Mario Agostinelli: Il clima in cui nuota Calenda e il bottone nucleare

| 11 Gennaio 2018 | Comments (0)

 

1. IL MARE (E IL CLIMA) IN CUI NUOTA CALENDA

Il 20 dicembre 2017 i 28 ministri dell’ambiente si sono incontrati a Bruxelles per discutere il piano di riduzione delle emissioni preparato dalla Commissione Europea in conformità con l’accordo raggiunto alla Cop 21 del Dicembre 2015 sui cambiamenti climatici  A ragione sospettavamo che il trattato del Dicembre 2015 fosse solo un elenco di auspici, senza alcun obbligo vincolante, ma non ci saremmo certo aspettati che i ministri europei decidessero (con una certa resistenza solo da parte di Danimarca e Portogallo, ma con un pieno appoggio dell’Italia) di ridurre la quota assicurata alle fonti rinnovabili (il 27% dell’energia totale), ridimensionando contemporaneamente il ricorso alle fonti fossili.

Ebbene, a Bruxelles si è scesi dal 27% al 24,3%, prolungando in compenso i sussidi per l’industria dei fossili fino al 2030 anziché al 2020. Quindi, il nostro Governo, con l’inconsistente Galletti all’ambiente e con la regia del lobbista Calenda alle condotte del gas – partecipa attivamente a segare il ramo già impregnato di CO2 su cui siamo sempre più incautamente rannicchiati. In ammiccante sintonia con Trump, che cerca complicità al suo incosciente negazionismo in un sistema internazionale assediato dal nazionalismo e incapace di aspirare a soluzioni globali significative. L’attuale nostro governo è ancora convinto di fare della penisola l’hub continentale del gas, il terminale della TAP, la stazione di smistamento per la metanizzazione della Sardegna . In una simile prospettiva, perseguita senza apertamente dichiararne le conseguenze, i numeri appiccicati al documento della Strategia Energetica Nazionale SEN (28% di rinnovabili e -39% di emissioni di CO2 al 2030 )  sono già diventati una balla. Nei fatti, la decarbonizzazione si veste di “verde” con la chiusura delle centrali a carbone, ma si tinge di “grigio” con il pompaggio di gas e posa di tubi in ogni dove. D’altra parte che cosa può esserci di meglio degli affari attirati dal gas di Putin attraverso condotte che da Oriente s’immergono nei nostri mari o dall’eccesso di shale gas di Trump trasportato da Occidente con navi metaniere? (Ritornerò su questi argomenti che condizionano pesantemente le scelte energetico-climatiche concordate a parole nei vari summit mondiali).

Il ministro Calenda è uomo “spiccio”, portatore di idee tanto innovative quanto intriganti sulle politiche energetiche e industriali. Decarbonizzazione e industria 4.0 sono affabulazioni usate ad ogni occasione e enfatizzate dall’autorità del capo di Governo ad ogni incontro ufficiale. Sotto la “specie” dell’addio al carbone (previsto entro sette anni) la SEN, mai votata o emendata dal Parlamento e che tuttavia viaggia sicura in un decreto interministeriale (Mise-Ambiente), prevede non a caso 30 miliardi di Euro per reti e infrastrutture di gas ed elettriche. Ma, dato che cittadini, movimenti, Enti Locali e Regioni potrebbero ritardarne o bloccarne l’attuazione e la messa in posa, è annunciato e previsto un “processo decisionale semplice e snello”. Calenda ha avvertito che “quando un comune o una regione fanno ricorso contro un gasdotto si mette a rischio non solo l’opera ma l’obiettivo di decarbonizzazione della produzione elettrica entro il 2025”. Il ministro qui si è tradito: nella pratica, “sul terreno”, meno carbone per lui equivale a più gas. Di conseguenza, il Governo prima ha ammonito le Regioni a non fare ricorso contro le infrastrutture, poi addirittura, a due giorni dall’incontro dei ministri europei a Bruxelles, ha provato a “blindare” i cantieri del Salento, in Puglia, che lavorano per la costruzione del gasdotto TAP. In un emendamento che prevedeva 700 milioni di Euro di stanziamento per il 2018 sono stati definiti “Siti di interesse strategico naturale”, con la necessità di controlli severi di protezione. Fortunatamente, l’emendamento, che doveva passare dal Parlamento per le sue implicazioni finanziarie, in fase di votazione è stato dichiarato inammissibile dal relatore alla legge di bilancio Francesco Boccia. 

Per informare i lettori del punto cui si sta giungendo sul piano delle libertà democratiche, trascrivo qui la richiesta del governo andata in approvazione, ma – ripeto – fortunatamente e meritoriamente – dichiarata inammissibile: “Al fine di garantire il regolare svolgimento dei lavori e tutelare la sicurezza del personale impegnato per la realizzazione dell’infrastruttura verranno applicate le pene previste dal codice penale per chi, senza autorizzazione, travalichi i confini del cantiere o ne impedisca l’accesso. Il Codice prevede anche l’arresto, da tre mesi a un anno”. Per accelerare la realizzazione e limitare i disagi alla popolazione, le ulteriori autorizzazioni amministrative in materia ambientale e fitosanitaria sarebbero state adottate dalle amministrazioni centrali con l’ausilio dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e dell’Istituto superiore di sanità. Ai due Istituti sarebbero stati destinati nel 2018 i 700mila euro di stanziamento. E’ evidente come anche per la “decarbonizzazione via metano” rimanga viva l’intenzione di ripetere una vicenda come quella della Vallesusa. Montagne, territori, mari, clima verranno mai considerati come bene comune?

