Aulo Crisma: I Cimbri sono vivi
I CIMBRI SONO VIVI
È uscito nel novembre dell’anno scorso, per le Edizioni Biblioteca dell’Immagine di Pordenone, il libro di Umberto Matino CIMBRI, vicende, cultura, folclore. L’autore racconta la storia dei coloni tedeschi giunti sui monti delle province di Vicenza, Verona e Trento a partire dagli anni intorno al Mille per arrivare ai discendenti dei giorni nostri. Provenivano dalla Baviera in più riprese e non avevano nulla a che fare con i Cimbri sconfitti dal console romano Gaio Mario nel 101 a.C., come raccontarono i letterati del 1300 e 1400. Tale leggenda fu sfatata dallo storico veronese Carlo Cipolla (1854-1916), che basò i suoi studi esclusivamente sui documenti.
Matino, che asserisce di non essere uno storico, descrive con ricchezza di informazioni il territorio colonizzato dai Cimbri, che è molto più vasto di quello riferito comunemente soltanto all’ altopiano di Asiago, ai Lessini e a Luserna. I nomi dei luoghi, considerati un tempo di passaggio tra i Sette Comuni dell’altopiano di Asiago e i Tredici Comuni dei Lessini, monti e valli, innumerevoli contrade e molti paesi, elencati con accuratezza e abbondanza, attestano la presenza stabile dei coloni thodeschi fino ai colli Berici. Tale presenza è confermata anche da una serie di documenti dal 1175 al 1216 che riguardano Bassano, Marostica, Folgaria, Posina, Lavarone, Caldonazzo. Altri documenti, degli anni 1224 e seguenti, informano che altri tedeschi vivevano nel territorio di Valdagno, in quelli di Schio e Santorso. Una nota (non bisogna trascurare di leggere le interessanti note a pié di pagina) parla del trasferimento, agli inizi dell’800, di alcune famiglie dall’Altopiano di Asiago a quello del Cansiglio, dando origine ad una nuova area cimbra.
E’ di fondamentale importanza il diploma, del vescovo di Verona Bartolomeo della Scala, del 1287, con il quale concede a due teutonici e ai loro soci provenienti dalla diocesi di Vicenza di stabilirsi sulle terre incolte e disabitate dei Lessini. La concessione aveva la durata di trent’anni rinnovabili. E sui Lessini, denominati anche “la montagna alta del carbon”, nel tempo cresce la popolazione cimbra che dà origine ai Tredici Comuni.
La lettura del testo è piacevole. Non mancano notazioni ironiche, come quella per dire che i Cimbri non si sono estinti, come non si sono estinti i neri d’America. Ma questi, a differenza dei discendenti dei coloni tedeschi, li distinguiamo per il colore della pelle, mentre quelli non sono dissimili dai vicentini, dei veronesi e trentini.
La storia dei Cimbri è inserita in quella più grande che si è svolta intorno a loro. La curiosità induce l’autore a vedere se i coloni, che avevano la facoltà di scegliersi il parroco tedesco, fossero stati lambiti dall’avvento del protestantesimo. Tale curiosità viene estesa all’arrivo del protestantesimo nel Veneto ed al singolare atteggiamento della Repubblica di Venezia nei suoi confronti. Poi il lettore sarà accompagnato a conoscere gli sviluppi più generali degli eventi che hanno toccato anche la gente dell’area germanofona e la diversificazione delle attività produttive, particolarmente nelle Valli dell’Astico, del Leogra e dell’Agno, dove inizia e si sviluppa l’industrializzazione. I discendenti dei Cimbri, che dai loro padri hanno ereditato lo spirito di sacrificio, la capacità di non arrendersi di fronte agli ostacoli e, come sottolinea l’autore, la “straordinaria cultura del lavoro”, fin dall’Ottocento hanno dato vita nelle valli vicentine ad una industria dei settori tessile, siderurgico e metalmeccanico. Vengono nominati moltissimi industriali di ascendenza cimbra, tra i quali i Rossi di Schio e i Marzotto di Valdagno, famosi non solo per le doti imprenditoriali, ma anche per avere introdotto il riformismo sociale a favore dei dipendenti.
Nell’ultima parte del libro Matino si occupa dei paesaggi, miti e folclore. E conclude, in appendice, con una serie di allegati che completano la sua fatica. Ha raccontato la storia dei Cimbri in modo avvincente e convincente.
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