Alice nel paese delle meraviglie e una torta con 150 candeline

| 4 Luglio 2015 | Comments (0)

 

Il 4 luglio si celebra in tutto il mondo l’Alice Day perché il 4 luglio del 1863 fu il giorno in cui Carroll ebbe l’idea per scrivere Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. Accadde durante una gita in barca compiuta vicino a Oxford, in Gran Bretagna, con tre bambine: Lorina, Edith e Alice. Fu proprio quest’ultima, che allora aveva dieci anni, a ispirare all’autore la celebre  storia ambientata nel “paese delle meraviglie”. Il libro uscì  due anni dopo nel 1865 e quest’anno ricorrono 150 anni da quella data. Per celebrare la ricorrenza, la Royal Mail ha rilasciato un’edizione speciale di dieci francobolli dedicati al libro, illustrati da Grahame Baker-Smith. Ogni lettrice e lettore ha una sua edizione favorita basata sulla combinazione immagini/traduzione/a cura di. La mia è quella del 2010 nella Bur de Luxe con le annotazioni a margine del grande appassionato di giochi matematici Martin Gardner, la traduzione di Masolino D’Amico e le Illustrazioni di Sir John Tenniel e per celebrare i 150 anni questa edizione è stata ristampata dalla Rizzoli sempre nella collana Bur De Luxe. La consiglio vivamente a chi non l’abbia ancora nella propria biblioteca ricordando una delle  tante “magiche” annotazioni di Gardner:

Il numero 42 aveva un significato speciale per Carroll. Il primo libro di Alice aveva 42 illustrazioni. Nella prefazione di Carroll a The Hunting of the Snark è citata un’importante regola nautica, la regola 42, e nella Fitta I, stanza 7, il Fornaio sale a bordo con 42 scatole accuratamente imballate. Nella sua poesia Phantasmagoria, canto I, stanza 16, Carroll dice di avere 42 anni, benché all’epoca ne avesse cinque di meno. In Attraverso lo specchio il Re Bianco manda 4207 cavalli e uomini a rimettere a posto Humpty Dumpt, e 7 è un fattore di 42. […] Per una ulteriore numerologia sul 42 – nella vita di Carroll, nella BIbbia, nel canone di Sherlock Holmes, e altrove – vedi il quarantaduesimo numero di “Bandersnatch”, il bollettino della Lewis Carroll Society d’Inghilterra (pubblicato nel gennaio 1942 + 42). […] Nel popolare romanzo di fantascienza di Douglas Adams Guida Galattica per Autostoppisti si dice che 42 sia la risposta alla “Domanda Definitiva sul Tutto”.

Per celebrare questo libro straordinario vengono diffusi alcuni testi invitando chi legge www.inchiestaonline.it a inviarci delle segnalazioni .

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1. Antonio Gurrado  Le traduzioni di Alice in Italia

da www.il foglio.it dell’11 luglio 2015

 

I misteri dell’editoria non sono le cabale congetturate dietro le quinte dello Strega ma le impalpabili circostanze che mutano il senso di un catalogo. Ad esempio: in questi giorni, centocinquant’anni fa, veniva pubblicato “Alice nel Paese delle Meraviglie” e l’anniversario trova Rizzoli prontissima con due uscite simultanee: un’edizione d’arte fuori collana e una che inaugura i Classici Bur Deluxe. Teoricamente il libro è lo stesso: il titolo coincide e la traduzione è sempre quella magistrale di Masolino D’Amico. I dubbi sorgono riguardo all’autore. Sull’edizione d’arte risalta il nome di Rébecca Dautremer promossa da illustratrice a coautrice, vista la preponderanza dell’apparato iconografico; quanto alla Bur Deluxe, si tratta dell’edizione nostrana di “The Annotated Alice” (Norton) il cui autore è Martin Gardner. Il libro è stato scritto più da lui che da Carroll, in effetti, sia per la dimensione delle note che fagocitano il testo (sei pagine per spiegare la poesia “Jabberwocky”, tutte necessarie) sia perché l’opera è talmente celebre che un lettore di media cultura può anche leggere solo il paratesto ricavandone erudizione e diletto più che sufficienti. Rizzoli smercia due Alici insieme perché con gli autori cambia il senso dell’opera: una serve a chi vuol vedere, l’altra a chi vuol capire. Sembrano uguali ma sono due libri diversi.

