Francesco Indovina: L’impresa di Landini appare disperata
Diffondiamo da il Diario di Francesco Indovina del 6 marzo 2015
Avevo già scritto che Landini mi sembrava l’unica speranza per la ricostruzione della sinistra; pensavo che avesse carisma, intelligenza e volontà. Lo penso ancora, ma da alcuni giorni mi domando quali dovrebbero essere i punti forti di un programma in modo da mobilitare gli arrabbiati, i timidi e i distratti. Devo confessare che mentre le parole sono facili la loro declinazione mi pare difficile (impossibile?).
So per certo che un concetto di sinistra sia l’eguaglianza, non parlo ovviamente di un livello unico di situazione economica/sociale, ma almeno la definizione di un ventaglio di posizioni che permetta alla situazione meno ricca una vita piena e soddisfacente, e che la posizione più ricca non possa che essere un multiplo ragionevole della meno ricca (diciamo cinque/otto volte?). Mi sembrerebbe questa una proposta molto attrattiva, per una fascia ampia, molto ampia, della popolazione.
So per certo che un concetto di sinistra sia un’equa distribuzione dell’occupazione, che non vuol dire solo la piena occupazione, ma anche una distribuzione dei periodi di lavoro e di non lavoro (retribuiti) diversi da quelli imposti dall’attuale sistema. Che so, per esempio (ma si possono trovare nuovi modi): lavorare da 20 a 30 anni, non lavorare da 30 a 40, lavorare da 40 a 50, non lavorare da 50 a 60, lavorare ancora, secondo i tipi di lavoro, da 60 a 70, ed essere impegnato successivamente in attività di servizio civile. Credo che un’ampia fascia della popolazione sarebbe d’accordo.
So per certo che un concetto di sinistra sia un’istruzione generale ampia e laica per tutti, il che vorrebbe dire una scuola pubblica gratuita per tutti obbligatoria fino alla scuola superiore e facoltativa per l’università. Sta in quest’ambito la scuola per l’infanzia adeguata al numero dei bambini. Forse anche questa potrebbe essere una proposizione di successo.
So per certo che è un concetto di sinistra l’eguaglianza dei diritti di cittadinanza, che cioè tutte le persone che abitano in una paese godano degli stessi diritti. Questo forse è un concetto di minor successo dei precedenti.
È ancora di sinistra la libertà, declinata in religiosa, culturale, dell’informazione, ecc. Non credo si manifestino a questo proposito opposizioni.
Potrei continuare con la salute, l’ambiente, le città, la liberta sulla nascita e la morte, la libertà sessuale, la pace, la sicurezza, la moneta, ecc. ecc.
Insomma una serie di concetti di buon senso che facilmente potrebbero diventare di senso comune. Ma allora?
Il problema mi pare si ponga non appena da queste proposizioni di senso comune si passa alle trasformazioni che l’affermarsi di questi concetti di senso comune presupporrebbero. Per esempio la gestione tecnica e manageriale delle imprese e non più capitalistica; la riduzione della proprietà privata; un sistema fiscale fortemente progressivo (ed efficiente); l’eliminazione dell’economia finanziaria; l’eliminazione di ogni forma di eridarietà (che non fosse di natura affettiva); la riduzione dei consumi opulenti; ecc. ecc.
Ammesso che esistessero le forze per affermare tutto ciò, questo è possibile in un paese solo? Tutto questo è possibile senza una forte organizzazione politica?
L’impresa di Landini, ammessa a che avesse questi connotati, appare disperata, ma non si può restare inermi e apatici. In questa polarità si gioca la tragedia e la speranza della politica ai nostri giorni. La “battaglia culturale” (come si diceva un tempo) appare fondamentale per dare corpo a questo possibile senso comune, e un ruolo fondamentale lo gioca lo svelare la verità, mettere in chiaro gli inganni del nostro tempo, le mistificazioni ideologiche, le false promesse e gli stereotipi consolatori. Il legame internazionale appare una necessità.
Il capitalismo marcisce, nonostante le grandi affermazione di soluzione della crisi, e rischiamo di marcire con lui.
La guerra è sempre più una costante, morte, violenza, distruzione, e noi insieme.
Non si può stare immobili, non si può pensare di essere fuori. Non si può essere inattivi e apatici.
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