Stefano Bonaga: Il confine sottile tra cittadini e consumatori di democrazia

| 13 Febbraio 2017 | Comments (0)

 

 

Diffondiamo da Il fatto quotidiano del 13 febbraio 2017

La crisi evidente e preoccupante dei corpi sociali intermedi, tra gli svariati effetti della quale emerge la conclamata sfiducia dei cittadini nelle Istituzioni politiche, non ha semplicemente origine nella inadeguatezza soggettiva delle pigre classi dirigenti, ma nella strutturale obsolescenza della loro storica funzione di Rappresentanza.

La rappresentanza, coincidente con il sorgere delle democrazie moderne implica il riferimento a una società stratificata, cioè costituita da ceti o classi sufficientemente uniformi da avere interessi coerenti ed omogenei al loro interno (l’operaio classico era unito all’altro operaio da interessi per così dire verticali: salario, tempo e condizioni di lavoro. A oggi come possono essere omogenei, ad esempio, gli interessi di un operario che ha casa di proprietà, abita vicino alla fabbrica e ha un figlio che lavora con quelli di un operaio pendolare con casa in affitto e un figlio disoccupato?). Le moderne società complesse e funzionalmente differenziate fanno emergere la crisi della rappresentanza non come un limite nel suo esercizio, ma come un limite del suo esercizio cioè una vera e propria impotenza costitutiva nel presente. Il dramma politico del presente sta nell’Impotenza della Politica, non solo rispetto alla sua criticata subalternità nei confronti della Finanza internazionale, ma rispetto anche alla sua pur localmente limitata sovranità, al punto che corruzione e incompetenza sono in realtà effetti e non cause di tale impotenza.

L’esercizio dell’attività politica delle classi dirigenti è alla deriva non tanto per la rilevabile scarsa quantità dell’impegno ma per un difetto radicale di qualità funzionale. Paradossalmente si potrebbe rispondere a chi sostiene che i politici fanno solo i loro interessi che se potessero rispondere a tutti i bisogni della società saremmo tutti felici: loro inamovibili ben pagati e applauditi e i cittadini soddisfatti, salvo qualche eccezione di delinquente congenito. Per altro la mitologia politico mediatica contemporanea lascia malignamente credere ai cittadini che votando o non votando e pagando o non pagando le tasse essi hanno diritto per natura ad una società perfetta solo affidandosi a delegati perennemente costretti a promettere l’impossibile e generando comunque una delusione sempre rinnovata.

E’ un’idea per cui i cittadini, una volta fatta la scelta elettorale,   diventano puri consumatori di democrazia. La teoria dei sistemi aperti ci segnala con forza che per ridurre la complessità dell’Ambiente occorre complessificare il sistema: in altri termini per governare decentemente l’enorme massa di bisogni, diritti, istanze, domande e desideri dell’ambiente sociale occorre introdurre nel sistema politico una ben più grande capacità di selezione e di apertura di possibilità, cioè occorre aumentare la quantità e qualità di partecipazione politica concreta della cittadinanza dove al concetto di partecipazione occorre dare, insieme e al di là di funzione di delega, un altro compito: partem capere ovvero occuparsi di una parte di mondo e trasformarlo. E’ interessante che fin dall’origine i greci parlassero di democrazia mentre dicevano monarchia autarchia oligarchia anarchia: nella democrazia non è in questione il comando ma il kratos vale a dire la potenza effettiva.

E’ infatti questa enorme potenza sociale trascurata, sia essa General intellect sia disponibilità concreta e libera ad operare che va sperimentata dai nuovi corpi intermedi. Ciò comporta una attività di proposta di cooperazione permanente da parte del personale politico con le risorse di progettazione, di  iniziativa, di autonomia, autorganizzazione e autovalorizzazione, di una nuova cittadinanza a cui va restituita così dignità civica e umana. Occorre sostituire l’espressione di “radicarsi nel territorio” con la più adeguata espressione di “dissodare il territorio e piantarvi nuovi semi”. Non tanto il mercato dell’offerta politica può di nuovo coinvolgere i cittadini ma un ambiente comunitario del pensare e dell’agire, alle cui possibilità è affidata la posta in gioco di una vera Innovazione culturale economica e politica.

Si tratterebbe in ultima istanza di attuare davvero il meraviglioso suggerimento che ci ha regalato Amartia Sen: sviluppare empowerment a cui corrisponde il seguente esempio: se tu hai fame la prima volta ti dò un pesce ma la seconda una canna da pesca.

 

Category: Dibattiti, Movimenti, Politica

About Stefano Bonaga: Stefano Bonaga è nato a Bologna nel 1944. Laureatosi con Gilles Deleuze, è diventato docente presso la cattedra di antropologia filosofica nella facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Nel 1988 viene pubblicato Tre dialoghi: un invito alla pratica filosofica, volume di Ermanno Bencivenga in cui i tre dialoghi sono condotti da Ermanno Bencivenga, Stefano Bonaga e Franco Volpi. È sempre stato attivo in politica soprattutto nel bolognese: eletto consigliere comunale come indipendente nella lista del PCI (subentrato nel 1989), è rieletto nel 1990 e diviene assessore del PDS agli Affari generali, Rapporti con i cittadini e innovazione, nella giunta Vitali, a partire dal 1993 fino al 1995. È ideatore, assieme a Maurizio Matteuzzi, già nel 1993, della rete civica bolognese Iperbole, che diviene operativa nel dicembre 1994. Il 1º marzo 2012 prende parte alla puntata del programma di Michele Santoro Servizio pubblico intitolata "Un leader politico". Tra i suoi scritti: Sulla disperazione d'amore, Feltrinelli, 1998; (riedito da Aliberti, 2011); I 10 comandamenti del vivere civile, Aliberti, 2011

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