Amina Crisma: A tre anni dalla morte di Pier Cesare Bori. Ripubblicato il suo saggio sul Mosé di Freud

| 28 Ottobre 2015 | Comments (0)

 

 

 

E’ una storia vera? Freud e il monoteismo (Castelvecchi 2015) di Pier Cesare Bori, che viene oggi ripubblicato, ripropone all’attenzione un problema cruciale – il rapporto fra religione monoteistica e dimensione storica – e insieme offre una rinnovata occasione per ripensare, a tre anni dalla morte, la fertile lezione del suo autore, “viandante di crinali” appassionato e rigoroso, l’inesausta tensione che animava la sua ricerca, le sollecitazioni che essa ci consegna.

 

A tre anni dalla scomparsa di Pier Cesare Bori, morto di mesotelioma da amianto il 4 novembre 2012, viene ripubblicato, a cura di Gianmaria Zamagni che ne è stato allievo ed amico, un suo saggio risalente agli anni Novanta, È una storia vera? Le tesi storiche dell’Uomo Mosè e la religione monoteistica di Sigmund Freud. Era stato presentato in un convegno internazionale a Napoli nel gennaio ‘94, e poi raccolto in volume nel ‘97 (a cura di A. Vitolo, Radici della cultura laica, Borla, Roma).

Le sue brevi e intense pagine ripropongo all’attenzione un problema cruciale – il rapporto fra la religione monoteistica e la dimensione storica in cui essa si è originata – e insieme offrono una rinnovata occasione di confronto con lo straordinario percorso di ricerca del loro autore, esploratore appassionato e rigoroso di testi provenienti da orizzonti culturali diversi,  e con la singolarità del suo stile intellettuale, lucidissimo e insieme animato da un’inestinguibile tensione. Ne è attestazione tutta la sua opera, dei cui orientamenti essenziali ho tentato di offrire una sintesi in “Il silenzio e le parole, in memoria di PierCesare Bori” (Cosmopolis, dicembre 2012, e Inchiesta, 42,178/2012, www.inchiestaonline.itvedi rubrica Pier Cesare Bori e la rivista “Inchiesta”), e ne sono eloquenti testimonianze le recenti riproposizioni di suoi scritti, come La tragedia del potere. Dostoevskij e il Grande Inquisitore, (EDB 2015) e Il dialogo al pozzo. Gesù e la samaritana secondo Tolstoj (2014, tratto dal volume In spirito e verità, EDB 1994).

Di tale vasto percorso di studi e di meditazioni, che spaziavano dalla Bibbia al Corano, da Tolstoj  al Laozi, da Simone Weil a Jan Assmann, da Pico della Mirandola a Ibn Tufayl, il lettore può farsi una sintetica idea attraverso due libri di Bori che in due momenti diversi ne hanno tracciato il bilancio: lo splendido Incipit, cinquant’anni, cinquanta libri (Marietti 2005), sintesi folgorante delle sue letture dal 1953 al 2003, e CV 1937-2012 (Il Mulino 2012), che è una sorta di testamento spirituale, drammatico e al tempo stesso incredibilmente sereno, scritto nei mesi precedenti la sua morte, con la lucida coscienza dell’approssimarsi della fine.

In tale vasto percorso, l’incontro con L’uomo Mosé e la religione monoteistica di Freud, avvenuto negli anni Settanta, ha occupato un posto speciale.  Alle sue tesi Bori ha dedicato molta attenzione: ha fra l’altro lavorato a Londra sui manoscritti che gli ha messo a disposizione Anna Freud, ne ha progettato un’edizione critica e ne ha promosso la traduzione (Bollati Boringhieri 1977). Delle motivazioni di questo speciale interesse, così egli parla in alcune pagine di Incipit (p.108-111):

“In questo libro singolare, Freud compie un atto di disaffiliazione/riappropriazione del giudaismo. Disaffiliazione, perché Mosé è, secondo lui, un egizio che trasmette agli ebrei la religione monoteistica del faraone Amenhotep IV – Akhenaton (…). Riappropriazione, perché proprio con questa operazione Freud recupera il contenuto etico universalistico contenuto nel profetismo ebraico. (…) Nel corso di questo lavoro, mi resi conto che le tesi di questo ultimo libro di Freud andavano seriamente soppesate nella loro pretesa di verità “materiale””.

E così conclude: “Le tesi storiche di Freud sono state contestate (…) e si è negato anche che vi fosse in lui volontà alcuna di quella disaffiliazione di cui dicevo. (…), ma io ho sentito simpatia per la scelta universalistica nell’interpretazione della figura di Mosé, erede di una grande civiltà che viene affidata a un piccolo popolo, piuttosto che origine assoluta di un particolarismo etico. In questa direzione era anche il mio modo (il modo teologico-liberale) di apprezzare il cristianesimo”.

