Kimi Tomizaki: La regione dell’ABC paulista, culla del sindacalismo brasiliano

| 7 Maggio 2013 | Comments (0)

 

 

Kimi Tomizaki è docente della Facoltà di Educazione all’Università di Sao Paolo kimi@usp.br[1]

Negli anni ‘50, l’ambizione di concretizzare una rivoluzione nell’industria nazionale attraverso la produzione di automobili a carburante ha trasformato l’automobile in un simbolo per il Brasile dell’entrata nella modernità. Il paese era già, allora, il maggior mercato consumatore di macchine dell’America Latina: dal 1955 già aveva 2,7 milioni di automobili in circolazione nel paese. Tra gli anni 1946 e 1948, le automobili e i ricambi  erano al primo posto nella lista d’importazione. Questo dimostra l’esistenza d’un mercato consumistico importante che è rimasto senza opzione di consumo durante la guerra, quando il Brasile praticamente non riceveva nessuna macchina utilitaria e appena un ridotto numero di veicoli commerciali. Nonostante le auto e i camion nel Brasile fossero già in processo di montaggio dal 1919 per la Ford, in seguito per la General Motors, che si insediò nel paese nel 1925, l’industria automobilistica era totalmente dipendente dai “kits” importati, principalmente, dalla città di Detroit (EUA).

Nonostante gli sforzi intrapresi dal governo di Getulio Vargas (periodo 1930 a 1945 e 1951 a 1954) per convincere le grandi imprese produttrici di automobili a investire nel Brasile, nazionalizzando progressivamente la produzione dei suoi veicoli, praticamente non ci fu nessun accoro nelle negoziazioni, poiché quelle consideravano il Brasile solo un grande mercato di consumatori, ancora incapace di sostenere una produzione di automobili nazionali. Lo stesso accadde per il montaggio complessivo delle auto in Brasile, con pezzi importati fu garantito solo attraverso la proibizione dell’importazione dei veicoli montati, nel 1953, cosa che ha costretto la Volkswagen, la Mercedes-Benz e la Willys-Overland ad installare fabbriche in Brasile. Nel 1956, durante il governo di Juscelino Kubitshek (dal 1955 al 1960) è iniziato un ambizioso piano per l’installazione dell’industria automobilistica nazionale che avrebbe significato, nelle parole di J. Wilner Sundelson, esecutivo della Ford International, mettere “una pistola alla testa” delle grandi imprese automobilistiche.

Il piano annunciato attraverso diversi decreti del governo federale avevano come meccanismo base d’induzione chiudere definitivamente il mercato d’importazione attraverso un’imposizione della tassa di cambio e del razionamento cambiale per i prodotti automobilistici. Nella controparte, le imprese che avrebbero aderito al piano e avrebbero conseguito il raggiungimento degli obbiettivi della nazionalizzazione avrebbero ricevuto una serie di incentivi, quali: l’importazione diretta di macchine e di equipaggiamenti senza tasse, restrizioni o complicazioni burocratiche; concessioni di facilità di cambi per versamenti di profitti all’estero; finanziamenti, esenzioni di imposte per un lungo periodo e protezione del mercato. La comprensione della maniera in cui questo piano è stato concepito, impiantato, imposto e/o negoziato con  le imprese di automobili esige una lettura del suo contesto e dei suoi obbiettivi più ampi. Da una lato, c’era il governo Kubitschek che, cercando di svincolarsi dalle difficoltà economiche e politiche dello scenario nazionale, aveva bisogno di far emergere l’industria di automobili nazionali, uno dei più importanti obbiettivi del suo piano di governo. Dall’altro lato, c’erano le grandi aziende produttrici mondiali di automobili, che nonostante inizialmente avrebbero resistito all’idea di produrre in Brasile, hanno sentito anche la necessità di creare strategie internazionali per la creazione di nuovi mercati dei consumatori.

