La crisi vista da Marsiglia. Città sull’orlo del Mediterraneo in tempesta.

| 28 Ottobre 2011 | Comments (0)

 

La crisi a Marsiglia non si misura con i bollettini di borsa, il calo dell’euro, i comunicati delle banche centrali e le ingiunzioni della signora Merkel a pagare i debiti, i nostri, e già che ci siamo anche quelli della Germania, anzi soprattutto, è ovvio.

Basta camminare lungo Boulevard de la Liberation contando le botteghe con i battenti chiusi, piccoli artigiani, negozi, ambulatori, magazzini, ristoranti persino cinesi, gli ultimi ad abbassare le saracinesche: in alcune parti sono due su tre, in altre tre su tre, in qualche tratto florido, soltanto uno su tre è dismesso. Ma Bvd de la Liberation traversa una zona popolare, quindi potrebbe essere semplicemente il destino ineluttabile per i piccoli negozi e le attività artigiane. Andiamo allora lungo rue de la Republique, dove la speculazione immobiliare ha picchiato duro espellendo i vecchi abitanti, abbattendo le loro case e costruendo palazzi di lusso con negozi per merci di lusso, uffici per aziende high-tech e appartamenti per la nuova ricca borghesia della globalizzazione, il tutto molto caro e con una campagna pubblicitaria a tamburo battente sui media. Ebbene, oggi questi palazzi sono desolatamente vuoti, stagliandosi di notte bui e tristi. Le vestigia del capitalismo trionfante che giacciono inutili. E persino la squadra cittadina di rugby, sport molto popolare in Francia, e il campo dove s’allena, deve chiudere i battenti per mancanza di fondi. Intanto, a pochi chilometri lungo la costa da giorni gli operai del sito petrolchimico (immaginate Porto Marghera) bloccano tutti i cancelli: non una goccia di benzina, non un prodotto chimico esce o entra, e per giudizio unanime non sarà cosa di poco tempo. Qualche politico socialista, tra i candidati per le primarie, s’affaccia, dice cose generiche, quindi riprende il suo percorso elettorale. In tutta la città c’è una totale assenza della politica, di governo come d’opposizione: Marsiglia appare abbandonata dai pubblici poteri e dai partiti. Salvo le forme clientelari, spesso in relazione con il grande banditismo, molto diffuse (che stanno portando sulle soglie della galera alcuni amministratori socialisti della provincia, screditando l’intero partito), l’unico potere pubblico in campo, onnipresente e visibile ovunque in folti pattuglioni, è la polizia.  Non i flic dei film di Maigret, e nemmeno solo i CRS (Compagnies de Securitè Republicaine), più o meno equivalenti alla nostra celere, battaglione Padova se esiste ancora, ma i nuovi reparti messi in campo per fare fronte alla rivolta delle banlieues parigine, le CSI, ovvero le Compagnies de securisation et d’intervention, con nuove armi dai lanciagranate ai gas fortemente tossici fino ai fucili antiriots con proiettili di gomma, se non a pallettoni. Quando la televisione mostra un’incursione nei quartieri Nord, l’area popolata di Citè, gli enormi casermoni dove s’accumulano e accatastano i poveri del mondo, per arrestare uno spacciatore sequestrando nella fattispecie 25 (venticinque) grammi di cannabis e 50 (cinquanta) grammi di marjuana, sembra di vedere le inquadrature della Battaglia di Algeri, il film di Gillo Pontecorvo: i poliziotti agiscono e si muovono come truppe d’occupazione. Intendiamoci, il traffico di droga c’è e in alcune citè impera e devasta, così come i conti tra bande per il controllo del territorio si regolano spesso a colpi di mitra  nelle notti marsigliesi, ma c’è da dubitare assai che metodi militari di repressione a massa sconfiggano, o almeno indeboliscano, le organizzazioni criminali. Sono piuttosto destinati a intimidire intere popolazioni e a conquistare i consensi e i voti dei cittadini benpensanti quando non fasciorazzisti, che sono molti: il Fronte Nazionale è dato oggi attorno al 20% dei voti, dopo essere arrivato al 33%. Non a caso, all’incirca tre settimane fa, il quotidiano Liberation titolava «Marseille, capitale de l’UMP ( il partito di Sarkozy, ndr) et de l’apartheid». Leggiamo: «I sindaci che si sono succeduti dalla Liberazione in poi, hanno chiuso gli occhi su una città dove si installava una concreta geografia dell’apartheid (…) i quartieri Nord là dove vivono i neri, i maghrebini, i comoriani, o i rom ( che vengono scacciati mentre le ruspe distruggono le loro roulotte, con impressionanti spiegamenti polizieschi un giorno sì e l’altro pure, ndr), che sono succeduti alle ondate migratorie degli armeni, degli italiani, dei pied-noir, dei corsi. I bianchi occupano il Sud e la celebre Canebière è la frontiera: qui al Sud non c’è il 14% di disoccupati, e nemmeno abitanti sotto la soglia di povertà».  A proposito di segregazione dei quartieri Nord, si pensi per esempio, che il metrò interrompe il servizio alle 21 (nove di sera), cosa inaudita in qualunque altra grande città d’Europa e del mondo, credo, e questo su diretta ed esplicita richiesta della Camera di Commercio, che a Marsiglia è una potenza, qualcuno dice una sorta di Stato dentro lo Stato, per impedire che la racaille, la “teppa”, cioè i giovani, dei quartieri Nord, possa di sera scendere nel centro cittadino disturbando il passeggio di borghesi e turisti sul Vieux Port.  C’è poi l’ottuso, oltre che reazionario e razzista, rifiuto a costruire in tempi ragionevoli un decente luogo di culto per i cittadini di religione mussulmana, una moschea cittadina. Un rifiuto che fa stridere i denti e scoccare scintille un po’ ovunque. Per dirla con le parole di una mia amica che anima un’associazione di cittadini molto attiva: «siamo sul ciglio di una guerra civile “larval”, larvale. O forse già dentro». Il fatto è che a Marsiglia, dove abitano e convivono oltre trenta etnie diverse, a Marsiglia che costituisce un ponte tra il Maghreb e l’Europa, a Marsiglia dove la fine dell’era del petrolio significa la chiusura delle raffinerie, la crisi si manifesta in tutta le sue dimensioni, economica, politica, sociale e della convivenza, ambientale, mercantile (la crisi del porto industriale),  culturale e/o religiosa; ovvero non c’è segmento della vita associata e individuale che non ne venga investito e sbatacchiato come un tappo in un mare in tempesta. Ma se i partiti e i sindacati, se i rappresentanti eletti, sono latitanti, si mobilitano i cittadini. Un impressionante processo di auto-organizzazione della società civile è in corso. Soltanto nel IV e V arrondisements, dove al presente abito, sono censite e attive oltre 160 (centosessanta) associazioni, le più varie. Si va da quelle sportive e culturali, a quelle di mutuo soccorso e di assistenza legale, fino alle più classiche associazioni in difesa dei diritti e/o antirazziste. Molte sono finanziate dallo Stato, secondo una legge del tempo di Mitterand, altre preferiscono la totale autonomia e non vogliono neppure un soldo per tema di contaminazione. E la città pullula di iniziative, di giornali di strada, di siti internet. Per rompere il ghetto dei quartieri Nord, per esempio, nasce Hotel du Nord, con lo slogan: on dort mieux la tete au Nord, si dorme meglio con la testa al Nord? Un Hotel diffuso sul territorio dei famigerati quartieri della racaille, dove si prenota una stanza in casa di abitanti via internet, e si paga un regolare conto. Ma, siccome si tratta in genere di stanze in appartamenti HLM (case popolari) che vengono dati in affitto secondo una graduatoria che tiene conto del numero dei familiari, l’amministrazione sta minacciando di rivedere i criteri per queste famiglie del circuito dell’Hotel du Nord, affermando che, se possono affittare una stanza a degli ospiti, significa che non ne hanno bisogno, e quindi possono essere sfrattate e/o trasferite in appartamenti più piccoli. Dimenticavo: se si va ospiti in una delle stanze dell’Hotel du Nord si ha diritto a una, o più, passeggiate nei luoghi più belli, perché di luoghi belli ce ne sono, e anche nei più brutti o difficili o duri.  Inoltre, una delle animatrici della cooperativa che gestisce l’Hotel, a cui sono associate una miriade di iniziative, è Christine Breton, storica che è stata “ conservateur du patrimoine”, l’equivalente del nostro responsabile delle Belle Arti, per la città di Marsiglia. E non si tratta di un fenomeno isolato, sono molti gli intellettuali e i tecnici di alto livello, architetti, sociologi, ingegneri, psicologi, medici, antropologi, e tanti artisti, che hanno abbandonato lavori di responsabilità manageriale e istituzionale nei più vari campi, per dedicarsi anima e corpo alle attività associative, spesso conflittuali col governo cittadino (di destra). Infine la tensione è palpabile in città, con una manifestazione qua e là quasi ogni giorno, dal picnic selvaggio per riappropriarsi di un’area verde, alla marcia per il parco naturale, dallo sciopero degli insegnanti a quello degli autisti di bus eccetera, sembra di camminare sulle pendici di un vulcano o in mezzo a uno sciame sismico, chiedendosi quando ci sarà il terremoto o forse il maremoto, l’onda di tsunami. Perché, last but not least, dall’altra parte del Mediterraneo arriva il vento delle rivoluzioni arabe. Che, tra l’altro, mette in crisi anche l’egemonia dei religiosi nel milieu magrebino, con altre scosse e turbolenze ancora difficilmente decifrabili.

