Amina Crisma: Dharma today, convegno internazionale sul buddhismo, intervista a Chiara Mascarello e Francesco Tormen
Amina Crisma: Convegno internazionale sul buddhismo, intervista a Chiara Mascarello e Francesco Tormen
“Dharma Today, volti del buddhismo contemporaneo” si intitola il convegno internazionale promosso dall’ Unione Buddhista Italiana che si svolgerà il 5 e 6 marzo 2022 online e l’11-13 marzo presso l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia (tutti gli incontri saranno disponibili in streaming sui canali social dell’UBI).
Di quest’evento Amina Crisma ha dato notizia nell’intervista a Giangiorgio Pasqualotto apparsa il 24 febbraio su www.inchiestaonline.it , e oggi ne parla con gli organizzatori Chiara Mascarello e Francesco Tormen, docenti alle Università di Venezia e di Pisa e collaboratori dell’Unione Buddhista Italiana per lo sviluppo di partnership con il mondo accademico.
D. Dharma Today rappresenta senz’altro un evento di grande e innovativo rilievo nel nostro panorama culturale: quali sono le finalità, le caratteristiche, le motivazioni, le aspettative in base alle quali lo avete progettato?
R. Il convegno nasce dall’intento dell’Unione Buddhista Italiana di aprire uno spazio, nel mondo accademico italiano, per la ricerca e il dibattito sui temi cari al buddhismo. Benché in passato non siano mancate eccellenze nel nostro Paese (basti pensare all’opera di Giuseppe Tucci o all’impegno di Giangiorgio Pasqualotto nel porre in evidenza il carattere filosofico della riflessione buddhista) non si può certo dire che, almeno finora, ci sia stato uno sforzo sistematico e continuativo nella costruzione di un vero e proprio settore disciplinare, dotato di piena dignità e autonomia, come lo sono altrove i Buddhist Studies (penso ad esempio alla SOAS in Inghilterra o alla Hamburg University in Germania, solo per citare qualche esempio europeo). Direi che è proprio questa la nostra finalità per l’Italia, nel lungo periodo. Un obiettivo senz’altro molto ambizioso, ma da qualche parte si deve partire e Dharma Today vorrebbe proprio muovere un primo passo in questa direzione, ospitando un incontro tra alcune delle menti più brillanti che si stanno occupando a vario titolo di studi buddhisti, al fine di facilitare tra loro un confronto reciproco – che ci auguriamo possa continuare nel tempo – e di far conoscere al grande pubblico, ma soprattutto al mondo delle università, la fecondità e la ricchezza di questo settore di ricerca. Anche per questo abbiamo deciso di adottare un ventaglio tematico piuttosto ampio e uno sguardo rivolto anche a questioni di significativa attualità, con l’intento di contribuire a una riflessione sull’identità del buddhismo contemporaneo, in Italia e non solo, facendo i conti con i profondi mutamenti culturali, sociali ed epistemologici avvenuti in queste prime due decadi del nuovo millennio.
D. Quali sono le tematiche salienti del convegno?
R. L’idea è appunto quella di offrire una panoramica a trecentosessanta gradi sul buddhismo oggi, ma anche sulle aree del sapere e sulle sfide sociali, etiche e ambientali nelle quali il contributo del buddhismo si sta facendo sentire e per le quali potrebbe rivelarsi ancora più prezioso in futuro. In particolare, vedremo alcuni esempi paradigmatici di adattamento ed evoluzione delle forme
classiche del buddhismo nell’epoca contemporanea, con riferimenti sia al mondo occidentale che a quello orientale; al centro del dibattito, la dialettica che vede da un lato l’‘ortodossia’ e l’esigenza di mantenere una certa fedeltà alla tradizione e dall’altro la necessità di un’attualizzazione dell’insegnamento che possa offrire al praticante strumenti adeguati ad affrontare le sfide dell’epoca odierna. Si affronterà la vexata quaestio della possibile emersione di un vero e proprio buddhismo occidentale ma si rifletterà anche sulle criticità legate alle forme più parziali di incorporazione delle pratiche meditative all’interno dello stile di vita moderno, come ad esempio il fenomeno della mindfulness.
