Cristina Biondi: 28 Nuovo dizionario della parola italiana.Da “polizia americana” a “La grande abbuffata”

| 31 Maggio 2020 | Comments (0)

POLIZIA AMERICANA

Come si tiene a terra un uomo devono averglielo insegnato molto prima del coronavirus. A noi medici nel corso di primo intervento ci insegnavano a rianimare un manichino di plastica molto ben fatto: comprimevamo ritmicamente il torace, posizionavamo la testa in modo da praticare la respirazione artificiale e quando arrivava il defibrillatore fingevamo di scaricare, distanziandoci per non prendere la scossa. L’istruttore ci diceva se stavamo procedendo correttamente, ci spiegava di stare ben attenti a non insufflare nello stomaco, ci consigliava di alternarci in un compito così faticoso e tutti noi speravamo di non dover mettere in pratica quanto imparato. Ovviamente, nonostante la nostra buona volontà, il manichino non si animava, non respirava e non si alzava ringraziandoci per avergli salvato la vita.

Ora se hai a che fare con un uomo in carne e ossa e gli impedisci di respirare per più o meno dieci minuti, ti aspetti che si rialzi? Per prima cosa proporrei che, nel corso delle esercitazioni, i poliziotti non abbiano a disposizione manichini, ma colleghi, preferibilmente bianchi e non troppo robusti. Se poi in servizio venissero travolti dall’irrefrenabile desiderio di ammazzare qualcuno, sarebbe meglio che non lo soffocassero: in tempo di coronavirus potrebbero provocare un incendio di dimensioni incalcolabili, bruciando quell’ossigeno che ci è indispensabile per respirare.

 

IL NECESSARIO E IL POSSIBILE

Se avessimo lavorato più del necessario e speso meno del possibile, ora avremo dei risparmi. Se avessimo coltivato un campicello, oggi avremo le nostre verdure. Per il bene della famiglia. Se le donne fossero rimaste a casa negli ultimi cent’anni oggi non sarebbe urgente rimandare i bambini a scuola e necessario trasferire i nonni in ospizio e i primi avrebbero avuto ottime motivazioni per crescere e i secondi per defungere al momento più opportuno, per il bene della famiglia che, più o meno blasonata, durava oltre la generazione presente e non era un contenitore a perdere. Ora l’unica premessa indispensabile alla vita è la madre, che è il guscio dell’uovo dal quale nasce l’individuo singolo, l’uno che vale uno. Forse, tramontato il mito del consumo condiviso, del supermercato come luogo del vivere, della pizzeria come desco serale fiorito d’occhi di amici, torneremo a sentirci uomini e donne e il marito lavorerà più del necessario, mentre la moglie spenderà meno del possibile.

 

SANZIONI

I medici che faranno errori verranno sanzionati. Poveretti, non solo devono mantenersi in equilibrio sul piedestallo sul quale l’eroismo li ha collocati, ma debbono esibire un’abilità da giocolieri. Devono fare questo e anche quest’altro, di persona, per telefono, per mail, WhatsApp, Istagram (facile, divertente e creativo). In medicina la creatività è una prerogativa della natura, il divertimento non è assicurato e la facilità, o deriva da una grande pratica e da un’alta concentrazione, o è pericolosa. Il medico deve imparare a fare il giocoliere, destreggiarsi, dare spettacolo: il pubblico vuole una medicina altamente tecnologica, intelligente, riflessiva, in grado di suscitare fiducia e dispensare conforto. Gli ospedali e i laboratori sono i templi della scienza, gestiti da chi non s’improvvisa. Poi ci sono, e a volte non ci sono, mascherine per tutti: tecnologiche quanto la carta igienica, sicure come un preservativo bucato. Per indossarle ci vuole fede, e dopo aver sbeffeggiato chi con maggior serietà indossa il burka, gli italiani calano la mascherina sul collo, per fumare, per bere lo spritz, per non passare per fessi. IL RE è NUDO, possiamo deriderlo e

smettere di credere in una qualsiasi convenzione condivisa. Il re nudo si manterrà in buona salute se la primavera lo aiuta ma, se anche al coronavirus piace il clima mite, torneremo a chiuderci in casa e la ghigliottina calerà su chi non ha usato la testa. Il presidente della nostra regione ha minacciato di siliconare le nostre finestre, lui sa di poter sperare solo nel caldo e, se adesso tutto andrà bene, si preparerà a fronteggiare la rivoluzione di ottobre.