La questione dell’autore di Alice è intricatissima e Rizzoli è la casa che l’ha resa meglio attraverso lo specchio di varie edizioni che anziché soppiantarsi si sono affiancate mescolandosi. E’ un caleidoscopio editoriale. La prima Alice italiana risale al 1966, con la traduzione di Tommaso Giglio che è rimasta di riferimento fino al 2010, quando si verificò il primo sdoppiamento: questo vecchio testo fu mantenuto a supporto delle nuove illustrazioni di Anne Herbauts per la prima infanzia ma contemporaneamente l’innovativa versione di D’Amico (già apparsa nel 2006 nella raccolta “Il mondo di Alice”) accompagnò le tradizionalissime xilografie di John Tenniel che decoravano l’edizione inglese del 1865. Come se non bastasse, nel 2013 Bur rilevò da Feltrinelli la traduzione che Aldo Busi aveva originariamente curato per Mondadori, altrettanto bella ma diversissima: D’Amico si scatena sui nonsense, Busi su calembour come “larvato consiglio di un bruco”. Così annoveriamo sette diverse Alici griffate Rizzoli.

Le prime parole di Alice sono: “A cosa serve un libro senza figure?”. Infatti la scelta dell’illustratore è altrettanto dirimente. Tenniel lavorava gomito a gomito con Carroll, al punto da influenzarlo nella trama e fargli sopprimere episodi che non riusciva a disegnare. Il personaggio del Cavaliere Bianco, unanimemente identificato in Carroll dalla critica, fu disegnato da Tenniel con le proprie fattezze per dire che si riteneva autore anche lui. Carroll stesso inventò le edizioni plurime del capolavoro, giungendo all’eccesso di far pubblicare una “Nursery Alice” in cui il testo fu rimaneggiato e tagliato affinché venissero ingrandite e colorate tutte le illustrazioni di Tenniel. Inoltre immaginando Alice ci viene in mente una ragazzina dai lunghi capelli biondi, sembiante che la Disney ha ripreso dalla prima edizione e che sull’ultima copertina della versione di Busi Iacopo Bruno rende con venature manga e fenicottero al petto. Se però guardiamo Alice Pleasance Liddell, la ragazzina che ispirò Carroll, notiamo che ha il caschetto nero esattamente come l’Alice melanconica e visionaria della Dautremer.

Il mistero è che questo gioco editoriale sembra condotto apposta da un appassionato di Alice allusivo e colto per scatenare eruditi e curiosi prolungando di un secolo e mezzo le sottili ambiguità principiate dall’autore; se non che, a quanto la Rizzoli ha dichiarato al Foglio, non è frutto di un disegno ma del lavoro parallelo di redazioni indipendenti, ciascuna delle quali ha voluto perseguire la propria Alice ideale e diversa, ricreando sdoppiamenti e gemmazioni che Lewis Carroll non avrebbe saputo imbastire meglio. Così Rizzoli ha reso un gran servizio a un classico: far sì che il lettore non lo trovi scontato ma, davanti ad Alice, come il bruco sia portato a chiedere “Cosa essere tu?”.

 

 

2.  Alice trova “al di là dello specchio”  Jabberwocky: l’inferno del traduttore

Il libro in alto è uscito nel 2010 nella Edizione Orecchio Acerbo, illustrazioni di Rafael Urwiller, traduzione di Masolino d’Amico

da prìncipi & prinpi del 9 settembre 2012

Jabberwocky è forse la poesia nonsensical più famosa della letteratura inglese.
Alice la trova ‘al di là dello specchio’ e, mentre la storia che racconta ci appare istintivamente chiara, le parole che la compongono sono, per noi, così fuori di senso da risultare di interpretazione assolutamente e definitivamente ostica. D’altronde lo dichiara la stessa Alice:

– Sembra bella ma è piuttosto diffìcile a capire! (Come vedete, non confessava neanche a se stessa che non poteva comprenderla.) Però mi pare che mi riempia la testa d’idee… Soltanto non so di che idee si tratti. Certo qualcuno uccise qualche cosa: comunque sia questo è chiarissimo…

-Jabberwocky : il testo inglese

‘Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

Beware the Jabberwock, my son!
The jaws that bite, the claws that catch!
Beware the Jubjub bird, and shun
The frumious Bandersnatch!

He took his vorpal sword in hand:
Long time the manxome foe he sought
So rested he by the Tumtum tree,
And stood awhile in thought.

And, as in uffish thought he sstood,
The Jabberwock, with eyes of flame,
Came whiffling through the tulgey wood,
And burbled as it came!

One, two! One, two! And through and through
The vorpal blade went snicker-snack!
He left it dead, and with its head
He went galumphing back.

And hast thou slain the Jabberwock?
Come to my arms, my beamish boy!
O frabjous day! Callooh! Callay!
He chortled in his joy.