Indagheremo anche il complesso intreccio di questioni sociologiche, etiche e politiche che coinvolgono il buddhismo contemporaneo. Saranno toccati i temi legati alla sessualità e alle questioni di genere, nonché le implicazioni politiche ed economiche del processo di diffusione dell’insegnamento. In questo contesto si colloca anche la spiccata propensione del buddhismo verso l’impegno sociale, che impone oggi al praticante di prendere a cuore alcune questioni decisive per il futuro dell’umanità e, più in generale, per la vita sul pianeta Terra. Se le questioni legate al cambiamento climatico e alle sfide ecologiche assumono ampio rilievo, il tema dell’ambiente non è l’unico a richiamare il buddhista impegnato alla riflessione e all’azione: le problematiche etiche, psicologiche e sociali legate all’accelerazione tecnologica nei campi del digitale e dell’intelligenza artificiale rappresentano oggi una sfida non meno complessa per i prossimi decenni, nonché un ambito rispetto al quale la riflessione buddhista è già cominciata.
Sarà dato anche spazio ai contributi più significativi del pensiero buddhista al dibattito filosofico, con un’attenzione particolare per alcuni concetti tradizionali che trovano particolare risonanza negli sviluppi più recenti del pensiero contemporaneo. In particolare, si parlerà dei limiti del linguaggio nel descrivere l’esperienza e della scoperta – per il buddhismo tutt’altro che nuova – della natura insostanziale del soggetto, ovvero della sua intrascendibile storicità, che fa del sé uno stratificato costrutto narrativo essenzialmente dipendente dalla rete di relazioni che lo costituiscono. È in effetti proprio nel concetto di pratītyasamutpāda (produzione interdipendente) che risiede uno dei punti di maggiore contatto tra l’esito dell’indagine classica del buddhismo e i temi più cari al pensiero contemporaneo.
D. Fra i molti temi interessanti, il programma del convegno focalizza il ruolo del buddhismo nella diffusione delle pratiche meditative e il suo contributo alla ricerca scientifica, con particolare riferimento ai Contemplative Studies, campo multidisciplinare che indaga l’esperienza meditativa con gli strumenti della scienza sperimentale; ci sono in cantiere vostre ulteriori iniziative su questo versante?
R. Certamente, si tratta di uno dei temi che ci stanno più a cuore e per il quale riteniamo che l’eredità buddhista possa contribuire maggiormente all’avanzamento del sapere e al cambiamento sociale. Su questo tema, peraltro, al convegno interverranno, tra gli altri, due dei pionieri di questo settore di ricerca, che ancora oggi rappresentano punti di riferimento imprescindibili: Harold D. Roth e B. Alan Wallace.
Quanto ai nostri progetti futuri, c’è l’idea di lavorare alla creazione di disegni di ricerca multidisciplinari e di respiro internazionale, con l’intento di contribuire a una rappresentazione scientifica ma non riduzionistica dell’esperienza contemplativa e dei suoi benefici e magari, chissà, provare a gettare un po’ di luce sull’enigma della natura della coscienza, sul quale le neuroscienze, malgrado i progressi straordinari dell’ultimo ventennio, sembrano ancora brancolare nel buio.
Il progetto di più immediata realizzazione è un Master biennale in Contemplative Studies erogato dal Dipartimento FISPPA dell’Università di Padova in collaborazione con UBI, che potrebbe vedere la luce già il prossimo novembre. È ancora una proposta in via di approvazione, ma se tutto va bene sarà un’esperienza formativa senza precedenti in Italia: l’esperienza contemplativa sarà indagata con uno sguardo davvero multidisciplinare (dalla filosofia alla storia delle religioni, dalla psicologia alle neuroscienze, dalla sociologia alla pedagogia). Non si tratterà solo di buddhismo ma anche di altre tradizioni filosofiche e religiose nelle quali la contemplazione assume un ruolo centrale (tra cui neoplatonismo, mistica cristiana, induismo e sufismo).
Ma l’aspetto forse più interessante del Master – che si rivolgerà, oltre che a studiosi e appassionati, anche a insegnanti di meditazione e mindfulness, nonché a psicologi, medici, infermieri e docenti che intendano adottare approcci contemplativi nella propria professione – è l’elevato numero di ore di pratica meditativa inserite nel piano di studi, che si svolgeranno sotto la guida di insegnanti qualificati e che, nell’arco del biennio, permetteranno di acquisire un’esperienza diretta nelle principali forme di meditazione tradizionali, nonché in alcuni tra i più accreditati programmi moderni mindfulness-based e affini. È proprio sul versante della pratica che l’UBI darà il suo contributo più significativo alla didattica, ospitando peraltro gli studenti nei più suggestivi monasteri e centri di meditazione del Paese.
Nel contesto di questa collaborazione si prevede anche la realizzazione di un convegno annuale sui Contemplative Studies, che crediamo possa diventare un appuntamento importante non solo per gli studenti del Master ma anche per studiosi provenienti da ogni parte del globo, che troveranno un contesto adatto a intrecciare idee e progetti di ricerca.
