I Professori Associati contro l’aumento delle tasse universitarie
Il Direttivo Nazionale del Coordinamento Nazionale Professori Associati (CoNPAss) in data 8 luglio 2012 ha preso posizione contro l’aumento delle tasse universitarie con questo documento dal titolo :
NO AD OGNI AUMENTO DELLE TASSE UNIVERSITARIE!!!
L’articolo 3, secondo comma, della Costituzione prescrive: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; l’articolo 34, terzo comma, afferma: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.
Secondo i dati di Almalaurea, nel nostro paese sono solo 20 su 100 i laureati in età compresa tra i 25 e i 34 anni, contro la media europea del 37%. È un male antico: nella popolazione compresa tra i 55-64 anni, sono laureati 10 italiani su cento, metà di quanti ne risultano nei paesi Ocse (in Francia sono 18, in Germania 25, nel Regno Unito 29, negli USA 41). Eppure una laurea serve, perché in Italia il tasso di occupazione per chi possiede titoli d’istruzione universitaria supera di oltre 28 punti percentuali quello di chi non ha completato un ciclo d’istruzione secondaria superiore.
Un ostacolo ad una maggiore frequenza universitaria è sicuramente rappresentato dalle tasse d’iscrizione, che pongono l’Italia al terzo posto tra gli Stati europei, con una media di 1.100 euro (poco meno di un mese del salario netto di un lavoratore dipendente!); solo in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi le università sono più care: in Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria sono del tutto gratuite, in Germania, Francia e Spagna assai meno costose.
È notizia della scorsa settimana l’aumento medio della tassa regionale sul diritto allo studio del 40%, nonostante le istituzioni continuino a non essere capaci di garantirlo a tutti i capaci e meritevoli: siamo l’unico Paese al mondo, del resto, in cui esiste la categoria degli “idonei senza borsa”; non dimentichiamo, inoltre, che le tasse studentesche coprono di fatto già il 50% delle borse di studio, realizzando in tal modo un sostanziale disimpegno dello Stato dal proprio compito primario e costituzionale di garantire l’accesso all’istruzione di ogni giovane meritevole, a prescindere dalle possibilità economiche della sua famiglia.
In Italia esiste inoltre il caso incredibile di una legge dello Stato puntualmente disattesa da quasi 6 Atenei su 10 in quanto non prevede alcuna sanzione (e il MIUR si guarda bene dall’applicarne alcuna): si tratta del DPR 306/97 che stabilisce che l’importo della contribuzione studentesca non può superare il 20% del fondo di finanziamento ordinario che il Ministero assegna a ogni singola Università. Il 59% degli Atenei – solo in parte per via della riduzione del FFO (Fondo di Finanziamento ordinario dell’Università) – è fuorilegge e il governo che fa? Cambia numeratore e denominatore del rapporto, scorporando dal conteggio le contribuzioni dei fuori corso (consegnandoli perciò alla “predazione contributiva”) e dall’altro lato aggiungendo al FFO ogni altro trasferimento statale: il numeratore si riduce, il denominatore aumenta, il gioco è fatto!
L’ultimo Decreto Legge del governo Monti (cosiddetto “spending review”) infatti permette, con un trucchetto da gioco delle tre carte, agli atenei di aumentare tasse già esorbitanti rispetto alla media europea nella speranza di rattoppare i buchi aperti nei bilanci universitari dal taglio del finanziamento ordinario, in atto da anni.
È un provvedimento odioso, che penalizza i giovani delle famiglie meno ricche, che punta a scatenare una guerra dei poveri tra studenti ed amministrazioni universitarie, che danneggia il paese interno perché farà ulteriormente abbassare il numero di giovani laureati. Forse qualcuno vuole che l’Italia torni ad essere quello che era negli anni Cinquanta, quando l’istruzione superiore era riservata ai “Pierini del dottore”.
Duole constatare che anche l’attuale esecutivo, in totale continuità con il governo precedente, nel riempirsi la bocca di “provvedimenti per la crescita”, ignori e anzi penalizzi quello che è l’unico mezzo per una reale inversione di tendenza, e cioè il rilancio, anche sul piano morale, della ricerca, dell’istruzione, della cultura.
Dietro il pretestuoso paravento della lotta agli sprechi, bolso cavallo di battaglia dell’ex ministro Gelmini, sprechi attribuiti a un paese che occupa il penultimo posto nell’OCSE per i finanziamenti all’istruzione, anche l’attuale governo, con la lungimiranza di una talpa, continua a penalizzare gli strumenti di crescita, e cerca di illudere gli italiani che, con tagli lineari alla spesa pubblica e nuove tasse o artifici esclusivamente finanziari, possa esserci un ignorante, ma benefico, sviluppo.
Avendo già raschiato il fondo del barile nel depauperare le strutture e il personale del mondo della cultura, ora il gabinetto Monti ha l’impudenza di indirizzare l’aggressione economica sugli studenti, cioè sul futuro della nazione, infischiandosene, sul piano etico, della ennesima angheria fatta alle nuove generazioni, e delle intollerabili iniquità sociali così indotte. Ma soprattutto, ed è ancora più grave, di come sarà l’Italia del futuro, dato che bloccare la mobilità sociale significa privare il paese di forze vive indispensabili per la sua crescita culturale ed economica.
Come docenti impegnati a contrastare la distruzione in atto dell’alta formazione, avviata dal ministro Gelmini e continuata dal ministro Profumo, ci opponiamo e ci opporremo a qualunque aumento delle tasse universitarie.
Category: Scuola e Università