Vincenzo Comito: Usciamo da un tunnel e ne imbocchiamo un altro
I responsabili del sistema industriale e finanziario europei ripetono il ritornello del “tutto si aggiusterà, la tempesta passerà presto, il sistema è solido”. Ma quelli che parlano così sono in generale gli stessi che devono difendere i loro soldi e i loro incarichi. La realtà è che nessuno sa veramente come siamo messi e cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi; la finanza appare ancora una volta come una variabile impazzita, mentre sono oscuri, come al solito, i nessi tra i suoi andamenti e quelli dell’economia reale.
La settimana scorsa è stata di quelle da ricordare: a ondate di panico si sono succeduti in borsa dei momenti di respiro, comunque in una timorosa attesa di un possibile crollo. Questa settimana le acque sembrano meno agitate, ma chissà, le fonti di preoccupazione sono molte. Sembrano essere in ogni caso in campo molte delle premesse di una nuova recessione.
Nel caso dell’Italia le possibili nuove difficoltà appaiono evidenti: nel primo trimestre del 2015 il pil è cresciuto dello 0,4%, nel secondo dello 0,3%, nel terzo dello 0,2%, nel quarto dello 0,1%. Cosa succederà nel prossimo quarto? Tali notizie fresche si aggiungono a quelle di qualche giorno fa sull’occupazione, dalle quali si palesava che nel 2015, anno del job act, si erano creati meno posti di lavoro che nel 2014, quando la legge non era ancora in essere. Miracoli di Renzi e Poletti!
2.Chi sono i colpevoli
Come ci ricorda un articolo del Financial Times di qualche giorno fa, nel giallo di Agatha Chirstie Assassinio sull’Orient Express c’erano dodici persone sospettate di un omicidio e alla fine risultavano tutti colpevoli. Nel caso delle turbolenze attuali, chi scrive ha contato ben una quindicina di potenziali rei e anche in questo caso forse tutti c’entrano per qualcosa, anche se magari ognuno in misura diversa.
Anche per mancanza di spazio oggi vogliamo attrarre l’attenzione solo su alcuni degli attori implicati.
Sino a pochi mesi fa la caduta del prezzo del petrolio, la discesa dei tassi di interesse, la distribuzione da parte delle banche centrali di enormi quantità di denaro all’economia, sembravano aprire la via ad una nuova ondata di crescita; e certo tali eventi hanno contribuito a evitare che in molti paesi il quadro economico si aggravasse, ma, d’altro canto, si cominciano a percepire anche i loro molti e anche pesanti aspetti negativi.
3. Il petrolio
Cominciamo dal petrolio. I prezzi crollano ma nessuno tra i paesi consumatori sembra festeggiare. In questo momento la bancarotta del Venezuela viene purtroppo data come certa; la Nigeria ha chiesto aiuto alla Banca Mondiale; gli sceicchi, per sostenere le loro pericolanti finanze, stanno vendendo molti dei titoli in portafoglio; negli Stati Uniti la chiusura dei pozzi continua a ritmi accelerati e le banche sono piene di crediti concessi a aziende che sono in fallimento o quasi, mentre la crisi del settore rischia di estendersi a quella dei consumi; in Russia si vende il capitale di molte aziende pubbliche e per il resto si deve ricorrere ai soldi cinesi; persino l’Arabia Saudita è costretta a presentarsi sul mercato obbligazionario per sopravvivere; infine la caduta dei prezzi del petrolio aggrava il conflitto tra sciti e sunniti. Alla fine, tutto questo comporta un aggravamento dei conflitti e dei processi di destabilizzazione in giro per il mondo.
4. I tassi di interesse e il qe
Intanto i bassi tassi di interesse e il quantitative easing, mentre non sono in grado di combattere adeguatamente la deflazione, a indurre le banche a finanziare l’economia e ad alimentare la crescita e l’occupazione, hanno prodotto negli Stati Uniti una bolla di Borsa che ora rischia di scoppiare, mentre è anche noto che le mosse sopra indicate accrescono le diseguaglianze.
Già oggi, poi, circa il 35% dei titoli pubblici si scambiano sul mercato mondiale con tassi di interesse negativi, mentre i depositanti ottengono rendimenti al massimo pari a zero sui loro soldi. Il fatto che tali tassi veleggino a livelli bassissimi è poi una sciagura per il settore bancario, che ottiene di solito una gran parte dei suoi profitti dall’esistenza di un congruo differenziale tra tassi attivi e passivi, mentre oggi esso è ridotto al minimo. Gli istituti non possono così accumulare quei fondi che servono a rinforzarsi anche patrimonialmente.
Chi poi contava sui rendimenti assicurati da varie forme di polizze o sperava che l’investimento nei fondi pensione portasse ad una tranquilla vecchiaia si trova di fronte ora a gravi problemi. Intanto i conti delle imprese di assicurazione si deteriorano solo lentamente perché esse hanno in bilancio ancora molti titoli emessi diversi anni fa, ma man mano che essi verranno a scadenza il quadro si farà sempre più nero. Si tratta di denaro che non alimenterà più comunque i circuiti dell’economia.
Infine il boom del credito su molti mercati induce, secondo alcuni studi, ad una riallocazione del lavoro verso settori a bassa produttività, con danni rilevanti all’economia, oltre che agli stessi lavoratori.
5.Conclusioni
Dopo la crisi del 2008 c’è stato un momento in cui si pensava che tutto sarebbe rientrato nell’ordine. Ma nel frattempo si accumulavano molti problemi, in parte generati dagli stessi rimedi escogitati per combattere la crisi. Può darsi che anche questa turbolenza sarà superata, ma nessuno dei problemi sottostanti è stato risolto, dalla crescita delle diseguaglianze, allo strapotere della finanza, ai disordini economici, politici, sociali, che nessuno sembra al momento in grado di governare. Così, molti danno per scontata una nuova, prossima, crisi.
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