Franco “Bifo” Berardi: Lettera aperta agli “intellettuali” del Bar Messico
Category: Guerre, torture, attentati, Osservatorio internazionale, Osservatorio Stati Uniti
Category: Guerre, torture, attentati, Osservatorio internazionale, Osservatorio Stati Uniti
About Franco Berardi: Franco Berardi, detto Bifo (Bologna,1949), è uno scrittore, filosofo e agitatore culturale italiano.Nel 1970 pubblica il suo primo libro, Contro il lavoro (edito da Feltrinelli). Nel 1975 fonda la rivista A/traverso, un foglio che era espressione dell'ala "creativa" del movimento bolognese del 1977; nei suoi scritti definisce il centro della sua analisi, il rapporto tra movimenti sociali e tecnologie comunicative. Nel 1976 partecipa alla fondazione dell'emittente libera Radio Alice e subisce l'arresto nell'ambito dell'inchiesta contro Autonomia Operaia per i tragici eventi di Argelato, in cui era stato ucciso il carabiniere Andrea Lombardini, nel corso di un controllo in cui aveva sorpreso alcuni militanti del gruppo che stavano preparando una rapina. Per richiedere la sua scarcerazione, Radio Alice organizza una festa in Piazza Maggiore, a cui partecipano oltre diecimila persone. Bifo viene scarcerato poco dopo, e diviene il leader dell'"ala creativa" della protesta studentesca bolognese del 1977. Dopo la chiusura della radio da parte della polizia, contro Berardi viene spiccato un mandato per "istigazione di odio di classe a mezzo radio", per sottrarsi all'arresto fugge da Bologna. Si rifugia a Parigi dove frequenta Félix Guattari e Michel Foucault e pubblica il libro Le Ciel est enfin tombé sur la terre (Éditions du Seuil). Negli anni ottanta rientra brevemente in Italia e poi si trasferisce a New York dove collabora alle riviste Semiotexte e Musica 80. Viaggia a lungo in Messico, India, Cina e Nepal. In quel periodo inizia ad occuparsi della crescita delle reti telematiche e preconizza la futura esplosione della rete quale vasto fenomeno sociale e culturale. Alla fine degli anni ottanta si trasferisce in California dove pubblica alcuni saggi sul cyberpunk. Ritorna a Bologna e, in veste di protagonista, partecipa al documentario Il trasloco di Renato De Maria, prodotto dalla RAI nel 1991, incentrato sulla storia del suo appartamento. Collabora poi con varie riviste culturali fra cui Virus mutations, Cyberzone, Millepiani e varie casa editrici fra cui la Castelvecchi. Collabora inoltre alla stesura di testi per la trasmissione televisiva prodotta da RAI Educational e condotta da Carlo Massarini dedicata al mondo delle nuove tecnologie MediaMente. Dal 2000 al 2009 cura con Matteo Pasquinelli l'"ambiente di rete" Rekombinant. Nel 2002 fonda Orfeo Tv, la prima televisione di strada italiana. Nel 2005 un suo pamphlet che si scaglia contro le politiche sociali del nuovo sindaco di Bologna Sergio Cofferati viene ripreso con enfasi dalle testate giornalistiche nazionali. Attualmente lavora come insegnante presso l'istituto tecnico industriale Aldini Valeriani di Bologna . Pubblica regolarmente sul quotidiano Liberazione, sulla rivista alfabeta, sulla mailing-list Rekombinant e sul sito Through Europe. Ultimo suo libro La Sollevazione. Collasso europeo e prospettive del movimento. Manni Editori, 2011
*
Diffondiamo da Il Manifesto del 21 agosto 2021
Il coro di raffinati intellettuali ha ripreso a cantare: esportare la democrazia è un nostro diritto, anzi un nostro dovere! Cantano nel coro illustri intellettuali come Francesco Merlo, Ernesto Galli della Loggia, Fiamma Nierenstein e naturalmente Giuliano Ferrara.