Così, l’installazione dell’industria automobilistica nel Brasile fu il risultato di un processo che, coinvolgendo momenti di negoziazione e coercizione di entrambi i lati, ha modificato, alla fine, i piani iniziali di ambedue le parti. Delle diciotto imprese che hanno inviato il loro progetti al Gruppo Esecutivo per l’industria automobilistica, responsabile per la supervisione del piano solo 11 hanno messo in pratica i loro piani i quali : la General Motors del Brasile, la Ford Motor Co. Exports, la Mercedes-Benz del Brasile, la Toyota del Brasile , la Volkswagen del Brasile Ind. e com. di automobili, la Vemag, la Scania Vabis del Brasile e l’industria di motori, utilitarie e automobili – SIMCA del Brasile. Una volta approvati i progetti, le imprese hanno cominciato a costruire le loro fabbriche e ad avviare la produzione dei primi veicoli nazionali, indotti dagli audaci obbiettivi del governo federale, il quale impose il ritmo che doveva essere seguito da tutte le imprese presenti nel paese.

È in questo contesto che le grandi fabbriche di automobili sono arrivate in Brasile e si sono installate, nella loro maggioranza, nella regione conosciuta come ABC paulista. Questa regione, che oggi è composta dai municipi di Santo Andrè, Sao Bernardo di Campo, Sao Caetano di Sul, Maua, Diadema, Ribeirao Pires, Rio Grande di Serra, ha avuto nel corso della sua storia una forte alterazione, durante gli anni ‘50, per l’installazione dell’industria automobilistica. Tornando al maggior centro industriale del paese, l’ABC  è divenuto lo scenario dei primi capitoli della storia della categoria metallurgica brasiliana, da dove è emersa una della figure più importanti del sindacalismo brasiliano, l’ex presidente Luis Inacio Lula da Silva (dal 2002 al 2010, con due mandati consecutivi) e luogo dove sarebbe stato fondato, nel 1980, il Partito dei Lavoratori. Fu in questo periodo, pertanto che la regione del grande ABC cominciò a concentrare le industrie di automobili e di ricambi per una serie di condizioni favorevoli: facilità di trasporto, disponibilità delle strade e delle ferrovie, topografia piana del terreno della regione, infrastruttura garantita per il settore pubblico locale, basso costo dei terreni, incentivi dei governi, come esenzione di tasse e credito attraverso la Banca nazionale dello sviluppo.

Vale la pena sottolineare che questa stessa regione ha sofferto una prima ondata di industrializzazione, prima ancora dell’arrivo dell’industria automobilistica, con l’installazione di fabbriche di tessuto a Santo Andrè, nel 1910, che hanno impiegato circa due mila operai, in una popolazione di 10.000 abitanti, che già garantiva all’ ABC all’inizio del secolo XX lo statuto della più importante periferia industriale di Sao Paulo. Così come nella capitale, i primi operai dell’ABC sono stati reclutati  tra gli immigranti europei, che hanno costituito la prima militanza sindacale dell’ABC, di tradizione anarchica e comunista. Il primo sciopero generale della regione è avvenuto del 1917[2].

 

Gli operai dell’ABC: la formazione della base sociale della maggior centrale sindacale del paese: la Centrale Unica dei Lavoratori.

Inizialmente, l’installazione dell’industria automobilistica non ha alterato profondamente la vita della regione, visto che la produzione incipiente dei primi anni delle fabbriche non ha esatto  più dal reclutamento della mano d’opera locale. Altrettanto, la crescita continua della produzione ha portato all’apertura di migliaia di posti di lavoro, provocando una corrente migratoria che è risultata in un  accrescimento esplosivo della popolazione, come può essere osservato nella seguente tabella. Nel 1978, la categoria metallurgica nell’ABC era composta da 125 mila lavoratori, e appena cinque imprese automobilistiche di grande importanza hanno impiegato praticamente il 50% di questi lavoratori. (Humphrey, 1982)

 

L’evoluzione della produzione residente dei municipi dell’ABC tra 1960 e 2010

Municípios

1960

1970

1980

1990

2000

2010

Santo André

245.147

418.826

553.072

610.708

649.331

673.914

São Bernardo

82.411

201.662

425.602

553.005

703.177

765.203

São Caetano

114.421

150.130

163.082

150.852

140.159

149.571

Mauá

28.924

101.700

205.740

286.225

363.392

417.281

Diadema

12.308

78.914

228.660

297.755

357.064

386.019

Ribeirão Pires

17.250

29.048

56.532

82.279

104.508

113.043

Rio Grande da Serra

3.955

8.397

20.093

28.937

37.091

44.084

Totale

504.416

988.677

1.652.781

2.009.761

2.354.722

2.549.115

Fonte: IBGE, DIEESE (elaborazione dell’autrice)