 

IGIENIZZARE

Patogeni o non patogeni, in casa nostra facciamo fuori batteri e virus al 99%. Alcool, candeggina e prodotti specifici per tutto e per tutti. Non dimentichiamoci l’antipulci, zecche in città Fido non ne prende, a meno che in piena notte non sia avvenuta la transumanza sul cavalcavia, nel qual caso anche noi dobbiamo stare attenti: siamo vaccinati contro l’encefalite da zecche, ma la malattia di Lyme?

Se non siamo incinte non dobbiamo temere più di tanto il graffio del gatto, la rosolia e il virus Zika, che è ancora poco noto. Di farci contagiare da malattie veneree non ci pensiamo nemmeno, l’alcoolismo e il fumo uccidono da sempre, ma adesso tra le loro vittime c’è chi si toglie la mascherina per una sigaretta o per un goccetto. Mi conforta la pluralità delle patologie infettive, concentrarsi sul coronavirus è avvilente come mangiare cavoli per tutto l’inverno. In questa guerra in nome dell’igiene c’è chi rischia di cadere vittima di fuoco amico: abbiamo strofinato i pavimenti, abbiamo nebulizzato le pareti, igienizzato il bagno, ripassato ogni cinque minuti le superfici di tavoli e mobili, lavato le mani con più accanimento di lady Macbeth, ma la piccola Cleo sopravviverà a tutto questo?

Lei vive nella boccia di vetro, esposta a vapori, contatti pericolosi, cambi d’acqua gestiti dalle nostre mani cariche di veleni. Quando è scoppiato a Marghera un grande incendio nell’impianto dell’acetone, l’Arpav ha escluso la presenza di inquinanti in Laguna. Sembra che molluschi e mitili abbiano saputo come cavarsela, ma i pesci hanno dimostrato che certi problemi emergono nonostante i comunicati stampa, fluttuando inerti a migliaia tra le bottiglie di plastica.

Almeno con Cleo evitiamo che certi problemi domestici vengano a galla in tutta la loro evidenza.

 

APPARTAMENTO TELEFONICO

Il correttore è automatico ma, come la maggior parte degli automi, è un pessimo maestro. Ha sottili perversità, senz’altro conosce la mia lingua e intuisce il mio pensiero, ma si diverte a distorcerlo: è più abile di Jonesco nel non senso, è geniale come un buffone di corte, ama i giochi di parole. Vorrei eliminarlo, ma non ne sono capace, e poi mi affascina, donandomi un sottile piacere.

Mi ricorda un collega, un tipo in giacca e cravatta, magro ed elegante, i capelli ben pettinati, il sorriso gentile. L’attenzione veniva immediatamente attirata dal dorso delle sue mani, striato da una rete di graffi, sottili ma evidenti quanto dei tratti di penna. “Il gatto”: presentava le palme in un gesto di resa, nascondendo così le prove di un amore ricambiato che tutto sommato non passava mai la misura. Così il mio correttore automatico non si permette di strafalcionare con persone che non conosco bene, mi sberleffa solo se sto scrivendo a chi è al corrente del mio curriculum vitae et studiorum.

Mi prende in giro, irride la mia passione per la parola giusta, per la frase ben strutturata, per il clavicembalo ben temperato. Lui mi invita al sorriso, come potrei arrabbiarmi veramente con chi si è dimenticato del nostro appartamento telefonico?

 

SAPERNE QUALCOSA

Si è comprato due magliette nuove. Se non le stirerò io, non le metterà mai. Da trent’anni non vedo il mio commercialista che ogni anno mi manda a salutare. Se lui lava i patti, si dimentica delle

pentole che stanno sui fornelli e dei bicchieri sulla tavola. Non so nemmeno dove sono le chiavi della macchina e, dopo aver usato l’apricancello per prendere la bici, non mi ricordo mai dove lo ho posato. Si è lamentato perché non ha trovato il detersivo, non avrei dovuto spostarlo, sei mesi fa. Da quando c’è il coronavirus fa la spesa, prima non entrava nei supermercati per nessun motivo. La domenica compra i giornali e io mi arrabbio perché li butta via prima che io li abbia letti. L’acqua in frigorifero una volta la metto io, una volta la mette lui. Io faccio gli auguri di compleanno a parenti e amici, lui fa le condoglianze quando è necessario. Telefona al giardiniere per far tagliare l’erba, io ritelefono al giardiniere per ricordargli di non passare col decespugliatore troppo vicino al tronco della mimosa spinosa. Quando eravamo giovani io amavo girare per casa con le sue ciabatte, lui la sera mi slacciava il reggipetto. Pubblichiamo entrambi, per far questo lui a volte viene pagato. Chi fa lo scrittore non ha diritto alla riservatezza e deve essere disposto a tradire i propri segreti e a entrare nelle vite degli altri, sempre che ne sappia qualcosa.