D. Come si configura attualmente ai vostri occhi, nelle sue svariate modalità, la presenza del buddhismo in Italia? E come si configura rispetto al globale fenomeno del buddhismo in Occidente?
R. Una questione davvero molto complessa, alla quale è difficile dare una risposta univoca, proprio alla luce del carattere assai molteplice e sfaccettato del fenomeno. Da un lato sarebbe opportuno parlare di buddhismi, al plurale, perché in effetti, anche limitandosi all’Italia, la rappresentanza di tradizioni buddhiste è davvero vasta e articolata e ciascuna di esse costituisce, in un certo senso, un mondo a sé stante, composto da dottrine, pratiche e forme di comunità anche molto differenti tra loro. Da un altro punto di vista è però chiaro che vi sono valori e principi di fondo che accomunano tutte le differenti realtà del multiverso buddhista, così come un certo modo di stare al mondo improntato sulla consapevolezza e sul rispetto verso il fenomeno della vita in tutte le sue manifestazioni. Identificare, e in qualche modo rafforzare, questo terreno comune è uno dei principali propositi dell’Unione Buddhista Italiana negli ultimi anni, assieme a quello di costruire ponti con la società civile: non solo con il mondo delle università, ma anche con quello dell’istruzione primaria e secondaria, dell’ambiente, della cura e del sociale.
E questa riflessione ci riporta, così, ai temi del convegno e ai suoi obiettivi: si avverte chiaramente il bisogno di una riflessione sull’identità e sul ruolo del buddhismo nel nuovo millennio. Non si tratta di un’impresa da realizzare in tempi rapidi ma di un processo complesso che richiede calma e molta apertura alla conoscenza reciproca e all’analisi del presente. La nostra personale impressione è che sia opportuno procedere su due binari paralleli e comunicanti: da un lato è necessario occuparsi della preservazione e, anzi, dell’approfondimento delle fonti tradizionali, non solo rafforzando gli studi buddhisti in Italia e nel mondo, ma anche favorendo il contatto e lo scambio con gli esponenti viventi dei buddhismi asiatici e sostenendo i luoghi di culto formatisi in Occidente. Dall’altro è però importante non retrocedere dinanzi al compito storico di tentare di estrarre il nucleo più essenziale dell’insegnamento buddhista e trovare nuove forme e nuovi linguaggi per esprimerlo e farlo dialogare con il mondo di oggi. Si tratta, del resto, di un fatto che si è già verificato più volte nel corso della Storia e che ha permesso la nascita e lo sviluppo delle forme di buddhismo oggi conosciute e praticate. Quali siano gli elementi essenziali del messaggio buddhista, e quali rappresentino invece involucri culturali di cui sarebbe possibile fare a meno, è una domanda alla quale è opportuno rispondere, come dicevamo, molto prudentemente.
È però chiaro, anche considerando la vocazione antidogmatica che caratterizza questa tradizione fin dalle sue origini, che il buddhismo di domani non potrà esimersi – come del resto non sta facendo il buddhismo di oggi – da un radicale confronto con le conoscenze e le metodologie della scienza moderna. Sarebbe certo auspicabile che il vantaggio di questo confronto fosse in qualche modo reciproco: se lo stesso XIV Dalai Lama non ha esitato a considerare obsolete, alla luce dell’incontro con la scienza moderna, molte delle nozioni cosmologiche contenute nell’Abhidharma – tanto che al giorno d’oggi nelle università monastiche tibetane si studiano rudimenti di fisica, chimica, biologia e astronomia – sarebbe d’altro canto auspicabile che il mondo scientifico prendesse in considerazione l’enorme mole di conoscenze fenomenologiche sulla coscienza e i suoi diversi stati che sono raccolte nei testi tradizionali e tutt’oggi vivificate dall’esercizio contemplativo di milioni di praticanti. Proprio in questo senso auspichiamo che il lavoro già intrapreso nell’ambito dei Contemplative Studies possa trovare ampio sviluppo nei decenni a venire, contribuendo tanto a delineare i contorni di un buddhismo occidentale quanto a trasformare positivamente lo stile di vita e la consapevolezza di sé delle nuove generazioni, fornendo loro strumenti adatti ad affrontare le ingenti sfide globali che le attendono.
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Direzione scientifica del Convegno Dharma Today: Chiara Mascarello e Francesco Tormen. Entrambi insegnano Lingua tibetana presso l’Università Ca’ Foscari Venezia e sono docenti nel Master in Neuroscienze, Mindfulness e Pratiche Contemplative dell’Università di Pisa. Collaborano con l’Unione Buddhista Italiana per lo sviluppo di partnership con il mondo accademico e la realizzazione di convegni e percorsi formativi sul buddhismo e sulle pratiche contemplative.
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