Riccardo Terzi: E’ il Pd che lascia alla deriva il suo progetto

| 5 Maggio 2013 | Comments (0)

 

 

 

Questo testo è uscito su L’Unità del 4 maggio 2013

Il partito politico è lo strumento che si giustifica in vista di un fine. Come tutte le cose umane, è uno strumento inevitabilmente imperfetto, attraversato e condizionato dalle tante miserie della competizione per il potere. Non serve a nulla la denuncia moralistica di questo stato di cose, perché tutto ciò sta nella nostra natura e nella nostra debolezza. Ma è essenziale che resti visibile il progetto, che non venga spezzato il rapporto tra i mezzi e il fine.

Ora, nell’ultima convulsa vicenda di cui il PD non è la vittima ma l’artefice, il dato più clamoroso non è quello più appariscente dei contrasti e delle manovre di palazzo, ma è l’archiviazione del fine politico che giustificava l’esistenza stessa del partito. L’unico fine che resta in piedi è la manutenzione del sistema, di questo sistema, e tutto deve essere sacrificato all’obiettivo della governabilità. Non è, come molti dicono, il ritorno della DC, ma è una nuova forma della politica, nella quale le identità, tutte le identità, sono dissolte. Bersani, col suo miraggio del cambiamento, era solo un sognatore. Ora è il momento dei politici realisti, che conoscono solo il linguaggio del potere.

Si tende a giustificare questo passaggio con un presunto stato di necessità. L’argomento della necessità è irricevibile, perché anche nelle situazioni più difficili c’è sempre un ventaglio di scelte possibili. Certo, ci sono vincoli, condizionamenti, rapporti di forza di cui occorre tener conto. E la politica è anche l’arte del compromesso, della manovra, del fare un passo di lato in attesa che maturino condizioni più favorevoli. Senza perdere di vista il fine strategico, si può percorrere, se è necessario, un cammino tortuoso. Si può spiegare così quello che è stato deciso dal gruppo dirigente del PD? Assolutamente no. Non è una manovra tattica, ma è la scelta di una alleanza politica, di un patto organico di governo.

Come ha detto il Presidente Napolitano, che è l’autorevole regista di questa discutibilissima operazione, è un governo politico, nella pienezza delle sue funzioni, senza limiti nè di tempo, nè di orizzonte programmatico, compresa la stessa riforma della Costituzione. La missione dichiarata del PD è solo la riuscita di questa operazione, di cui vuole essere la guida e la forza trainante. Tutto l’orgoglio di partito lo si mette solo in questa impresa, e a chi si mette di traverso non si riconosce nessuna legittimazione. È solo un peso morto di cui liberarsi. Si pensa di affrontare la crisi interna che si è aperta con un atto di imperio, di autorità, nell’illusione che tutto l’esercito recalcitrante si metta a camminare, per fedeltà o per inerzia, nella direzione voluta.

Nel momento in cui un esito elettorale molto problematico, in bilico tra spinta eversiva e spinta democratica, avrebbe richiesto il coraggio di soluzioni innovative, la vecchia politica si chiude nel suo recinto, si autoprotegge e si autoassolve, mentre fuori dal recinto si infiammano tutte le ventate dell’antipolitica. È la conclusione più insensata che si potesse immaginare. È oggi il momento della decisione, il momento in cui ciascuno deve prendere posizione. Non credo che si possa rinviare il chiarimento ad un domani immaginario, o che la salvezza della sinistra stia nella scelta di un nuovo leader, più fascinoso e più dinamico.

Giunge ora a compimento un lungo lavorio di smantellamento delle nostre basi sociali e culturali, e si compie così il sogno di chi ritiene che destra e sinistra sono ormai parole morte, e che dunque ogni contaminazione è finalmente resa possibile. Questo è il senso reale, oggettivo, del processo che è in corso: la fine di una stagione in cui una qualche alternativa sembrava possibile e praticabile. Ora si dice che i conflitti e le contrapposizioni erano una follia, e che dobbiamo entrare in un mondo pacificato. Il governo Letta, al di là delle persone che lo compongono, è lo strumento di questa inversione di senso della politica: dalla rappresentazione di progetti alternativi all’assorbimento di ogni conflitto nella vacua retorica dell’interesse nazionale. La nazione è da sempre l’alibi che tutto giustifica.

Devo dire che a questo esito io non intendo in nessun modo partecipare. Non sono io che lascio il PD, ma è il PD che lascia andare alla deriva il suo progetto. Resto nel campo della sinistra, anche se non so, oggi, chi sia in grado di organizzarlo e di rappresentarlo. D’altra parte, la parola “sinistra” è un’espressione del sociale prima che del politico. E dal sociale occorre ripartire, dalle contraddizioni che ancora attendono di essere esplorate, rappresentate, organizzate. La sinistra è questo lavoro di scavo nel sociale. Il resto è solo chiacchiera.

 

Category: Elezioni politiche 2013

About Riccardo Terzi: Riccardo Terzi è segretario nazionale dello Spi Cgil. É nato a Milano l'8 novembre 1941.  Dal 1975 al 1981 ricopre l'incarico di segretario Provinciale dell'allora Partito Comunista Milanese. Esponente di spicco nella cultura della sinistra italiana collabora con diverse riviste, tra cui "Gli argomenti umani" ed è membro della Commissione nazionale per il progetto dei Ds. Il suo ingresso nel sindacato risale al 1983. Dal 1984 entra nella Cgil Lombardia per essere eletto poi segretario generale regionale. Incarico che ricoprirà dal 1988 al 1994. Successivamente e fino al 2003 viene chiamato dalla Cgil nazionale per diventare responsabile delle politiche istituzionali della confederazione. Torna in Lombardia per ricoprire l'incarico di segretario generale regionale Spi-Cgil, fino al 2006, quando, viene eletto segretario nazionale allo Spi-Cgil con delega all'ufficio Studi e ricerche.

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