Bruno Amoroso è morto a 80 anni a Copenhagen. Ha valutato da intruso l’economia internazionale
Bruno Amoroso è nato a Roma l’11 dicembre del 1936 ed è morto a Copenhagen il 20 gennaio 2017. Ho ricevuto la notizia della morte di Bruno da poche ore attraverso una mail di Riccardo Petrella a cui aveva scritto Luca Ghibelli che stava con Bruno a Copenhagen. Avevo sentito per telefono Bruno due settimane fa perché avevo ricevuto il suo libro Memorie di un intruso (Castelvecchi Editore 2016) e per diffonderlo su www.inchiestaonline.it , come ho sempre fatto con i suoi libri, gli avevo chiesto se poteva inviarmi in word l’introduzione oppure l’epilogo. Per telefono Bruno mi diceva che la sua salute era relativamente stabile ma che non poteva spostarsi da Copenhagen perché aveva sempre bisogno di trasfusioni e ci siamo lasciati con l’impegno da parte di mia di andarlo a trovare con Amina a Copenhagen a primavera.
Ho conosciuto Bruno una trentina di anni fa attraverso Adele che era andata a Copenhagen per sottoporsi a una complessa operazione ai denti attraverso il circuito di Amnesty International attivato da Luisa Saba che fece si che Bruno la invitasse a dormire a casa sua. Raggiunsi Adele a casa di Bruno a Copenhagen e così iniziammo a frequentarci e a diventare amici. Come prevedibile, Bruno iniziò a collaborare a “Inchiesta” curando tre numeri speciali insieme ad Andrea Gallina: nel 1996 (n. 113) il numero speciale “Mediterraneo” a cui erano seguiti due numeri sempre con il titolo “Mediterraneo” nel 2003 (n. 141 e n.142) legati al fatto che Bruno era stato direttore del Progetto Mediterraneo promosso dal Cnel nel periodo (1991–2001). I miei rapporto con Bruno si sono poi intrecciati con le iniziative di comuni amici: Riccardo Petrella (iniziative dell’Università del bene comune e del movimento Dichiariamo illegale la povertà), Pietro Barcellona e Andrea Gallina (progetti concordati tra il Centro Federico Caffè di Roskilde e l’Università di Catania), Arrigo Chieregatti (rivista “InterCulture” diretta da Arrigo Chiregatti insieme a Bruno).
Per orientarsi nell’ampia biografia di Bruno si può distinguere tra i suoi libri di economia internazionale e quelli a carattere più autobiografico.
Tra i suoi libri di economia internazionale Lo Stato imprenditore (con Ole Jess Olsen), Roma-Bari, Laterza, 1978); Rapporto dalla Scandinavia, Roma-Bari, Laterza, 1980; Macroeconomic Theories and Policies for the 1990s: a scandinavian perspective (con Jesper Jespersen), London, Macmillan, 1992; On globalization: capitalism in the 21st century, London, MacMillan, 1998; L’apartheid globale. Globalizzazione, marginalizzazione economica, destabilizzazione politica, Roma, Edizioni Lavoro, 1999; Europa e Mediterraneo. Le sfide del futuro, Bari, edizioni Dedalo , 2000, Persone e comunità. Gli attori del cambiamento (con Sergio Gomez y Paloma), Bari, edizioni Dedalo, 2007;. Per il bene comune. Dallo stato del benessere alla società del benessere, Reggio Emilia, Diabasis 2010; Euro in bilico, Roma, Castelvecchi , 2011; L’Europa oltre l’Euro (con Jesper Jespersen), Roma, Castelvecchi, 2012; L’Europa oltre l’euro (con Jesper Jespersen), Roma, Castelvecchi, 2012 Figli di Troika, Roma, Castelvecchi, 2013; Capitalismo predatore: come gli Usa fermarono i progetti di Mattei e Olivetti e normalizzarono l’Italia ), Roma, Castelvecchi, 2014;
Tra i suoi libri più autobiografici quelli dedicati a Federico Caffè di cui Bruno era stato allievo (a lui è dedicato il libro La stanza rossa. Riflessioni scandinave di Federico Caffè, Città Aperta, Roma 2004 che è stata ripubblicata in una versione ampliata con il titolo Federico Caffè. Le riflessioni della stanza rossa, Castelvecchi, Roma 2012) e l’ultimo suo libro Memorie di un intruso (Roma, Castelvecchi, 2016). Le conclusioni di questo suo ultimo libro che ripercorre il percorso di Bruno in Danimarca (ma anche in Cambogia, Viet Nam e Cina) sono, come quelle dei libri precedenti, disincantate. Bruno si presenta, nello scenario degli economisti, come un “intruso” che continua con rigore a valutare l’economia e la politica internazionale. Ecco le sue conclusioni sulla situazione attuale:
“Il suicidio dell’Europa di cui parlava Pietro Barcellona si è così realizzato, e ben si coniuga con l’omicidio degli Stati del benessere, che costruivano il “sassolino nella scarpone” della globalizzazione. A questo punto nessuno controlla più la dinamica delle forze sociali, economiche e militari messe in campo, ciascuno cerca trarne vantaggio o proteggersi dallo tsunami che ha generato. Il circolo vizioso avviato è destinato a prolungarsi ed estendersi. Il rapido peggioramento della situazione climatica del pianeta Terra accompagnato dall’impotenza dei governi dei maggiori Paesi, darà un ulteriore contributo ai processi migratori, con milioni di persone che andranno ad aggiungersi alle grandi masse umane già in cammino. L’Europa ne resterà travolta. I vincitori saranno l’industria militare e quelle transnazionali, che continuano indisturbate la rapine del continente africano, e gli Stati Uniti, che vedono così consolidarsi il proprio ruolo di gendarme in difesa dei valori occidentali. Resta per loro irrisolto il problema di come indebolire l’asse Mosca-Teheran, essenziale per poter affrontar la sfida maggiore per la triade che è l’esistenza della Cina. Certamente l’Europa e l’Occidente non sono più la locomotiva né del pensiero né del futuro dell’umanità. Cercano di sopravvivere facendo i guastatori delle vite degli altro, ricorrendo all’uso di quelli strumenti di morte di cui abbondano. Nel frattempo i tanti che fanno parte della umanità marginalizzata e insultata sono arrivati con la propria esperienza alle conclusioni di cui già parlava tempo fa Franz Fanon: “Ora avviene che quando un colonizzato sente un discorso sulla cultura occidentale, tira fuori la roncola o per lo meno si accerta di averla a portata di mano”. Per noi, pensare di cavarcela con gli appelli e le “buone pratiche” non è più possibile. Quello che ci resta da dire per questa guerra non voluta e da sempre contrastata è lo slogan Not in my name.”
Tra i tanti ricordi che ho di Bruno quello di un suo compleanno al quale partecipai con Adele insieme a molti altri amici e amiche. A un certo punto venne messa la musica di un vecchio valzer e Bruno e Adele lo ballarono in una atmosfera fin de siècle. Mi piace pensarli ancora così tra le nuvole di una giornata di primavera che si specchiano nei laghetti del Tivoli a Copenhagen.
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