Naomi Klein: Cosa ci aspetta dopo questa crisi

| 10 Giugno 2020 | Comments (0)

Diffobdiamo l’intervista a Naomi Klein riportata su www, dolcevitaonline.it il 15 maggio 2020

Naomi Klein è una giornalista e attivista politica canadese nota per i suoi libri sui disastri del capitalismo. Il suo saggio più famoso è No logo, che tratta delle pratiche aziendali delle multinazionali nei paesi in via di sviluppo ed è considerato il manifesto del movimento no-global. Questa intervista, di cui riportiamo ampi stralci, è stata rilasciata a Interview, il magazine fondato nel 1969 da Andy Warhol e John Wilcock.

Cosa ha confermato o rafforzato questa pandemia riguardo alla tua visione della società?
Che gli umani non sono fatti per l’isolamento. Siamo animali sociali e apparteniamo alla comunità, sostenendoci a vicenda.

Che la logica del profitto è in contraddizione con l’assistenza sanitaria pubblica. Questa logica costituisce una minaccia per la nostra sicurezza collettiva (sia in un impianto di confezionamento di carne che in un magazzino di Amazon).
Che le nostre élite economiche e politiche pianificheranno e trarranno profitto anche di fronte alla morte di massa.
Che le catastrofi discriminano: qualunque ingiustizia preceda il disastro verrà solo approfondita da essa. Gli emarginati diventano gli scartati.

Cos’ha cambiato questa pandemia riguardo alla tua visione della società?
Mi ha dimostrato che anche negli USA, la nazione più capitalista della terra, è ancora possibile per un gran numero di persone prendere posizione per mettere la salute umana davanti alle iniziative a scopo di lucro. Non durerà, ma non ero sicura che fosse possibile. Sono stata anche sorpresa da quanto velocemente possiamo cambiare il modo in cui viviamo. Scrivo da molto tempo sui cambiamenti climatici e penso sempre che sia quasi impossibile aspettarsi che le persone apportino enormi cambiamenti nel loro stile di vita per scongiurare una minaccia. Ma questo periodo dimostra che possiamo farlo.

Mi ritrovo anche a pensare più di prima al valore di vivere in modo più semplice. Fin dai tempi del college ho sempre vissuto da sola, in coppia o in un nucleo famigliare. Ma se in futuro dovremo sopravvivere a questo tipo di shock che eliminano la nostra rete sociale, le case unifamiliari sono una pessima soluzione. Le persone che conosco che stanno vivendo meglio durante questa crisi vivono in una sorta di co-alloggio istituito – con genitori, bambini, anziani e single che vivono tutti in spazi collegati con un cortile comune e aree comuni. In una pandemia, il tuo gruppo di co-alloggio è la tua comunità e tutti si impegnano a protocolli di isolamento per proteggersi l’un l’altro. È molto meno isolante che rinchiudersi per mesi in un nucleo famigliare e la parte migliore è che puoi condividere la cura dei bambini così come verdure del cortile.

Che cosa può venire fuori in meglio? Ci sono ragioni per sperare?


La speranza è in quanto sentiamo la mancanza l’uno dell’altro. Quanto amore abbiamo – tardivamente – espresso per gli operatori sanitari e gli altri il cui lavoro è essenziale. Quanta gioia abbiamo nell’assistere al ritorno della fauna selvatica. Oltre a ciò, dobbiamo guadagnare la nostra speranza con l’azione. Abbiamo visto tutti che i nostri governi hanno la capacità di radunare trilioni di dollari quasi da un giorno all’altro. Se riusciamo ad aggrapparci a questa conoscenza e a rimanere saldi di fronte alle altre crisi che affrontiamo (cambiamenti climatici, senzatetto, disuguaglianze insostenibili), potremmo effettivamente ottenere alcune vittorie nei mesi e negli anni a venire — come l’assistenza sanitaria universale interamente finanziata, l’alloggio per tutti e un New Green Deal. Le risorse ci sono, al momento sono solo dedicate ad arricchire ulteriormente i già ricchi.

 

Traduzione a cura di People for Planet

 

Category: Ambiente, Economia solidale, cooperativa, terzo settore, Epidemia coronavirus, Osservatorio internazionale, Osservatorio Stati Uniti

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