 

Gli immigranti, quando sono arrivati a Sao Paulo, nonostante fossero brasiliani, non avevano nella pratica gli stessi diritti dei cittadini della capitale. A quelli, aldilà del lavoro, è stato offerto un minimo necessario alla sopravvivenza. Non c’è stato nessun tipo di piano per ricevere quelli che hanno rischiato di perdere i posti di lavoro aperti per l’espansione industriale. Nella misura in cui aumentava la migrazione per la regione dell’ABC, aumentava anche il numero di favelas, baracche ed occupazioni di terra. Ancora dopo lunghi anni dall’inizio della migrazione , durante il periodo chiamato Miracolo Economico brasiliano (1968-1974), il 7,9% della popolazione dei favelados di Sao Bernardo di Campo era costituita dai lavoratori metalmeccanici. Potevamo dire che, passati i primi anni della formazione della categoria, soprattutto negli anni ‘60, i lavoratori dell’ABC hanno cominciato a rivendicare non più i pochi diritti che gli erano riservati. In altre parole, questi immigrati sono passati da una non sottomissione al posto sociale che gli è stato determinato e per mezzo di differenti strategie di lotta, hanno cercato di costruire altri spazi nella società rispetto a quelli che ricevevano. E questo è stato possibile nella misura in cui loro hanno costituito la loro identità come operai. Questo fu il contesto dell’esplosione degli scioperi alla fine degli anni ’70.

Gli scioperi dei metalmeccanici dell’ABC si sono messi al centro dell’attenzione di diversi gruppi: l’imprenditore, lo Stato militare, le imprese, gli intellettuali e la sinistra brasiliana in suoi diversi raggruppamenti ideologici. Ognuno di questi gruppi ha presentato diverse reazioni, e ognuno ha contributo a sedimentare il processo di unificazione simbolica della categoria dei metalmeccanici, che veniva a comporre la base della Centrale Unica dei Lavoratori e del Partito dei Lavoratori, a partire dal 1980. Tale processo di costruzione d’una identità degli “ Operai dell’ABC” è iniziato con la convivenza vissuta di determinate esperienze, in modo che il movimento degli scioperanti, iniziato nel 1978, è stato l’apice di questo processo.

L’unificazione della categoria è un complesso e lungo processo che ha colpito questi lavoratori di forma diversa, poi, nella stessa misura in cui gli scioperi cominciano a svilupparsi in diversi ritmi, con strategie, rivendicazioni e risultati differenti, i metalmeccanici sono stati anche “colpiti” dal movimento di scioperanti di diverse forme –colpiti non nel senso ristretto all’adesione degli scioperi, per mezzo dei quali loro passarono a riconoscersi e ad essere riconosciuti come i “metalmeccanici dell’ABC”. In questa congiuntura, essere un metalmeccanico vuol dire prendere consapevolezza di sé come categoria capace di mobilitare l’attenzione della società, dato la sua forza come agenti responsabili di un settore considerato quale avanguardia dell’economia brasiliana: l’industria automobilistica. Per quanto riguarda l’impatto sociale di questa organizzazione operaia e del movimento scioperante, abbiamo identificato che i gruppi che sono stati più sensibili al movimento furono l’impresa, lo Stato militare e la sinistra brasiliana. Davanti la maniera spontanea e anche disorganizzata come gli scioperi che sono iniziati nella regione dell’ABC, l’impresa ha avuto un ruolo fondamentale nella divulgazione degli eventi per la società, ma anche tra i propri lavoratori, poichè molti dei lavoratori hanno ricevuto le notizie degli scioperi attraverso l’informazione televisiva.

