Gianni Porzi: L’evasione fiscale, una piaga sociale dura da estirpare
Su segnalazione di Maurizio Matteuzzi pubblichiamo questo testo di Gianni Porzi, ordinario di chimica dell’Università di Bologna oggi in pensione.
L’evasione fiscale è, probabilmente dopo la malavita, la piaga sociale del nostro Paese più grave e dura da estirpare : purtroppo, non è un male degli ultimi anni, ma è una piaga endemica e trasversale. Sono infatti decenni che si sente parlare di ingenti evasioni, ma nessun governo, di qualsiasi colore politico, ha mai fatto interventi incisivi per dare una soluzione ragionevole ed accettabile al problema. Si continua solo a sentire lo stesso ritornello, cioè che in Italia vi è un’evasione fiscale enorme; sarebbe come che un medico si fermasse alla diagnosi senza poi passare alla terapia più idonea ed efficace per sconfiggere la malattia. “L’onestà è lodata da tutti, ma la si lascia morire di freddo” (una massima di Giovenale).
In un corsivo pubblicato sul settimanale Panorama dal titolo “Un’alleanza Stato-onesti contro l’evasione fiscale”, l’economista Veronica De Romanis sostiene, giustamente, che la lotta all’evasione fiscale deve essere una priorità per qualsiasi governo che si rispetti perché l’evasione non solo è un danno per le casse dello Stato, ma è anche una violazione del principio di equità e di giustizia sociale. Aggiungerei che è anche un dovere morale,specialmente in un periodo in cui la crisi economica sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese. Inoltre, la De Romanis sottolinea che l’Italia si classifica al terzo posto (dietro Messico e Turchia) nella graduatoria internazionale dei Paesi che evadono, un primato del quale ci dovremmo solo vergognare. Si stima che in Italia, tra imposte dirette, Iva e Irap, vengono evasi dai 120 ai 160 miliardi all’anno e nel primo semestre 2012, cioè con il governo tecnico, l’evasione è aumentata del 14% (probabilmente a causa della recessione in atto). Inoltre, secondo dati recenti, il fisco italiano, pur effettuando molti accertamenti, incassa solo il 10% del dovuto. Anche questo un dato che non ci fa onore considerando che nel resto del mondo vi sono percentuali ben più alte (perfino la Turchia recupera il 58%).
Per colpire gli evasori è stato potenziato il “cervellone” Serpico, ma, come afferma giustamente la De Romanis, uno stato poliziotto da solo non ce la può fare, ha bisogno di allearsi con i contribuenti onesti. E’ necessario quindi creare incentivi che incoraggino comportamenti virtuosi. Allo scopo suggerisce ad esempio di restituire il “tesoretto”, derivante dalla lotta all’evasione, in proporzione a chi ha veramente pagato l’IVA, incentivando così la richiesta di fatture e scontrini che diverrebbero parte integrante della dichiarazione dei redditi (la sola evasione dell’IVA è stimata in circa 40 miliardi, cioè 1/3 dell’evasione totale).
Il prof. Stefano Zamagni, Docente all’Università di Bologna, in un suo scritto molto interessante, chiaro e ben articolato dal titolo “Il contribuente virtuoso : come vincere la lotta all’evasione fiscale”, afferma che occorre spezzare quell’alleanza perversa fra fornitore (di servizi e/o beni) e consumatore, alleanza che è responsabile della “catena del nero” : infatti, l’IVA è indeducibile per il consumatore finale il quale evadendo risparmia. Pertanto, un provvedimento di natura premiale, consistente nel consentire ai cittadini di detrarre dal reddito soggetto a tassazione una quota (ad esempio il 30%) delle spese sostenute, scoraggerebbe quell’alleanza, senza perdita del gettito fiscale, anzi si potrebbe ottenere addirittura un aumento di gettito. Alla domanda perché questo non si faccia, la risposta più plausibile secondo il prof. Zamagni è che ci si ostina a pensare che l’economia sommersa è qualcosa che va tenuto in vita, in quanto costituirebbe una risorsa per il Paese e per larghi strati della popolazione. La proposta del prof. Zamagni mi sembra semplice e facile da attuare, basta volerlo. Comunque, indipendentemente da come si voglia raggiungere lo scopo, l’importante è rompere questa alleanza perversa responsabile della dannosa “catena del nero” che sottrae ingenti somme al fisco. Sarebbe anche utile ispirarsi ai metodi messi in campo da quei Paesi in cui l’evasione fiscale è molto bassa, ad esempio i Paesi del nord Europa dove la tassazione è elevata, ma l’evasione molto bassa, non solo per una questione etica/culturale, ma anche perché i cittadini ricevono in cambio dallo Stato numerosi servizi di alta qualità e, cosa non da poco, non esiste la corruzione che imperversa nel nostro Paese.