Colpito da tanta passione democratica sono andato a informarmi, e ho studiato la storia passata e presente del principale esportatore della democrazia, i famosi Stati Uniti d’America. Ho scoperto che si tratta di un paese nato da un genocidio perfetto, dallo sterminio spietato degli indigeni che abitavano quella terra prima che i democratici arrivassero. Ho scoperto che si tratta di un paese che ha conquistato la prosperità grazie alla deportazione di decine di milioni di africani, e grazie allo schiavismo sistematico, abolito formalmente dopo una guerra civile, ma poi tranquillamente continuato con la carcerazione di massa e i lavori forzati dei neri. Ho scoperto che in questo paese la polizia uccide quotidianamente nelle strade persone disarmate, soprattutto se di pelle nera. Le loro vite «non contano», lo grida per le strade un movimento intero di donne e uomini.
Ho scoperto che l’11 settembre del 1973 questo paese finanziò e appoggiò un generale nazista che uccise Salvador Allende e trentamila cittadini cileni. Ho scoperto che una piccola minoranza possiede una ricchezza immensa mentre la maggioranza della popolazione, nera latina e bianca, vive in condizioni di miseria, sfruttamento e ignoranza. Ho scoperto che per ottenere un titolo di studio universitario è necessario contrarre un debito che pagherai solo accettando condizioni di lavoro precario e miserabile. Ho scoperto che le grandi aziende farmaceutiche di quel paese hanno distribuito oppiacei a milioni di poveri bianchi disperati.
Inoltre, approfondendo un poco, ho scoperto che gli orribili assassini talebani non esistevano prima che gli Stati Uniti (il faro della democrazia, appunto) finanziassero l’islamismo radicale per colpire gli occupanti sovietici. Per giustificare il finanziamento del terrore islamista in Afghanistan, Zbignew Brzezinski, uno dei più importanti intellettuali dell’impero americano disse: «Cosa pensate che sia più importante nella storia del mondo? I talebani o la caduta dell’impero sovietico? Qualche islamista un po’ troppo eccitato o la liberazione dell’Europa centrale e la fine della guerra fredda?».
Ecco, ora sappiamo che Brzezinski sbagliava, su questo punto. L’Unione sovietica è implosa e scomparsa, dimenticata. Pace all’anima sua. Ma qualche islamista un po’ troppo eccitato ha finito per provocare il collasso della credibilità americana, al punto che possiamo dire che adesso è l’Occidente che scompare, anche se forse non lo farà così tranquillamente come lo fece l’Urss. Il punto è che i principali finanziatori del terrorismo islamico, e particolarmente di Al Qaeda, furono proprio loro, i difensori della democrazia, e la cosa non è poi tanto sorprendente dal momento che un altro paese dominato dall’orrore islamista, l’Arabia Saudita, strettamente allacciata al grande fratello democratico dal petrolio e dal dollaro, è il principale alleato degli Stati Uniti.
Mi è sorto allora il sospetto che questi intellettuali da bar Messico che scrivono su giornali «liberi» come la Repubblica, o Il Corriere della Sera, (e altri cosiddetti «liberi» ma padronali) non conoscano la storia. O forse la conoscono. Ma in questo caso sono costretto a dire che questo genere di «giornalismo» mi disgusta. Mi disgustano per il cinismo orrendo con cui chiamano le donne afghane a testimone della superiorità della loro democrazia. Mi disgustano per la mala fede con cui citano la liberazione dal nazismo per esaltare l’intervento armato americano. Solo cinismo e mala fede, infatti, possono far dimenticare a questi intellettuali da Bar Messico che la storia americana è una storia di orrore razzista che dura da due secoli.
Ma adesso è finita, anche se quelli che scrivono sui giornali «liberi» (ma padronali) non sono in grado di capirlo, o forse preferiscono ignorarlo. È finita perché l’America non esiste più. Quel paese, che da due secoli garantisce nel mondo la violenza razzista e imperialista, che da due secoli fomenta guerra, ora è morto. Non ha un presidente, perché Biden è annichilito dalla vergogna e nessuno può fidarsi più di lui. Non ha alleati perché gli alleati di quel paese se la stanno filando all’inglese. Non ha un popolo perché ce ne sono due e sono in guerra fra loro. Non ha un governo perché non c’è nessuna maggioranza parlamentare. Non ha un futuro perché il suo destino manifesto è quello di dilaniarsi nella disuguaglianza, nella demenza di massa, nell’ignoranza e nella violenza armata.
L’Occidente è finito, cari Merlo, Ferrara, Nierenstein, Della Loggia e compagnia bella. E anche voi, senza più la possibilità di raccontare le «magnifiche sorti» delle guerre umanitarie, siete finiti. Rendetevene conto.