Romano Prodi: Islam e occidente. Il discorso del presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi.

| 17 Gennaio 2015 | Comments (0)

 

 

 

Diffondiamo questo articolo di Romano Prodi comparso su  Il Messaggero del 11 gennaio 2015

La profonda e sentita partecipazione al lutto per le vittime della tragedia di Parigi deve essere accompagnata da un’altrettanto profonda riflessione sulle sue conseguenze politiche e su quanto si può fare per evitare che questi atti criminosi ci accompagnino in un futuro senza fine Ogni riflessione deve naturalmente partire dalla necessità di mettere in atto tutti i mezzi di intelligence e prevenzione e tutte le misure di controllo e repressione contro coloro che operano ai limiti della legalità e predicano la violenza.

Sappiamo tuttavia che le società  moderne, ed in particolare le società libere e democratiche,  sono per definizione fragili e sempre vulnerabili di fronte alle azioni criminose.

La lotta contro il terrorismo deve essere quindi accompagnata da una strategia politica  che lo isoli e lo indebolisca.

Per noi europei il primo passo da compiere è quello di trasformare le strategie nazionali, che in questo campo si mantengono pervicacemente tali, in i una politica comune. Avrei desiderato che questa volontà si manifestasse subito, chiamando tutti i cittadini europei a una giornata di lutto espressa in modo corale in tutta l’Unione e mi sono permesso di presentare questa proposta al presidente della Commissione Europea. Mi sono tuttavia ancora una volta arreso di fronte al fatto che l’attuale solidarietà europea è troppo fragile per potersi tradurre in una pronta decisione anche riguardo ad avvenimenti che pure evocano spontaneamente la nostra più profonda partecipazione.

Non sarà quindi facile elaborare una politica comune: tuttavia alcuni eventi imprevisti possono indicarci almeno la direzione dei primi passi da percorrere.

La nuova prospettiva è stata aperta da un importante e imprevisto discorso del presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, alla vigilia della strage di Parigi.

Di fronte alle massime autorità religiose dell’università’ di Al Azhar, che è il centro più importante del pensiero teologico musulmano, il presidente egiziano si è esposto in un discorso che, per contenuto e peso politico, non ha precedenti nel mondo islamico, un discorso in cui ha esortato gli Iman ad interpretare la parola del Profeta non con criteri immutabili, ma in coerenza con le necessità dei tempi e le esigenze di una pacifica convivenza di tutta l’umanità.

“È inconcepibile che il pensiero che noi riteniamo più sacro abbia come conseguenza che l’intero” “mondo islamico sia fonte di pericoli,assassinii e distruzioni  in tutto il mondo.” Queste parole, se seguite da una coerente azione, sono di per se stesse una rivoluzione, ma Al-Sisi ha proseguito ricordando a tutti i presenti che ” questo pensiero ( pensiero e non religione ) che abbiamo sacralizzato in questi anni sta antagonizzando l’intero mondo” mentre è inconcepibile che “un miliardo e seicento milioni di musulmani vogliano uccidere gli altri sette miliardi di abitanti della terra”.

Rivolgendosi direttamente a tutti i più autorevoli Iman presenti, ha infine concluso il suo discorso affermando che l’intero pianeta si attende questo cambiamento perché “la nostra comunità è “lacerata e sta per essere distrutta dalle nostre stesse mani e voi ne siete responsabili davanti a” “Dio e davanti agli uomini”.

Dopo avere invocato questo cambiamento radicale del ruolo politico dell’Islam, il presidente si è  recato, insieme ai suoi più importanti ministri, ad assistere alla messa del Natale ortodosso nella cattedrale di San Marco del Cairo. Dopo avere augurato Buon Natale a tutti ha lanciato il secondo importante messaggio, annunciando che l’Egitto deve iniziare la fase di un nuovo pluralismo religioso, nel quale ” i cristiani e i musulmani debbono essere uniti e costruire insieme il nuovo “Egitto”  e devono fra loro chiamarsi “egiziani” e nient’altro.

