’inchiesta”, è l’immediata risposta di Raniero”.

 


 

 


[1] L’inchiesta sociale in Italia, a cura di Enrico Pugliese, ed. Carocci, Roma 2008

[2] Claudio Sabattini. Autonomia sociale, conflitto, democrazia, a cura di Luca Romaniello e Riccardo Terzi, ed. Libertà S.p.A., Roma 2014

 

Category: Lavoro e Sindacato, Vittorio Rieser e la rivista"Inchiesta"

About Giovanni Mottura: Giovanni Mottura. Valdese. Nato a Torino nel 1937. Ha insegnato Sociologia del lavoro all'Università di Modena. Ha svolto attività di inchiesta sulla condizione operaia e la ripresa delle lotte sindacali a Torino e sulla disoccupazione e le condizioni di vita e di lavoro di braccianti e contadini nella Sicilia occidentale e successivamente in Campania. Dagli anni '80 ad oggi si è occupato soprattutto , come ricercatore e operatore, dei nuovi processi migratori infra europei e verso l'Europa. Su tutte queste tematiche ha pubblicato libri ed .ha collaborato con Quaderni Rossi, Gioventù Evangelica, Problemi del socialismo, Quaderni Piacentini, Inchiesta, Community Development, Rivista Storica del Socialismo, La Questione Agraria. Ha fondato e diretto Agricoltura e Società. Nell'ultimo decennio ha collaborato come coordinatore alla redazione del rapporto Immigrazione e Sindacato dell'Osservatorio sull'immigrazione dell'IRES nazionale.

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.