È stato anche in questi notiziari che molti hanno guardato per la prima volta le dichiarazioni del presidente del sindacato dei metalmeccanici di Sao Bernardo do Campo – Luiz Inácio Lula. Indipendentemente da qualsiasi valore che fu diffuso dalla stampa, ciò ha permesso che i metalmeccanici guardassero a sé stessi come il centro dell’attenzione del paese. Evidentemente, le notizie sugli scioperi hanno percorso altri canali anche molti efficienti, come i commenti tra i lavoratori all’interno della fabbrica e nei quartieri operai della regione dell’ABC. La concentrazione spaziale della categoria nei quartieri ha permesso un’ampia comunicazione sulle diverse esperienze di mobilitazione. Ogni giorno, le notizie di nuove fabbriche in scioperi agitavano la quotidianità  delle famiglie, delle fabbriche e della parrocchia ( è importante segnare l’importanza del coinvolgimento dei preti devoti alla teologia della liberazione in questa regione). Gli scioperi sono stati anche responsabili di far capire ai metalmeccanici un’altra realtà: il regime militare brasiliano. Ancora in un primo momento i metalmeccanici si identificarono come unico nemico il padrone, la violenta reazione del governo militare contro gli scioperanti, soprattutto in 1979 e 1980, li fece entrare in contatto con la repressione che erano alla base delle azioni del governo militare.

Questo aspetto dello stato, fino ad allora conosciuto solo da un ristretto gruppo della categoria, diventerà esplicito e mobiliterà la grande energia dei metallurgici che inizieranno a rendersi conto che sono le vittime dirette della restrizione dei diritti civili e politici nel paese. Inoltre, l’anno 1978 segnalava dieci anni di recrudescenza del regime militare attraverso la legge istituzionale n ° 5 – dieci anni di silenzio imposti agli oppositori del governo militare. Così, il movimento scioperante dell’ABC ha suscitato molto interesse tra coloro che si posizionavano contro la dittatura militare. In generale, la sinistra brasiliana, in particolare gli intellettuali, credevano che con il movimento dei metalmeccanici dell’ABC iniziava una nuova ondata del movimento operaio brasiliano, e perciò è diventato oggetto di investimenti e di sostegno di molti dei loro rappresentanti, risalendo a questo periodo la formazione del Partito dei Lavoratori (PT). Si noti che i primi sei firmatari del manifesto necessario per registrare il PT riuniti  nella scuola Sion, nel febbraio del 1980, erano rappresentanti storici delle diverse tendenze della sinistra brasiliana: Mario Pedrosa (ala trotskista), Manoel da Conceição (leader contadino ), Sérgio Buarque de Holanda (ala socialista), Lelia Abramo (ala anarchica), Apollonio de Carvalho (Partito Comunista) e Moacir Gadoti (Pastorale della Chiesa cattolica). Un altro elemento chiave nel processo di unificazione simbolica dei Metalmeccanici dell’ABC emerso  all’interno della stessa categoria, è stato il posizionamento dei leader dei movimenti.

Anche se gli scioperi non sono stati innescati dal sindacato dei metalmeccanici di São Bernardo do Campo, si può dire che il consiglio del sindacato, si è dichiarato a favore dello sciopero, resistendo alle pressioni da parte del Ministero del Lavoro, è stato molto abile ad assumere la guida della continuità del movimento. Oltre a mettersi davanti all’obiettivo dell’organizzazione degli scioperi, i leader hanno costruito un discorso in grado di provocare l’identificazione degli individui della categoria con l’idea che loro occupavano un posto importante nella società brasiliana e quindi era giusto chiedere i diritti che gli spettavano. Il discorso della leadership ha contribuito a cambiare la rappresentazione che i metalmeccanici avevano di se stessi, della categoria e soprattutto dell’organizzazione del mondo sociale. Lo scoppio provocato dal movimento è risultato dalla combinazione di elementi materiali o obiettivi – dati dalla propria situazione politica, economica e sociale che ha caratterizzato la regione dell’ABC in quel periodo – e simbolici o soggettivi mobilitati da persone che hanno aderito gli scioperi. In tal modo gli scioperi sono stati guidati da una data situazione obiettiva; tuttavia, hanno solo raggiunto il loro scopo, perché furono capaci di modificare la rappresentazione che i metalmeccanici  avevano di se stessi e il modo in cui era organizzato il mondo sociale: cioè, avevano una motivazione economica, la lotta per salari migliori e condizioni di lavoro, ma è stato ampiamente sostenuto, dal senso di ingiustizia e di attacco  alla dignità di questi lavoratori[3].

