Maria Pace Nemola: Due quadri di Klimt
Sì, tra tante notizie catastrofiche più o meno di naturali e umane tragedie una in uno degli ultimi telegiornali, una, per così dire, fuori dal coro.
La notizia è che alla prestigiosa asta di Sotheby’s è stato venduto per non so quanti milioni di dollari o sterline o euro (ma qui non ci interessa il conto bancario dell’acquirente!) il famoso dipinto “Bauerngarten” di Gustav Klimt.
L’esplosione di colori di questo celebre dipinto ha, per così dire, talmente invaso lo schermo che quasi è diventata immagine digitale a tre dimensioni; ed è naturale che ciò sia avvenuto se si ha a mente questo stupendo dipinto: dipinto che ritrae uno squarcio di prato contanti fiori variopinti, così tanti e così variopinti che pare quasi di sentire il profumo emanato dalle loro corolle e dai fili dell’erba verde illuminata di sole, nella quale sono incastonati come gemme preziose.
Non dipingo, né sono una studiosa di storia dell’arte, ma so solo che Gustav Klimt fu uno dei pittori del cosiddetto Movimento Secessionista viennese, che visse in Austria, sua patria, a cavallo tra i due ultimi secoli scorsi. So che questo dipinto risale agli inizi del Novecento e allora … allora davanti a quell’esplosione di colori ecco qualche mio vago pensiero.
Non esiste nel quadro neanche una minima pennellata dedicata a figura umana: c’è solo l’esplosione della Natura e non si sente neanche vagamente o in maniera indiretta e sottintesa qualsiasi presenza umana. Perché mai?! Certo “Bauerngarten” significa letteralmente “giardino dei contadini” e quindi più che un giardino di una villa è chiara l’allusione al prato che è appunto il giardino dei contadini. Ma a me, proprio perché questo dipinto risale all’inizio del Novecento, ha fatto venire in mente qualcosa … ha fatto venire in mente che risale a quel periodo nel quale la patria del pittore, l’impero austro-ungarico, e con esso l’Europa tra volteggiare di valzer e striduli suoni di violini di Heurigen stava precipitando verso il baratro, il baratro più baratro di tutta la nostra epoca contemporanea: la Prima Guerra Mondiale. La Prima Guerra Mondiale che fu non solo l’evento con più morti di tutta la nostra storia recente, ma che fu proprio l’inizio delle tragicità una più tragica dell’altra del secolo breve, dalla Seconda Guerra Mondiale fino man mano ad Auschwitz ed Hiroshima, ai momenti gelidi della “guerra fredda” fino ai morti profughi dall’Africa dei giorni nostri.
Nelle insistenti pennellate di Klimt volte solo alla Natura e nella totale mancanza di elemento umano io ci vedo qualcosa che va al di là della contemplazione da parte del pittore di qualche bellissimo prato vicino all’Attersee, un lago nei pressi di Salzburg, dove egli si recava spesso, un prato bellissimo come tanti bellissimi prati delle Alpi austriache o semplicemente come un bellissimo prato di qualche angolo della nostra terra! Ci vedo l’aggrapparsi alla Natura, al mondo incontaminato e in un certo senso anche privo di peccato della Natura appunto. Ci vedo il monito e la condanna indiretti all’opera distruttrice dell’uomo, alla sua volontà di potenza, al suo istinto di predazione che sono poi quelli che tutti insieme portano alle umane tragedie, quelli che tutti insieme appunto portarono a quella concatenazione di eventi incatenati tra loro di ci si è appena scritto.
Forse sono andata un po’ al di là delle intenzioni dell’artista, forse, ma credo fermamente che Klimt lo sia davvero alla massima potenza e non solo per le cifre consistenti con cui vengono acquisite le sue opere, ma che lo sia proprio per quella potenza evocatrice di pensieri che sono le sue opere.
Proprio come quell’altro suo meraviglioso dipinto, anch’esso tripudio di colori, “Il bacio” che ci fa risuonare nella mente e nel cuore le parole piene di dolce sensualità o di sensuale dolcezza, vedete voi, della Francesca dantesca e ci fa desiderare un bacio simile!
Ecco, ecco i miei pensieri e, se sono andata troppo al di là della semplice notizia, me ne scuso con chi vorrà leggermi.
Category: Arte e Poesia