Da ultimo qualcuno sottolinea come ci siano molte analogie col periodo precedente la rivoluzione francese dell’89, quando una moltitudine di associazioni di liberi cittadini nacque e si estese fino a svuotare il potere del Re di ogni legittimità, premessa indispensabile a qualunque presa di qualunque Bastiglia. E la Marsigliese col celebre aux armes les citoyens, divenne l’inno nazionale della Repubblica fondata su libertè,egalitè, fraternitè.

Dopo settimane di scioperi e proteste contro la riforma delle pensioni voluta dal governo Sarkozy, il blocco dell’intero reparto petrolchimico francese si è concluso. È stata infatti ritirata l’ipotesi, presa unilateralmente dalla direzione dell’azienda, di chiusura di uno stabilimento, che avrebbe portato al licenziamento di una parte considerevole delle maestranze e la loro ricollocazione in un’altra sede. La trattativa fra sindacati e azienda è stata così spostata a dicembre.

La lotta ha quindi ottenuto una prima – sia pure parziale – vittoria.

 

 

 

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Category: Economia

About Bruno Giorgini: Bruno Giorgini è attualmente ricercatore senior associato all'INFN (Iatitutp Nazionale di Fisica Nucleare) e direttore resposnsabile di Radio Popolare di Milano in precedenza ha studiato i buchi neri,le onde gravitazionali e il cosmo, scendendo poi dal cielo sulla terra con la teoria delle fratture, i sistemi complessi e la fisica della città. Da giovane ha praticato molti stravizi rivoluzionari, ha scritto per Lotta Continua quotidiano e parlato dai microfoni di Radio Alice e Radio Città. I due arcobaleni - viaggio di un fisico teorico nella costellazione del cancro - Aracne è il suo ultimo libro.

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