A chi ritiene che l’evasione sia direttamente proporzionale alla pressione fiscale si può far notare che in Svezia, dove la pressione fiscale è simile a quella italiana (circa il 45%), l’evasione è invece nettamente minore : infatti, mentre l’Italia detiene il primato europeo con un’evasione pari al 21% del PIL, la Svezia è all’ultimo posto con il 7,6%. Secondo gli economisti anche la prevalenza delle transazioni elettroniche servirebbe a capire perché la Svezia ha molto meno evasione fiscale rispetto a Paesi come l’Italia o la Grecia (maggiore è l’uso della carta di credito, minori sono le attività economiche in nero). In Italia, inoltre, vi sono varie leggi e leggine che, a esperti fiscalisti, consentono di aggirare le norme fiscali a vantaggio del contribuente e quindi tali dispositivi legislativi andrebbero accuratamente rivisti. Va poi ricordato che negli ultimi 25 anni ci sono stati ben tre condoni e tre scudi fiscali che rappresentano una vera beffa per i contribuenti onesti e un invito all’evasione. L’evasione fiscale è causa anche della perdita di credibilità dello Stato nei confronti non solo dei cittadini tutti, ma anche degli investitori stranieri e contribuisce alla disuguaglianza sociale in quanto impedisce interventi di ridistribuzione a favore dei ceti a più basso reddito. Luigi Einaudi raccomandava che se si vuole lottare contro l’evasione conviene “non giocare d’astuzia contro i contribuenti, non pigliarli di sorpresa, come troppo spesso si è fatto. Le leggi d’imposta debbono essere, sostanzialmente e non solo formalmente, diritte e oneste. Solo a questa condizione possono riscuotere l’ubbidienza volonterosa dei cittadini. Occorrono dunque leggi semplici, perequate, senza trabocchetti ed inflessibili”.
L’evasione fiscale ritengo sia anche un fatto culturale e frutto di una diffusa carenza di etica. Pertanto, la lotta all’evasione andrebbe condotta anche attraverso l’educazione civica, cioè sul piano culturale, e sarebbe quindi opportuno che fin dalle scuole primarie si insegnasse che il furto è un reato, comunque venga effettuato. Non pochi, mentre definiscono “ladro” colui che commette un furto, considerano un “furbetto” l’evasore che è riuscito a sottrarsi al fisco. Alcuni addirittura arrivano a vantarsi per aver evaso il fisco, come se fosse una cosa di cui essere fieri, una sorta di fiore all’occhiello. Ritengo che occorra combattere questa logica distorta e trasmettere ai giovani il messaggio che l’evasore è un disonesto (è uno che sostanzialmente sta compiendo un furto) in quanto non versando al fisco il dovuto fa sì che il contribuente onesto sia gravato di una maggiore tassazione per poter ricevere servizi dallo Stato dei quali però gode anche l’evasore. Sembra che gli italiani stiano perdendo la pazienza e che stia nascendo una sorta di “giustizialismo fiscale” : infatti, il 70% degli italiani sarebbe favorevole al carcere per gli evasori (non dimentichiamo che Al Capone finì in carcere per evasione fiscale).
Il terzo rapporto Eures 2012, relativo al periodo 2004-2012, conferma la propensione degli artigiani, dei liberi professionisti e dei commercianti a non rilasciare fatture o scontrini. Il 60% delle prestazioni per servizi alla famiglia (colf, badanti) e per la manutenzione della casa (giardinieri, falegnami, idraulici, fabbri, muratori, tappezzieri, elettricisti) sono in nero. L’evasione fiscale dei liberi professionisti, in particolare gli avvocati, si aggira sul 40%, ma il record, con il 90%, è detenuto da coloro che impartiscono lezioni private. Sebbene in misura minore, circa il 16%,l’evasione si annida anche nel settore della ristorazione.
Non va tuttavia sottovalutato che l’evasione fiscale è in parte dovuta anche alla mancanza di un rapporto di fiducia tra contribuente e Stato, rapporto fiduciario che impone reciprocità. A tale proposito concludo con una condivisibile riflessione del prof. Zamagni secondo il quale l’aspettativa dei cittadini é che le istituzioni compiano azioni che non danneggino immotivatamente il cittadino e soprattutto che facciano vedere, in modo trasparente, che fine fanno le tasse pagate. Quando tale aspettativa è frustrata, nel cittadino subentra la delusione e la voglia di rivalsa nelle forme ben note.
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