E’ morto Zygmunt Bauman, filosofo della società liquida
Sono stati pubblicati su www.inchiesta on line molti interventi di Zygmunt Bauman (cliccare sul suo nome per individuarli e leggerli) . Per ricordarlo iniziamo con il riportare alcuni interventi
1. Intervento di Antonello Guerrera da www. repubblica.it del 9 gennaio 2017
E’ morto oggi il filosofo e sociologo polacco Zygmunt Bauman, all’età di 91 anni. La notizia è stata data dal quotidiano Gazeta Wyborcza. Con la sua morte, se ne va uno dei massimi intellettuali contemporanei, tra i più prolifici e attivi fino agli ultimi momenti della sua vita.
La società liquida. Bauman, nato a Poznan in Polonia nel 1925, viveva e insegnava da tempo a Leeds, in Inghilterra, ed era noto in tutto il mondo per essere il teorico della postmodernità e della cosiddetta “società liquida”, che ha spiegato in uno specifico ciclo della sua produzione saggistica, dall'”amore liquido” alla “vita liquida”. Per Bauman, infatti, il tessuto della società contemporanea, sociale e politico, era “liquido”, cioè sfuggente a ogni categorizzazione del secolo scorso e quindi inafferrabile. Questo a causa della globalizzazione, delle dinamiche consumistiche, del crollo delle ideologie che nella postmodernità hanno causato uno spaesamento dell’individuo e quindi la sua esposizione brutale alle spinte, ai cambiamenti e alle “violenze” della società contemporanea dell’incertezza, che spesso portano a omologazioni collettive immediate e a volte inspiegabili per esorcizzare la “solitudine del cittadino globale”, come si chiama uno dei suoi lavori più celebri.
L’accoglienza e i migranti. Un altro tema fondamentale del pensiero di Bauman, uno degli intellettuali più aperti al confronto umano e all’interazione con la viva realtà, era il rapporto con “l’altro” e dunque anche con lo straniero. Soprattutto durante le ultime crisi migratorie che hanno coinvolto l’Europa dopo le primavere arabe e la guerra civile in Siria, Bauman è stato sempre un intellettuale in prima linea a favore dell’accoglienza dei profughi e dei migranti scappati dall’orrore. Detestava la nuova Europa dei muri e del razzismo, nuova perversione della società contemporanea spaventata dalla perdita di un benessere fragile e anonimo e preda di un “demone della paura” sempre più ingombrante. Fondamentale, in questo senso, è stato il suo “Stranieri alle porte” (ed. Laterza). “Un giorno Lampedusa, un altro Calais, l’altro ancora la Macedonia”, notava in una recente intervista a Repubblica. “Ieri l’Austria, oggi la Libia. Che ‘notizie’ ci attendono domani? Ogni giorno incombe una nuova tragedia di rara insensibilità e cecità morale. Sono tutti segnali: stiamo precipitando, in maniera graduale ma inarrestabile, in una sorta di stanchezza della catastrofe”.
“La terra desolata”. A questo proposito, Bauman aggiungeva: “Questi migranti, non per scelta ma per atroce destino, ci ricordano quanto vulnerabili siano le nostre vite e il nostro benessere. Purtroppo è nell’istinto umano addossare la colpa alle vittime delle sventure del mondo. E così, anche se siamo assolutamente impotenti a imbrigliare queste estreme dinamiche della globalizzazione, ci riduciamo a scaricare la nostra rabbia su quelli che arrivano, per alleviare la nostra umiliante incapacità di resistere alla precarietà della nostra società. E nel frattempo alcuni politici o aspiranti tali, il cui unico pensiero sono i voti che prenderanno alle prossime elezioni, continuano a speculare su queste ansie collettive, nonostante sappiano benissimo che non potranno mai mantenere le loro promesse. Ma una cosa è certa: costruire muri al posto di ponti e chiudersi in ‘stanze insonorizzate’ non porterà ad altro che a una terra desolata, di separazione reciproca, che aggraverà soltanto i problemi”.
Dalla Shoah al consumismo. Di origini ebraiche, Bauman difatti si salvò dalla persecuzione nazista scappando in Unione Sovietica nel 1939, dove si avvicinò all’ideologia marxista. Dopo la guerra tornò in Polonia, dove studiò sociologia all’Università di Varsavia laureandosi in pochi anni per poi trasferirsi in Inghilterra, dove ha insegnato per decenni e formulato le sue principali teorie sociologiche e filosofiche, come il rapporto tra modernità e totalitarismo, con riferimento alla Shoah (“Modernità e Olocausto”, ed. Mulino), la critica al negazionismo e il passaggio contemporaneo dalla “società dei produttori” alla “società dei consumatori” che ha indebolito anche gioie e soddisfazioni, in una realtà sempre più vacua. Sopravvissuto proprio all’Olocausto, Bauman nel tempo non ha lesinato critiche nei confronti del governo israeliano di Netanyahu e della politica dell’occupazione di parte della Cisgiordania, mossa per Bauman suicida per Israele e che, secondo l’intellettuale polacco, non avrebbe mai portato alla pace in Medioriente.
In Italia. Una delle ultime apparizioni pubbliche in Italia di Bauman è stata ad Assisi lo scorso settembre nell’ambito di un incontro interreligioso per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dai frati della località umbra, dove tra l’altro era presente anche Papa Francesco. Anche allora, Bauman parlò della necessità del “dialogo” come la via per l’integrazione tra i popoli: “Papa Francesco”, ricordò, “dice che questo dialogo deve esser al centro dell’educazione nelle nostre scuole, per dare strumenti per risolvere conflitti in maniera diversa da come siamo abituati a fare”.