Queste pagine permettono in qualche misura di evocare il metodo di studio di Bori e le  sue peculiari propensioni, in cui si univano e si conciliavano aspetti che generalmente tendiamo a contrapporre: il rigore del filologo nel serio confronto con i testi e l’apertura dell’interpretazione, la raffinatezza intellettuale e la semplicità (una semplicità “difficile a farsi”), la laicità dell’atteggiamento critico e la religiosità di una concezione della lettura come “nutrimento spirituale”.

Quest’originale orientamento, oltre che dar luogo a una raffinata esegesi su testi e temi diversi, si è concretizzata in pratiche ed esperienze condivise che Bori ha promosso, come quella realizzata dal gruppo “Una via”, collettivo in cui si leggevano insieme i grandi testi di diverse tradizioni, d’Oriente e d’Occidente, e che continua tuttora con i detenuti del carcere della Dozza di Bologna (si veda in proposito P.C. Bori, Lampada a se stessi. Letture fra università e carcere, Marietti 2008). Di tale suo magistero è, fra l’altro, dichiaratamente debitrice la lettura di un antico classico taoista di recente riscoperto da me offerta in un libro che esce ora, Neiye, il Tao dell’armonia interiore (Garzanti 2015) e che ho dedicato alla sua memoria di “viandante di crinali, dove molti sentieri convergono in una via”.

Sono più che mai convinta che quel particolare stile di pensiero che muove non dalle roboanti astrazioni predilette da tanta chiacchiera dominante dalla quale oggi siamo  troppo spesso soverchiati, ma dall’indagine attenta e rigorosa dei testi di cui egli è stato interprete esemplare possa offrire molte fertili risorse a tutti coloro che sono interessati a preservare e allargare, come irrinunciabili spazi di umana communio, gli ambiti di una ricerca comune, di una conversazione larga e condivisa.

 

 

 

Category: Culture e Religioni, Libri e librerie, Pier Cesare Bori e la rivista "Inchiesta"

About Amina Crisma: Amina Crisma ha studiato all’Università di Venezia conseguendovi le lauree in Filosofia, in Lingua e Letteratura Cinese, e il PhD in Studi sull’Asia Orientale. Insegna Filosofie dell’Asia Orientale all’Università di Bologna; ha insegnato Sinologia e Storia delle religioni della Cina alle Università di Padova e di Urbino. Fa parte dell’Associazione Italiana Studi Cinesi (AISC) e, come socia aggregata, del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia per l’insegnamento di Culture dell’Asia. Tra le sue pubblicazioni: Il Cielo, gli uomini (Venezia 2000); Conflitto e armonia nel pensiero cinese (Padova 2004); Neiye, Il Tao dell'armonia interiore (Garzanti, Milano 2015), Confucianesimo e taoismo (EMI, Bologna 2016), Meditazione taoista (RCS Milano 2020). Ha contribuito a varie opere collettanee quali La Cina (Torino 2009), Per una filosofia interculturale (Milano 2008), Réformes (Berlin 2007), In the Image of God (Berlin 2010), Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (Bologna 2010), Confucio re senza corona (Milano 2011), Le graphie della cicogna: la scrittura delle donne come ri-velazione (Padova 2012), Pensare il Sé a Oriente e a Occidente (Milano 2012), La diversità feconda, dialogo etico fra religioni (Bologna 2021). Fra le riviste a cui collabora, oltre a Inchiesta, vi sono Asiatica Venetiana, Cosmopolis, Giornale Critico di Storia delle Idee, Ėtudes interculturelles, Mediterranean Journal of Human Rights, Prometeo, Paradoxa, Parolechiave, Sinosfere. Fra le sue traduzioni e curatele, la Storia del pensiero cinese di A. Cheng (Torino 2000), La via della bellezza di Li Zehou (Torino 2004), Grecia e Cina di G.E.R. Lloyd (Milano 2008). Tra i suoi saggi: Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?(Prometeo 119, 2012), Attualità di Mencio (Inchiesta online 2013), Passato e presente nella Cina d’oggi (Inchiesta 181, 2013), Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei (2014), La Cina su Inchiesta (Inchiesta 210/2020), Quale ruolo per la Cina nello spazio pubblico? fragore di silenzi e clamore di grandi narrazioni (Sinosfere 14 marzo 2021). I suoi ambiti di ricerca sono: il confucianesimo classico e contemporaneo, le fonti taoiste, le relazioni interculturali Cina/Occidente, il rapporto passato/presente, tradizione/modernità nella Cina d’oggi, i diritti umani e le minoranze in Cina, le culture della diaspora cinese, le questioni di genere nelle tradizioni del pensiero cinese. Ha partecipato a vari convegni internazionali sul dialogo interculturale e interreligioso promossi dalle Chaires UNESCO for Religious Pluralism and Peace di Bologna, di Tunisi, di Lione, dalla Konrad Adenauer Stiftung di Amman, da Religions for Peace, dalla Fondazione Scienze Religiose di Bologna. Coordina l’Osservatorio Cina di Inchiesta e di valorelavoro ( www.valorelavoro.com ). Cv dettagliato con elenco completo delle pubblicazioni: al sito web docente www.unibo.it

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