‘Twas brillig, and the slithy toves
Did gyre and gimble in the wabe;
All mimsy were the borogoves,
And the mome raths outgrabe.

 

 

-Le spiegazioni date da Humpty Dumpty
In Attraverso lo specchio, è Humpty Dumpty ad avventurarsi in una spiegazione ‘letterale’ della prima strofa del nonsense. Il brano è riportato nella traduzione di Silvio Spaventa Filippi.
– Sentiamola, – disse Humpty Dumpty. – Io posso spiegare tutte le poesie che sono state scritte… e molte che non sono state scritte ancora.
Questo sonava molto attraente, e Alice ripetè la prima strofa:

S’era a cocce e i ligli tarri

girtrellavan nel pischetto,
tutti losci i cincinarri
suffuggiavan longe stetto.

– Basta per cominciare, – interruppe Humpty Dumpty: – qui vi sono molte parole difficili. “Cocce” significa le dieci della mattina, l’ora in cui si comincia a cuocere i cibi per la colazione.
– Bene, – disse Alice, – e “ligli”?
– Ligli significa agile e limaccioso.“Li” è lo stesso che “attivo”. Due significati in una parola sola.
– Ora comprendo, – osservò Alice pensosa, – e che sono i “tarri?”
– “Tarri” sono degli esseri simili ai tassi… alle lucertole… e ai cavaturaccioli.
– Che creature strane che debbono essere!
– Sì, – disse Humpty Dumpty, – e fanno i nidi sotto le meridiane e vivono di formaggio.
– E che vuol dire “girtrellare”?
– Girtrellare vuol dire ruotare come un giroscopio e far buchi come un trapano.
– E il pischetto?
– La zolla d’erba intorno alla meridiana. È detta pischetto perché si espande un po’ innanzi e un po’ dietro la meridiana…
– E un po’ da ogni lato, – aggiunse Alice.
– Appunto. “Losci” poi vuol dire deboli e miserabili (ecco un’altra parola con due significati… come un portamonete con due tasche). E “cincinnarro” è un uccellino con le piume piantate come
aculei intorno intorno al corpo; una specie di strofinaccio vivo.
– E “suffuggiare”? Mi dispiace di darvi tanto disturbo.
– Vuol dire qualche cosa tra muggire e fischiare, con una specie di starnuto in mezzo: però tu lo sentirai fare… nel bosco laggiù, forse; e quando l’avrai sentito, sarai contenta. “Longe stetto.” Non
ne sono certo, ma mi pare voglia dire lontano senza tetto. Stetto, senza tetto… per dire che avevan smarrita la strada. Chi è che t’ha ripetuto tutto questo brano difficilissimo?

-La traduzione fatta da Spaventa Filippi primo direttore del Corriere dei piccoli
Giabervocco

 

S’era a cocce e i ligli tarri
girtrellavan nel pischetto,
tutti losci i cencinarri
suffuggiavan longe stetto.

Figlio attento al Giabervocco:
ha gli artigli ed ha le zanne,
ed attento, attento al Tocco,
e disprezza il frumio Stranne!

Egli prese in man la spada,
da gran tempo lo cercava,
e sull’albero di nada
in pensiero riposava.

Mentre stava sì in pensiero
ecco il Giabervocco appare
per il bosco artugio e fiero
tutte alunche fiamme pare.

Uno e due! Ecco che fa
l’itra spada zacche, zacche.
L’erpa testa ei lascia, e va
galonfando pel pirracche.

“Hai ucciso il Giabervocco!
Vieni, figlio, che t’abbracci,
vieni, figlio, al bardelocco
dei dì lieti di limacci!”

S’era a cocce e i ligli tarri
girtrellavan nel pischetto,
tutti losci i cencinarri
suffuggiavan longe stetto.

(traduzione di Silvio Spaventa Filippi)

3.  Cathy Newman: Alice 150 anni di meraviglie

National Geographic Italia  2 luglio 2015

Era il 4 luglio del 1862 quando, in un momento di pura magia, Charles Lutwidge Dodgson – un timido matematico che scriveva con lo pseudonimo di Lewis Carroll, inventò la storia di una bambina che finisce nel Paese delle Meraviglie inseguendo un coniglio bianco.

Alice, l’eroina di questa saga bizzarra, cresce e rimpicciolisce; incontra la frenetica lepre marzolina, la terribile Regina di Cuori, un bruco che fuma e finisce a bere il tè con il Cappellaio Matto. Tutte queste avventure finirono in un libro, Alice’s Adventures Underground(Le avventure di Alice sotto terra), poi diventato Alice nel Paese delle Meraviglie, di cui questa settimana ricorrono i 150 dalla pubblicazione.