Queste parole cambiano radicalmente lo scenario del più influente paese islamico del mediterraneo, paese in cui la convivenza religiosa è stata in questi anni sopraffatta da continui scontri   e, troppo spesso, da brutali atti di violenza.

Bisognerà certo vigilare sulla coerente applicazione di questi messaggi e vedere se penetreranno nel profondo dell’Egitto, anche perché non possiamo dimenticare la tragica fine di un analogo progetto di riconciliazione portato avanti da Sadat.

Oggi però siamo di fronte a un fatto nuovo: la sciagura del terrorismo minaccia con uguale intensità non solo l’Europa ma tutte le grandi potenze. Dagli Stati Uniti alla Cina, dall’Europa alla Russia il terrorismo armato, soprattutto nel momento in cui esso diventa uno Stato , è per tutti il nemico da vincere.

Di fronte a un pericolo comune è quindi possibile una politica comune, prima di tutto premendo sull’Egitto, anche con aiuti economici, perché questo grande progetto di pacificazione sia messo in atto, con le doverose conseguenze nei confronti dei diritti civili di tutti i cittadini.

A questo si deve tuttavia accompagnare una strategia più a largo raggio per fare in modo che gli altri grandi stati islamici seguano la stessa via, a partire dalla Turchia che, insieme all’Egitto, ricopre un ruolo di assoluta leadership nel Mediterraneo e che, negli ultimi anni, ha invece fatto passi indietro nel processo di modernizzazione delle regole di convivenza che hanno costituito il fondamento del discorso di al-Sisi.

Penso che sia interesse di tutte le grandi potenze esercitare una pressione comune anche sugli altri governi dei paesi nei quali le tensioni religiose e lo “scontro di civiltà” hanno portato le conseguenze più funeste.

Sarà certo un processo lungo, che dovrà impegnare risorse economiche ancora più di quelle militari e, soprattutto, obbligherà a trattare anche con leader fino ad ora considerati intrattabili. È’ infatti evidente che, se vogliamo iniziare un processo di pacificazione solido e duraturo, esso non può che fondarsi sulla cooperazione con le strutture statuali dei grandi paesi islamici. El Sisi ci ha detto che vuole provarci in Egitto. Aiutiamolo a raggiungere l’obiettivo che lui stesso lo ha esposto e operiamo in modo che questa positiva novità si estenda a tutto il mondo islamico.

 

 

 

 

Category: Guerre, torture, attentati, Osservatorio internazionale, Politica

About Romano Prodi: Romano Prodi (Scandiano, 9 agosto 1939) è un politico ed economista italiano, che ha ricoperto la carica di Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana per due volte (dal 1996 al 1998 e dal 2006 al 2008).Docente universitario di Economia e politica industriale all'Università di Bologna, è stato nel 1978 ministro dell'Industria nel Governo Andreotti IV; presidente dell'IRI dal 1982 al 1989 e dal 1993 al 1994. È stato presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004 (Commissione Prodi). Dal 17 gennaio al 6 febbraio 2008 ha ricoperto anche la carica di Ministro della Giustizia ad interim. Fondatore e leader de L'Ulivo, dal 23 maggio 2007 è stato presidente del Comitato nazionale per il Partito Democratico, e con la fondazione di quest'ultimo ne è stato Presidente dell'Assemblea Costituente Nazionale dal 14 aprile 2007 al 16 aprile 2008. È stato il primo ed unico candidato Premier del centro-sinistra ad aver vinto le elezioni politiche italiane (quelle del 1996 e quelle del 2006) e ad aver formato un Governo senza ricorrere ad alleanze con coalizioni rivali. Dal 12 settembre 2008 presiede il Gruppo di lavoro ONU-Unione Africana sulle missioni di peacekeeping in Africa. Il 1º settembre 2008 ha creato la Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli. Nell'ottobre 2012 è stato nominato Inviato Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per il Sahel.Dal 21 febbraio 2014 è presidente dell'International advisory board (Iab) di Unicredit.

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