Gli effetti dell’ ondata di scioperi era profonda sul movimento operaio brasiliano, che ha dato origine alla scena politica nazionale di un sindacalismo che ha proposto pratiche più “militanti” o “radicali” e che divenne noto come “nuovo sindacalismo”. Questo sindacalismo è stato designato  dagli studiosi come “nuovo” in contrasto con le pratiche anteriori, in particolare dei militanti del Partito Comunista Brasiliano- PCB, conosciute come “riformiste”, le quali attraverso le pratiche di “collaborazione di classe” avrebbero posto ostacoli allo sviluppo del movimento operaio brasiliano. Anche se alcuni autori sottolineano i limiti dell’azione del “nuovo sindacalismo” dalla sua formazione, vi è un certo accordo sul fatto che questa nuova prassi ha contribuito notevolmente al rinnovamento del movimento operaio brasiliano, trasformando o creando nuove pratiche più efficaci in linea con gli interessi dei loro rappresentati. Il nuovo sindacalismo, o sindacalismo autentico, ha avuto come pilastri principali l’azione dei meccanismi di critica radicale ai meccanismi di avvicinamento della dipendenza del sindacato allo Stato; la difesa del diritto allo sciopero e la negoziazione diretta tra le parti sociali, senza interferenze dello Stato; la lotta per la libertà e autonomia sindacale, e l’organizzazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro. In questo senso, la lotta per la formazione dei comitati di fabbrica nelle imprese è diventata una delle bandiere principali del movimento, visto che questa potrebbe essere il meccanismo ideale per incanalare le richieste degli operai.

Dagli anni ‘70 agli anni ‘90, il nuovo sindacalismo si è organizzato attraverso la CUT- Centrale Unica dei Lavoratori. Progetto egemonico tra i principali sindacati brasiliani – così come il PT ha assunto un posizionamento di rilievo tra i principali partiti del paese, raggiungendo attraverso le elezioni, diversi casi di poteri di rappresentanza, il cui l’apice è stato la vittoria di Lula nelle elezioni presidenziali del 2002. Tuttavia, le pratiche e discorsi del nuovo sindacalismo, così come del PT e della CUT, hanno subito cambiamenti importanti nel corso di questo processo di “adattamento “. Queste trasformazioni nelle pratiche sindacali possono essere intese come trasformazioni di strategia conflittuale, caratteristico dell’inizio del nuovo sindacalismo, verso una pratica di cooperazione conflittuale, in cui il conflitto tra gli interessi dei lavoratori e del padrone continua ad essere esplicitato, si considera come la principale forma di cooperazione  tra le parti: nasce l’“era dei tavoli di negoziazione” nell’ABC Paulista, con la fine della fasi eroica della CUT e il tentativo del PT di aumentare la propria base elettorale riconfigurando la sua vecchia identità classista.

 


[1] Testo elaborato a partire del libro: Tomizaki , Kimi . Ser metalúrgico no ABC: transmissão e herança da cultura operária entre duas gerações de trabalhadores. Campinas: Centro de Memória da Unicamp/ Arte Escrita Editora/ FAPESP, 2007. v. 1. 429p.

[2] J. D. French, O ABC dos operários — Conflitos e alianças de classe em São Paulo, 1900-1950. São Paulo: Hucitec; São Caetano do Sul: Prefeitura de São Caetano do Sul, 1995.

[3] L. W. Abramo, O resgate da dignidade: greve metalúrgica e subjetividade operária. Campinas: Editora da Unicamp; São Paulo: Imprensa Oficial, 1999

 

Questo testo è stato pubblicato in “Inchiesta” gennaio-marzo 2013 e fa parte del Dossier curato da  Aurea Costa e Rogerio Freitas

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Category: Osservatorio America Latina

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