Manifesto per un parlamento costituente a Bruxelles
ECONOMIA DEMOCRATICA – SBILANCIAMOCI – COMITATI DOSSETTI PER LA COSTITUZIONE hanno promosso a Roma 12 aprile 2014 ORE 10 una assemblea al Centro Congressi di Via dei Frentani 4 dal titolo EGUAGLIANZA E INCLUSIONE IN ITALIA E IN EUROPA con questo ordine del giorno: Ore 10. Inizio dei lavori (Raniero La Valle): Democrazia contro esclusione; Prima relazione (prof. Luigi Ferrajoli): Dall’Europa dei poteri all’Europa dei diritti e delle garanzie; Seconda relazione (prof. Claudio Gnesutta): Quale economia per un’Europa democratica; Terza relazione (Pier Virgilio Dastoli, presidente del Movimento europeo): Europa e costituzione
Le elezioni per il Parlamento europeo avvengono nel segno di un rovesciamento. Il sogno dell’Europa unita si sta trasformando in un incubo. In Grecia le famiglie devono scegliere se comprare la luce, il cibo o le medicine. In Italia imprenditori si suicidano perché nessuno paga i loro crediti. In Francia e in altri Paesi fondatori della Comunità europea il principale emigrante è diventato il lavoro, che va dove è più abbondante ed è meno pagato e non ha alcun diritto. L’ideale politico dell’Europa unita, che avrebbe dovuto realizzarsi col superamento degli Stati nazionali e l’instaurazione della pace, è naufragato in un arretramento della politica che ha ceduto all’economia, alla finanza e al denaro, nel frattempo diventato euro, il governo della società e la sovranità che dai popoli europei avrebbe dovuto passare al popolo dell’Europa.
In questo contesto le politiche antisociali di rigore imposte dagli organi comunitari in ossequio ai mercati finanziari stanno producendo, in gran parte dell’Unione, una recessione che pesa interamente sui ceti più deboli, provocando un aumento della povertà e della disoccupazione e una riduzione delle prestazioni dello Stato sociale. Ne risulta minato il processo di integrazione, ben prima che sul piano politico e istituzionale, nella coscienza e nel senso comune di gran parte delle popolazioni europee. L’unità del nostro continente richiede infatti lo sviluppo di un senso di appartenenza a una medesima comunità, quale solo può provenire dall’uguaglianza nei diritti, oggi smentita dalla crescente diseguaglianza tra popoli del nord e popoli del sud dell’Europa, non soltanto nei diritti sociali, garantiti ai primi e sempre meno ai secondi, ma anche nei diritti politici, essendo incomparabile il peso, ai fini del governo dell’Unione, del diritto di voto nei Paesi più ricchi e in quelli più poveri.
Proprio in questi ultimi Paesi, nei quali fu più entusiasta e pressoché unanime l’adesione all’Unione, sta perciò sviluppandosi un antieuropeismo rabbioso, che si manifesta in una crescita delle destre xenofobe e populiste, nel rifiuto dell’integrazione, nella richiesta di uscita dall’eurozona oppure, nel migliore dei casi, in una disincantata delusione. Sta così accadendo che il mercato comune e la moneta unica, che i padri costituenti dell’Europa concepirono e progettarono come fattori di unificazione, sono oggi diventati, in assenza di politiche economiche comuni e solidali, altrettanti fattori di conflitto e di divisione.
L’identità europea perciò sta cambiando natura: non più l’Europa sociale dei diritti, fino a pochi anni fa percepita in tutto il mondo come un modello di civiltà, bensì un’Europa indebolita economicamente e politicamente e in preda, di nuovo, agli egoismi nazionalistici, alle pretese egemoniche, ai populismi, ai reciproci rancori che hanno sostituito l’originario spirito unitario e impediscono ogni contributo europeo alla crescita di un vero umanesimo mondiale.
Di fronte al precipitare di questa crisi verso esiti imprevedibili e infausti, la sola alternativa, a noi, cittadini italiani e europei, appare la rifondazione costituzionale di un’Europa federale e sociale. Per questo, in vista delle prossime elezioni del Parlamento europeo, chiediamo a tutte le forze politiche che hanno a cuore il futuro dell’Unione di promuovere l’attribuzione di funzioni costituenti al nuovo Parlamento, quale Assemblea Costituente Europea.
Il compito di tale Parlamento costituente dovrebbe essere quello di dotare l’Unione di una Costituzione che, nel quadro delle garanzie nonché dei limiti e vincoli ai poteri, ben noti alla tradizione costituzionale europea, stabilisca l’eguaglianza nei diritti e nei doveri di tutti i cittadini europei, così realizzandone una vera unità politica. Si tratta da un lato di riprendere e finalmente portare a buon esito l’antica lotta per l’eguaglianza, irrinunciabile obiettivo non solo di ogni sinistra ma di ogni umanesimo, dall’altro di intraprendere la nuova lotta per l’inclusione politica economica e sociale di grandi masse di popolazione oggi emarginate, scartate, tenute fuori dal lavoro, dal godimento dei beni comuni, dai confini ideali o fisici dell’Europa e dalla stessa vita.
