Bartebly risponde alla lettera dei 42 docenti della Scuola di lettere e beni culturali

| 8 Marzo 2013 | Comments (0)

 

 

19. Bartleby risponde il 7 marzo 2013 alla Lettera dei 42 docenti  della Scuola di Lettere e Beni culturali dell’Università di Bologna. Le illustrazioni di questa risposta sono di Michelle Wantuch

 

Osserviamo ormai senza stupore che la pratica delle lettere pubbliche ai giornali inaugurata da Costantino Marmo sta riscuotendo un certo successo. Verrebbe da dire che si è risvegliata un’assopita vena letteraria, salvo poi leggere i contenuti abbastanza miseri della missiva. Abbiamo sempre pensato che uno degli obiettivi principali della Scuola fosse quello di favorire e stimolare la formazione di un pensiero critico e attento, ma come spesso in questi anni, abbiamo la conferma che questa “missione” viene costantemente elusa e anzi spesso osteggiata. Per farlo si ricorre a una retorica che non fa onore al corpo docente, soprattutto se l’elemento portante risiede nella falsificazione della realtà.

Affermate nella vostra lettera che non siamo studenti della Scuola, tuttavia conoscete molti di noi e ci incontrate da anni nelle vostre lezioni, ai vostri esami, nelle biblioteche. Però avete ragione: non tutti i componenti di Bartleby fanno parte della Scuola, ma di altre Scuole. Ciò avviene per un semplice motivo: non pensiamo e non abbiamo mai pensato all’università come un sistema di discipline chiuse ed autoreferenziali, ma crediamo in un’università aperta e transdisciplinare.

Dipingete il 38 come un luogo nel quale non si può più svolgere lezione, ben sapendo che stiamo occupando un’aula dove non si è mai svolta attività didattica. Raccontate di inaudite prepotenze nei confonti del Presidente Marmo, semplicemente perchè all’inizio di una sua lezione abbiamo chiesto, ricevendo il suo consenso, di poter leggere agli studenti un breve comunicato. Che dire poi delle foto pubblicate, ritraenti mozziconi di sigarette o i bicchieri di plastica e lattine? Ci sembra davvero propaganda di bassa lega, rispetto alle reali condizioni delle nostre aule e dipartimenti, con gli studenti seduti a terra nelle aule, con i bagni in condizioni che lasciamo a voi giudicare (quelli per gli studenti, non quelli privati dei docenti).

La vera domanda è: quanti dei firmatari sanno davvero chi siamo, che attività svolgiamo in via Zamboni 38? E’ questa la modalità di confronto e dialogo che intendete “insegnare” agli studenti della Scuola?

Forse è il caso di ricordarvi, per l’ennesima volta, che Bartleby uno spazio per le sue attività l’aveva conquistato, proprio a partire da un’occupazione negli spazi di via Capo di Lucca. A partire da quell’occupazione l’Università decise di assegnargli uno spazio in via San Petronio Vecchio. Ma questa storia alcuni di voi la conoscono bene perchè hanno partecipato alle nostre iniziative. Cos’è successo in seguito? La chiusura unilaterale del dialogo, uno sgombero, l’uso della forza pubblica, il sequestro dei nostri materiali (compresa una biblioteca con le riviste di Roversi). Da allora siamo tornati in università, in Aula Roveri, dove proseguiamo le nostre attività e abbiamo messo i nostri materiali. A partire da lì, e in altri spazi della facoltà organizziamo le nostre iniziative, dibattiti, seminari, incontri, e anche momenti serali con gli artisti e i musicisti di questa città. Pratiche che da decenni gli studenti portano avanti, immaginando e costruendo un’università differente da quella che le riforme ci stanno consegnando. Un’università vuota, senza finanziamenti, un esamificio per chi (sempre meno) può permetterselo.

Quello che più ci colpisce è vedere tante energie spese per osteggiare le attività organizzate dai vostri studenti. Eppure non ricordiamo una presa di posizione così coraggiosa contro le riforme Gelmini, contro il rettore che le appoggiava (alcuni di voi anzi hanno sostenuto le sue dichiarazioni), contro la laurea ad honorem a Trichet, contro la presenza di Ichino: il primo promotore delle politiche di austerità e il secondo promotore dell’aziendalizzazione dell’Univerisità. Scrivete che in via Zamboni 38 c’è una situazione di emergenza, ma non vi rendete conto che la vera emergenza è che l’anno prossimo metà dei corsi salteranno a causa dei tagli. E’ incredibile che riusciate a indignarvi (all’italiana s’intende) solo per combattere le iniziative degli studenti che da anni lottano per un’università migliore, aperta alla città.

Da decenni gli studenti occupano gli spazi dell’università per dare vita a iniziative politiche e culturali indipendenti. Molti autori presenti nelle vostre bibliografie, si sono formati negli anni proprio in esperienze come queste, anche molti di voi lo hanno fatto. Memoria selettiva?

Ciò che dovete spiegare non solo a noi ma a tutti gli studenti e ai tutti i cittadini di Bologna è perchè non utilizzate tante energie per scrivere un appello contro la distruzione dell’università pubblica? Perché non avete chiesto le dimissioni di Dionigi quando ha sostenuto e promosso l’attuazione di queste riforme?

Perchè non chiedete al Rettore che senso ha spendere 52.000 euro all’anno per un capannone in Zona Roveri, ancora vuoto? Perché non chiedete conto di un progetto inesistente su quello spazio, presentato in pompa magna dal prorettore Nicoletti, e tutt’ora lettera morta (ma denaro sprecato!)?

Per quale motivo non scrivete un appello a favore del Sì per il referendum per la scuola pubblica proposto dal Comitato Articolo 33, che noi abbiamo ospitato due giorni fa in una delle nostre pericolosissime e inaccettabili occupazioni? Perché non avete partecipato a questo incontro che tentava di creare un legame tra la lotta per una scuola migliore e l’università?

Bartleby nasce e continua a vivere proprio per costruire un’università differente, sperimentando pratiche innovative di trasmissione del sapere, opponendosi con ogni mezzo  ai tagli all’istruzione. Immaginando un’università aperta e in dialogo con la città.

Il vostro concetto di legalità ci fa sorridere. L’illegalità diffusa in università è un’altra cosa é quella dei concorsi pilotati, delle corsie preferenziali per pochi, dei ricatti costanti verso i precari, degli assegnisti che vengono messi da parte rispetto agli ordinari, delle strutture non a norma, del sovraffollamento delle aule, degli organi decisionali non elettivi, del lavoro gratuito. La legalità è quella delle riforme che ci tolgono il futuro.

La nostra illegalità è legittima e necessaria di fronte all’assenza di risposte politiche da parte delle istituzioni. Non abbiamo il feticcio delle occupazioni, ma la riteniamo una pratica legittima laddove gli spazi del dialogo vengono chiusi con la forza. Non ci siamo mai sottratti a un confronto politico, è unicamente su questo terreno che siamo pronti a misurarci. Se troverete il tempo, tra una lettera e un appello alla legalità, sapete dove incontrarci. Bartleby

 

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Category: Bartleby a Bologna

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