 

2. IL BOTTONE NUCLEARE PER I GONZI SPIEGATO AI PRINCIPIANTI

Il New York Times del 3 Gennaio ci spiega come le tremende e terroristiche favole di Trump e del suo contraltare asiatico valgano solo per i sempliciotti o per chi crede ancora alla Befana.

Dopo che il presidente americano e Kim Jong-un hanno contestato la scorsa settimana le reciproche minacce in termini di dimensioni, posizione e potenza dei loro “pulsanti nucleari“, un brivido è corso per il pianeta.

L’immagine di un leader con un dito su un pulsante – un grilletto capace di lanciare un attacco che stermina il mondo fa in effetti paura e dà credito alla follia: può così trafiggere l’immaginazione popolare in un pianeta dove la notizia si accredita oltre la realtà, anche quando è solo spacciata per vera.

C’è solo un problema: non c’è un pulsante.

L’immagine è stata frequentemente usata negli States per attaccare i candidati” durante le elezioni presidenziali. Il presidente Lyndon B. Johnson disse a Barry M. Goldwater, il suo avversario repubblicano nel 1964, che un leader doveva “fare tutto ciò che è onorevole per evitare di premere quel grilletto, schiacciando quel pulsante che farà esplodere il mondo”.

Richard M. Nixon ha detto ai consiglieri durante la guerra del Vietnam che voleva che i nord vietnamiti credessero che lui fosse un “folle” imprevedibile che non poteva essere trattenuto “quando è arrabbiato, e ha la mano sul pulsante nucleare”.

Ma come si può lanciare un attacco atomico da un contatto a portata di mano quanto la levetta di una macchinetta del caffè che gorgoglia in ufficio? Ciascun paese con potenza nucleare ha un proprio sistema assai complesso per arrivare ad una decisione così irreversibile, anche se la maggior parte delle procedure fanno riferimento al capo del governo non per una mania di sottomissione, ma per avere la conferma che solo un’identità cosciente e responsabilizzata al più alto livello possa autorizzare un attacco.

Infatti, una valigetta con un apposito autenticatore di codice accompagna il presidente (non solo americano) ovunque vada ed è trasportata in ogni momento da uno degli assistenti militari che rappresentano i rami delle forze armate di quel Paese e che, quindi, automaticamente allargano il raggio di consultazione e informazione su qualsiasi processo devastante in esame.

Il codice che va identificato, spesso descritto come una carta elettronica, è soprannominato “il biscotto”. E’ noto come Bill Clinton abbia perso il biscotto, ritrovato solo dopo alcuni mesi. Proprio per il timore di errori o financo di squilibri mentali, sono molte le richieste politiche di non lasciare al solo presidente il livello decisivo di approvazione di un intervento atomico.

E’ pur vero che gran parte del programma nucleare della Corea del Nord è avvolto nel mistero, ma è del tutto improbabile che il suo folle presidente abbia un pulsante nucleare sulla scrivania, nel suo ufficio”, e che un attacco possa essere scatenato in pochi istanti. Si ritiene che i missili coreani a raggio più lungo siano alimentati da carburante liquido per razzi. Ciò significa che i missili non possono essere immagazzinati e pronti al fuoco in un momento preciso. Devono essere caricati con carburante prima del lancio, un processo che può richiedere ore e perfino giorni.

Tutto questo di certo non ci porta a sminuire la portata e il rischio tremendo di quanto è in corso. Ci induce invece a giudicare con ancora più durezza lo stare inermi nelle mani sciagurate di chi ritiene di avere il dito più o meno grosso non per salvare il pianeta, ma per condurlo in un Armageddon che nessuno potrà descrivere, essendo tutte le nostre vite evaporate con esso.

Il tweet di Mr. Trump che afferma di avere un pulsante “molto più grande e più potente” di quello di Mr. Kim, bisogna far sentire la ragione di miliardi di coscienze e la tensione alla pace di un mondo rischiarato dai diritti. L’iniziativa dell’ONU per la messa al bando delle armi nucleari è un buon segno di inizio dell’anno nuovo. ( V. https://www.pressenza.com/it/2018/01/disarmo-nucleare-due-iniziative/ )

2.

Category: Ambiente

About Mario Agostinelli: Mario Agostinelli (1945) ha lavorato come ricercatore chimico-fisico per l’ENEA presso il CCR di Ispra. Dal 1995 al 2002 è stato Segretario generale della Cgil Lombardia e nel 2004 ha dato vita al movimento Unaltralombardia, con l’obiettivo prioritario di rinnovare dal basso le forme della rappresentanza. Ha ricoperto un incarico istituzionale come Consigliere regionale in Lombardia, eletto come indipendente nelle liste di Rifondazione Comunista, e nel 2009 ha aderito a Sinistra Ecologia Libertà. Sul piano internazionale si è contraddistinto per un intenso impegno nel Forum Mondiale delle Alternative e nel Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre.

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