La sfera pubblica. Bauman ha scritto frequentemente per La Repubblica e l’Espresso, e ha accettato l’invito del festival “La Repubblica delle Idee” a Napoli, dove nel 2014 ha tenuto un dialogo pubblico con l’allora direttore di Repubblica Ezio Mauro. Proprio con Ezio Mauro, Bauman ha scritto di recente “Babel” (edito da Laterza, come la stragrande maggioranza dei suoi libri), un saggio-dialogo sulla contemporaneità, la globalizzazione, la crisi della società e della politica dei tempi nostri.
2. Intervento da Il Fatto Quotidiano del 9 gennaio 2017
Zygmunt Bauman, uno dei più importanti e prolifici sociologi europei del secondo Novecento, è morto a 91 anni nella sua casa di Leeds, in Inghilterra, circondato dalla sua famiglia. E’ a Leeds che è stato accolto dal 1971 al 1990 come professore di sociologia e poi tenuto a “battesimo” nei suoi studi divenuti saggi letti e discussi a livello popolare dai primi anni Novanta fino ai giorni nostri. Il pensatore di origine polacca, fuggito in Russia prima dello sterminio ebraico da parte dei nazisti, in cinquant’anni di ricerche e analisi ha esplorato i temi della fluidità identitariadell’individuo nel mondo moderno, l’Olocausto, la globalizzazione, e negli ultimi tempi Internet e il populismo. Famoso per aver costruito un approccio sociologico che incorpora la filosofia e altre discipline umanistiche, Bauman è stato una sorta di voce “morale” per le classi meno abbienti, i poveri e dimenticati in quel mondo rovesciato dalla globalizzazione del post ’89. Più di 50 i libri scritti a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Tra questi hanno avuto particolare fortuna a livello di divulgazione nella cultura anglosassone Modernità e Olocausto (1989), mentre nei paesi mediterranei del sud Europa, e in Italia in particolar modo grazie all’intuizione dell’editore Laterza, tutta la serie derivante dall’ipotesi concettuale della “modernità liquida”.
Bauman è nato il 19 novembre del 1925 a Poznan, in Polonia, da una famiglia ebreo-polacca che aveva sofferto la miseria e l’antisemitismo, condizioni socio-economiche che hanno sviluppato nel giovane Bauman una posizione politica incline alla giustizia sociale attraverso il pensiero comunista. Anni fa in un’intervista parlò di come acquisì questa convinzione politica nel momento in cui da piccolo venne preso a calci al parco dai bambini non ebrei e come il padre “uomo dall’onestà impeccabile” dovette subire “umiliazioni su umiliazioni dai suoi capi per sfamare la sua famiglia”. Nel 1939 a nemmeno 14 anni quando la Germania invase la Polonia, fuggì in Unione Sovietica. Bauman ancora adolescente si unì subito ad una unità dell’esercito polacco sotto il comando sovietico, guadagnandosi la croce di guerra al Valor Militare per il suo coraggio. Dopo la guerra divenne perfino maggiore dell’esercito polacco ma nel 1953 fu licenziato dal suo lavoro nell’esercito probabilmente per le sua origine ebraica. All’Università di Varsavia studiò sociologia e psicologia e lì ha iniziò ad insegnare fino al 1968 quando l’ennesima purga del regime sovietico antisemita lo colpì in modo diretto. Bauman assieme alla sua famiglia viene espulso dal paese, e nonostante le sue posizioni non fossero rigorosamente vicine alla retorica dello stato di Israele(recentemente ha ricordato come “il muro di Gerusalemme avesse lo stesso significato del Ghetto di Varsavia”) visse e insegnò negli atenei di Tel Aviv e Haifa tra il 1969 e il 1971, prima di stabilirsi con la famiglia in Gran Bretagna, a Leeds, dove dai primi anni Novanta ha pubblicato quasi un libro all’anno e lì è rimasto fino alla sua morte.
Dopo essersi dedicato principalmente al pensiero gramsciano e di Georg Simmel, nel 1989 con Memoria e Olocausto ribalta l’assunto di molti studiosi che videro nella barbarie dell’Olocausto una rottura della modernità, sostenendo invece che lo sterminio di massa degli ebrei era invece proprio l’esito di questa modernità fatta di industrializzazione e razionalizzazione burocratica. “E’ stato il mondo razionale della civiltà moderna che ha reso l’Olocausto pensabile”, scrisse nel suo saggio. Nel 1990 Bauman ha coniato il termine “modernità liquida” per descrivere un mondo contemporaneo in cui gli individui vengono privati delle loro radici e delle sicurezze materiali, spinti ad adattarsi freneticamente al flusso indistinto del gruppo pena l’esclusione sociale. Ed è proprio nell’accostarsi ai concetti di globalizzazione e consumismo che Bauman legge l’evoluzione della società, dopo la caduta delle ideologie dominanti della Guerra Fredda, dimostrando come l’esclusione sociale non sia più dovuta all’impossibilità dell’individuo di acquistare l’essenziale per vivere, ma nel suo non poter continuare ad acquistare per sentirsi parte di questa modernità. E’ la frustrazione dell’individuo consumatore, felice intuizione che poi declinerà anche in testi più sociologicamente arditi come Amore Liquido e Gli usi postmoderni del sesso, e che lo renderanno estremamente popolare. Bauman ha comunque avuto il merito sia di creare un antidoto al pensiero globale proprio al tempo della “terza via” economico politica e nella caduta delle ideologie anticapitaliste, come quello di sdoganare la figura del sociologo facendola diventare ruolo accessibile e comprensibile nel suo ragionare di fronte alle grandi masse soprattutto in occasioni mondane divulgative, tra cui il Festival della filosofia di Modena.
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