 

FATA MADRINA

Non ho deciso io che Emma mi chiami così, fatto sta che invece di insegnarle il catechismo le racconto un sacco di fiabe. A dire il vero le ho parlato dell’annunciazione a Maria, della nascita di Gesù, dei re magi e della fuga in Egitto, ma poi mi sono fermata lì, per motivi squisitamente teologici, per lasciare il tempo a Nostro Signore di vivere trentatré anni prima di morire in Croce. Non è giusto bruciare i tempi in un paio di mesi, il tempo tra Natale e Pasqua è troppo breve. Così le racconto del gatto con gli stivali, di Pollicino, dei due castellani, delle tre melarance e di tante altre storie. Ho un quaderno dove ho fatto il riassunto delle trame per non confondere un intreccio con un altro: “Prezzemolina” e “I cinque semini di mela” si assomigliano in alcuni passaggi, non devo sbagliare. Emma ha sette anni, e ora ho il sospetto che la mia pedagogia sia troppo ingenua. Delle tante fiabe che ha ascoltato da me, una la conosceva già: “Il pifferaio magico” e ha contestato il mio racconto. Ha insistito con serietà e autorevolezza: “non è vero che tutti i topi vengono portati su un’isola lontana, vengono affogati nel fiume”. C’è sempre un momento in cui i bambini mi guardano come se gli adulti fossero loro. Forse come catechista dovrei essere più coraggiosa.

 

GESTIRE DA REMOTO

Remoto: lontano nello spazio e nel tempo. In informatica: collegato per via telematica al sistema centrale di elaborazione, ma posto a distanza anche notevole da esso. Ho dovuto verificare sul dizionario e ora non ho più dubbi, remoto significa: “lontano nello spazio e nel tempo”, non “lontano nello spazio o nel tempo”. Possiamo quindi distanziarci nello spazio e nel tempo, per lavorare e/o studiare insieme. Sino ad oggi la sindrome dissociativa consisteva nell’andare in pezzi i quali, tutti simultaneamente presenti, consentivano nei momenti migliori una ricomposizione di quanto si era rotto. Ora, lavorando da remoto, parte dei nostri pensieri viaggiano nel tempo e possiamo ripescarli solo se, seguendo la gravità temporale, finiscono nella nostra memoria, nel passato remoto, visto che ci riteniamo sprovvisti di preveggenza. Oggi si possono seguire le lezioni degli insegnanti da remoto, ma io ricordo le ore passate in classe quarant’anni fa: mi trovavo già allora a una distanza siderale da Ateniesi e Spartani, in un’epoca molto più arcaica del periodo classico o ellenistico. Se non avessi seguito da remoto le lezioni di greco e latino al liceo, forse oggi sarei in grado di capire i libri di Cacciari.

 

LA GRANDE ABBUFFATA

È stato bello, ho un po’ di difficoltà ad ammetterlo, date le circostanze. Io ordinavo la spesa da casa, ammirando il coraggio di mio marito che, poco coinvolto in certe banalità del quotidiano, era sceso in campo quando il gioco si era fatto duro. Ero stata promossa a generale e compilavo gli ordini lontano dal luogo delle operazioni, mentre prima ero stata una cittadina qualsiasi in balia delle offerte del supermercato. Lui non è il tipo da fare errori, da dimenticarsi qualcosa, da farsi abbindolare da uno sconto: un punto a nostro favore nella lotta per la vita. La dispensa, un tempo luogo delle cose dimenticate e scadute, è diventata una vera dispensa, gestita con efficienza militare. Abbiamo comprato di tutto: cibi indispensabili e voluttuari, dietetici e ipercalorici, montagne di scatolette e di confezioni sotto vuoto, cioccolatini e caramelle, marmellate di albicocche, arance amare, mirtilli rossi e neri, burro di arachidi (non ricordavo che sapore avesse, ma quarant’anni fa mi piaceva molto). Abbiamo fatto man bassa e gli scaffali non si sono svuotati, abbiamo rinunciato al sapore di un’altra decina di marmellate, ci siamo accontentati di un paio di marche di biscotti, ignorandone una cinquantina di egualmente disponibili. Nel fare acquisti siamo rimasti nei limiti concessi da un mondo a internet illimitato e, con un nemico così terribile da affrontare, abbiamo dimenticato la disinvoltura di chi compera a casaccio, scoprendo di avere la mira di un cecchino-

Category: Libri e librerie, Nuovi media, Osservatorio Stati Uniti

About Cristina Biondi:

Leave a Reply




If you want a picture to show with your comment, go get a Gravatar.