Dodgson adorava i bambini, in particolare una bambina dallo sguardo intenso di nome Alice. Fu per farle piacere che creò il Paese delle Meraviglie cambiando per sempre il paesaggio dell’infanzia.

Eppure, Dodgson sembrava il personaggio più inadatto a creare un luogo meraviglioso. Studioso di matematica, autore di libri di logica, mai sposato e profondamente religioso, lasciò l’Inghilterra solo una volta per un giro del Continente, e trascorse quel periodo visitando cattedrali. La sua immaginazione però balzava oltre i confini del sogno e della veglia.

Quando è cominciato il Paese delle Meraviglie? Il pensiero corre a una stanza colma di libri rilegati in pelle, fredda e buia, tranne che al tardo mattino, qundo il sole entra tingendo d’oro ogni cosa. È l’ufficio della biblioteca del Christ Church College, a Oxford (nella foto), dalla cui finestra il vice bibliotecario Dodgson vide le giovani figlie del rettore Henry Liddell giocare nel giardino.

Erano Edith, Lorina, e Alice, la più giovane, una bimba di tre anni con la frangetta e gli occhi pensierosi. Lui si prendeva cura delle bambine, le invitava per il tè, e raccontava loro delle storie. Molti anni dopo, quando Alice era ormai sposata, Dogson le disse di aver frequentato decine di bambini da quando lei era cresciuta; ma erano stati “tutta un’altra cosa”.

Nei pomeriggi d’estate Dodgson, in abito di flanella bianca e cappello di paglia, assieme a un collega, il reverendo Robinson Duckworth, accompagnava le ragazze a Folly Bridge, prendeva una barca a remi, e navigava controcorrente sull’Isis River, come veniva chiamato questo tratto del Tamigi. le storie si susseguivano, una dopo l’altra, e l’eroina era sempre Alice.

La bambina (nella foto, ritratta da Dogson nel 1860) lo pregò di scriverle. Per farla contenta, acconsentì, e due anni e mezzo dopo, nel natale del 1864, Dodgson le diede un quaderno rilegato il pelle verde scuro, scritto e illustrato a mano, intitolato Alice’s Adventures Under Ground.

Incoraggiato dagli amici, ampliò e arricchì la storia. Nel 1865, con il titolo di Alice’s Adventures in Wonderland (Alice nel Paese delle Meraviglie), venne pubblicata da Macmillan con le illustrazioni di Sir John Tenniel. Vendette 160.000 copie e gli procurò una notevole agiatezza, tanto che chiese al Christ Church di ridurre il su stipendio.

 

Nel 1928, Alice Liddell vendette il manoscritto originale per 15.400 sterline a un collezionista americano, il quale lo rivendette sei mesi dopo per 150.000 dollari. Nel 1946, venne messo di nuovo all’asta. Questa volta fu acquistato da Luther Evans, direttore dalla Biblioteca del Congresso, per 50.000 dollari: i mercanti di libri antichi, conoscendo le sue intenzioni, avevano tenuto volutamente basse le offerte, in modo da permettergli di acquistarlo con i fondi offerti dai bibliofili americani.

Nel 1948 Evans salpò alla volta dell’Inghilterra e restituì lo smilzo volumetto al popolo britannico in segno di “piccolo omaggio per aver tenuto a bada Hitler mentre ci preparavamo a entrare in guerra”. Ora è conservato al British Museum, che di recente lo ha prestato alla Morgan Library di New York per la mostra “Alice: 150 Years of Wonderland”, che si concluderà l’11 ottobre 2015.

 

Tradotto in oltre 50 lingue – dall’arabo allo zulu – e illustrato da artisti come Dalì e Disney, Alice è stato musicato, rappresentato al cinema e a teatro, fatto oggetto di approfondite analisi. Analizzare Alice? Tanto vale dissezionare una bolla di sapone.

 

Nel passare attraverso la tana del coniglio, o in qualunque reame nella geografia dell’immaginazione, è meglio farsi accompagnare da un bambino. I bambini sanno come seguire il proprio cuore; noi lo abbiamo dimenticato.

Charles Lutwidge Dodgson non lo dimenticò mai; in un certo senso, non diventò mai grande. Preferì, potremmo dire, diventare piccolo.

Morì di polmonite a 65 anni nella casa nel Surrey dove viveva col le sorelle nubili. Il dottore, nel discendere la scala per annunciare la sua dipartita, disse loro: “Quanto sembra giovane vostro fratello!”.


Category: Arte e Poesia, Editoriali, Libri e librerie, Storia della scienza e filosofia

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

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