Luigi Manconi: Dieci anni senza Federico Aldrovandi
In relazione alla morte di Federico Aldrovandi pubblichiamo la petizione diffusa da Luigi mancino e l’aggiornamento della petizione diffusa il 25 settembre 2015
1. Luigi Manconi: Via la divisa agli assassini di Federico Aldrovandi
Petizione diffusa il 14 febbraio 2014
Federico Aldrovandi (nelle due foto) è morto il 25 settembre 2005, a soli 18 anni. Quel giorno il corpo di Federico è rimasto sulla strada dalle 6 di mattina alle 11, quando la polizia avvisò i genitori. Federico era sfigurato dalle percosse e sui suoi vestiti si aprivano larghe macchie di sangue. I poliziotti, poi condannati in via definitiva per eccesso colposo in omicidio colposo tentarono di depistare, dicendo che Federico si era ferito da solo sbattendo la testa contro i pali della luce. Eppure adesso sono tornati in servizio, dopo aver provocato ben 54 lesioni sul corpo di Federico portandolo alla morte.
I medici hanno dichiarato che Federico aveva lo scroto schiacciato, una ferita lacero-contusa alla testa e numerosi segni di percosse in tutto il corpo.
Hanno ucciso a mani nude e con i manganelli un ragazzo di 18 anni. Hanno aspettato 6 ore per avvisare la famiglia. Hanno disinformato, omesso, mentito. A causa dei depistaggi hanno avuto una condanna per un omicidio che di colposo non ha niente. La sicurezza dei cittadini non può essere affidata a chi si è reso responsabile di questo orrore.
Chiediamo pertanto che quei poliziotti non siano mai più nella posizione di poter fare ancora ciò che già hanno fatto.
Non hanno mai chiesto scusa, non si sono mai mostrati addolorati per aver tolto la vita a Federico. Ora possono tornare, armati, a svolgere un servizio istituzionale delicato come quello della gestione dell’ordine pubblico. Ciò è ingiusto.
Dobbiamo continuare a pensare che un’altra polizia è possibile. Dobbiamo continuare a pensare che mai più un cittadino possa subire un controllo di polizia così brutale da esserne ucciso e possa entrare in contatto con apparati così reticenti e omertosi da depistare e insabbiare le indagini. Chiediamo di sapere quale sia stato l’esito del procedimento disciplinare a carico dei quattro poliziotti. Chiediamo che vengano disarmati e messi nelle condizioni di non nuocere più ad alcuno. Chiediamo che sia loro impedito di svolgere funzioni di ordine pubblico e di sicurezza e chiediamo che siano applicati esclusivamente a funzioni amministrative e che svolgano un servizio che non preveda, né ora né mai, alcun contatto con il pubblico.
2. Luigi Manconi: Dieci anni senza Federico Aldrovandi
25 settembre 2015
Dieci anni che sono passati invano. Dopo Federico, una lunga teoria di morti simili: o durante fermi di polizia, o in situazioni di privazione della libertà. Ne ricordo alcune: Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Dino Budroni, Michele Ferrulli, Riccarco Magherini. Sono questi i nomi che evocano vicende che hanno acquistato una qualche notorietà. Poi ci sono gli anonimi, quelli di cui sono state riportate appena le iniziali, quelli caduti nell’oblio più totale. E, soprattutto, c’è la persistenza di un metodo che sembra prolungarsi anche in altri ambiti, per altri scopi, e indirizzato verso altri soggetti. Nello scorso agosto, Andrea Soldi, affetto da disagio mentale, subisce un trattamento sanitario obbligatorio con una tecnica di immobilizzazione pressoché identica a quella che ha portato alla morte di Magherini, nel marzo del 2014 a Firenze.
Dieci anni che non sono passati invano. I responsabili della morte di Federico Aldrovandi sono stati condannati in via definitiva. E si registra un’attenzione nuova, più vigile e sollecita, da parte dell’opinione pubblica nei confronti di tante morti una volta ignorate o considerate fatali.
Soprattutto, un numero crescente di persone, familiari e testimoni, decide di non tacere. Patrizia Moretti, mamma di Federico, è la prima a condurre una importantissima mobilitazione emotiva, sociale e politica: innanzitutto attraverso un blog, e poi con un’interlocuzione tenace nei confronti dei cittadini, dei soggetti istituzionali e delle massime autorità dello stato. Ottiene così, tra l’altro, l’effetto di “spaccare” le forze di polizia, tra le componenti reazionarie ed esplicitamente fascistoidi e quelle che chiedono la democratizzazione del corpo; e non vogliono lasciarsi identificare con chi esercita le sue attività con mezzi illegali e violenti. E tuttavia, va detto, il cammino è ancora lungo.