La Carta dovrebbe disegnare altresì le istituzioni della Comunità, interdire indebite sovranità a cominciare da quelle del denaro, della finanza e dei mercati, e stabilire una gerarchia delle norme per la quale tutta la legislazione europea e gli stessi Trattati derivino la propria legittimità dalla conformità alla Costituzione e siano soggetti al controllo di costituzionalità.
Questa è la vera, nuova, grande opportunità che si apre. Non è vero che dopo la crisi dell’euro e dopo il governo Renzi non resta che il diluvio. Dopo la transizione oggi in atto in Europa e in Italia, resta da rilanciare la Costituzione, resta da passare alla democrazia.
LE MOTIVAZIONI DEL MANIFESTO
I firmatari di questo manifesto ritengono che solo una Costituzione approvata da un Parlamento costituente può segnare il passaggio dell’Unione Europea dall’attuale dimensione internazionale alla dimensione costituzionale: quale sistema federale generato non più da Trattati, bensì da un potere politico costituente legittimato dal voto dell’intero elettorato europeo. Solo un Parlamento dotato di poteri costituenti e ugualmente rappresentativo di tutta la popolazione europea, d’altro canto, può oggi rifondare una sicura legittimazione democratica e costituzionale dell’Unione, secondo il modello degli Stati federali: con l’attribuzione di funzioni legislative a un Parlamento eletto su liste elettorali europee; con l’istituzione di un governo federale ad esso vincolato da un rapporto di fiducia o comunque eletto anch’esso su basi europee; con una banca centrale dotata dei poteri di tutte le banche centrali, una fiscalità comune e un governo comune dell’economia.
Solo una vera Costituzione europea che garantisca l’effettiva uguaglianza di tutti i cittadini europei nei diritti di libertà e nei diritti sociali e, per altro verso, la sottrazione al mercato e l’accessibilità a tutti di beni comuni o fondamentali come l’acqua, l’aria e gli altri beni vitali, può restaurare nel senso comune il sentimento di coesione e di appartenenza all’Unione e, insieme, provocare un’inversione di rotta delle politiche economiche dell’Europa: non più le politiche di rigore che finora hanno avuto il solo effetto di accrescere la disuguaglianza e di aggravare la crisi, ma politiche di sviluppo finalizzate alla piena occupazione e alla garanzia dei diritti di tutti i cittadini europei.
È evidente che fin dai primi passi di tale processo costituente il Parlamento e i governi dovranno provvedere a correggere gli accordi le direttive e le politiche che più vistosamente sono in contrasto con il progetto di un’Europa veramente civile, mediante una drastica revisione del cosiddetto fiscal compact, la cui attuazione provocherebbe un disastroso aggravamento della crisi per tutti i popoli del sud Europa a cominciare dall’Italia, dei two pack nonché degli altri regolamenti che tolgono ogni strumento di politica economica dalle mani degli Stati. Si dovrà inoltre – come già accenna a fare una direttiva europea sugli strumenti dei mercati finanziari – porre sotto controllo pratiche speculative estreme come quelle realizzate con gli scambi ad alta velocità, i derivati non regolamentati e le borse alternative “oscure”; occorrerà, vincendo le resistenze tedesche, conferire alla Banca Centrale Europea il ruolo di prestatore di ultima istanza dell’Unione; bisognerà introdurre l’imposta sulle transazioni finanziarie, correggere gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, reintrodurre la divisione tra banche commerciali e banche d’investimento, impedire la stipulazione a favore delle multinazionali del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti e mettere in cantiere un grande piano europeo per il lavoro.
Per concepire e attuare riforme e politiche di questo tipo i tempi, nonostante le apparenze, sono favorevoli, e ciò per due circostanze concomitanti. La prima è la gravità stessa della crisi che persuade milioni di persone della necessità di un cambiamento radicale ai fini della stessa salvaguardia del mondo. La seconda è la comparsa inaspettata sulla scena di una critica drastica al capitalismo finanziario oggi dominante in Europa e nel mondo, che proviene, oltre che dagli economisti più illustri e indipendenti, da una fonte del tutto estranea alla vecchia analisi marxista, ma a sua volta persuasa della possibilità e ineludibilità di un mutamento di sistema: è la critica formulata dal papa Francesco al dominio incontrollato del denaro che, come ha scritto anche ai signori dell’economia mondiale recentemente riuniti a Davos, è fatto “non per governare ma per servire”, è la sua denuncia delle ideologie che si pongono a sostegno dell’assoluta autonomia dei mercati, della speculazione finanziaria e della società dell’esclusione e dello “scarto”, il suo rifiuto delle teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesca a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo, il suo invito a una rifondazione di sistema, finanziaria ed etica “che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti”.
Questo compito tocca naturalmente alla politica. Tenendo conto però dell’autorità della fonte da cui proviene questa istanza di cambiamento e dell’immensa platea di quanti se ne possono sentire chiamati in causa e coinvolti, si può dire che l’azione politica per un rinnovamento profondo dell’Europa e dell’ordine economico mondiale può trovare oggi, in aggiunta a quanti già in tutto il mondo hanno lottato e lottano per questi obiettivi, una ulteriore base di massa. Le elezioni europee possono essere la prima grande occasione per mettere questa possibilità alla prova.
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