Maurizio Landini: Un diritto negato
Diffondiamo il testo di Landini da Il Manifesto del 17 agosto 2014. I graffiti e disegni sono di Marco About di Roma
“Ma tu che lavoro fai?” È la risposta sempre più difficile a questa semplice domanda che normalmente le persone si rivolgono per conoscersi, che rende evidente la gravità e l’ingiustizia della situazione che stiamo vivendo.
È il lavoro che dà identità, indipendenza e dignità alle persone. È un lavoro con diritti che permette di essere cittadini sempre anche nei luoghi di lavoro, che può permettere di realizzarsi come persone, tanto più sono ampi i margini di autonomia e creatività nell’organizzazione del lavoro.
Il lavoro è un diritto, dice la nostra Costituzione. Oggi, invece, il lavoro manca, quando c’è è precario e mal pagato, al punto che si può essere poveri anche lavorando e rischiamo seriamente di diventare una Repubblica fondata sullo sfruttamento del poco lavoro che c’è.
Nella maggioranza delle imprese e nelle logiche dei governi che si sono succeduti fino ad oggi, ha prevalso un’idea di competizione fondata sulla precarietà, sulla centralità assoluta del mercato e della finanza fino a favorire e rendere possibile la libera circolazione dei capitali senza alcun controllo e sul superamento di ogni vincolo sociale e di conseguenza sulla cancellazione della contrattazione collettiva e del diritto del lavoro.
Non a caso siamo il Paese industriale con la più bassa quantità degli investimenti pubblici e privati, compresi quelli sulla ricerca, l’innovazione e la formazione. Siamo il paese con i livelli di precarietà e disoccupazione giovanile tra i più alti d’Europa. Siamo il paese con la maggiore età pensionabile. L’orario medio di lavoro annuo in Italia è di 1.800 ore contro le 1.600 ore medie dell’Europa, addirittura si defiscalizza il lavoro straordinario.
Siamo il paese in cui per legge si può in azienda derogare dai Contratti nazionali e dalle leggi dello Stato. Siamo il Paese con il primato contemporaneo dei livelli di tassazione sul lavoro e sulle imprese e di evasione fiscale. La corruzione è diventata un sistema, al punto che ormai pezzi interi dell’economia reale sono in mano alla criminalità organizzata.
Siamo il Paese che stupidamente ha assunto i vincoli europei, fino a votare ed inserire nella Costituzione il pareggio di bilancio. Siamo il Paese dove il credito alle imprese che vogliono investire costa il doppio che nei paesi più industrializzati. Siamo il paese dove per avere un mutuo bisogna avere un lavoro stabile e per legge si estende il lavoro precario. Non a caso i giovani, compresi quelli laureati, hanno ricominciato ad emigrare.
Rimettere al centro il lavoro e la formazione, le persone con la loro intelligenza e i loro bisogni, la giustizia sociale è quello che si deve e si può fare. Bisogna per davvero cambiare verso e politiche in Europa e in Italia. È il lavoro che produce la ricchezza che va redistribuita e investita per nuovi prodotti ambientalmente sostenibili. E per ridistribuire il lavoro che c’è e crearne del nuovo tendendo alla piena occupazione bisogna ridurre gli orari di lavoro, abbassare l’età pensionabile rilanciare gli investimenti, garantire il diritto allo studio e alla formazione e modificare gli attuali vincoli europei.
A parità di lavoro deve corrispondere parità di diritti e di retribuzione quale presupposto per un reale sistema di cittadinanza universale.
Per realizzare questo cambiamento bisogna mobilitarsi, scontrarsi con lobby e forti poteri economici che limitano e riducono gli spazi della politica, unire tutte le forme di lavoro, impedire la competizione tra chi per vivere deve lavorare ed affermare nuovi valori solidali e di giustizia sociale.
Su questo terreno si misura e si deve sfidare la reale volontà e il vero verso di cambiamento. Un paese si cambia e la democrazia si afferma con la partecipazione, la forza e l’intelligenza di chi può rispondere tranquillamente alla domanda “ma tu che lavoro fai?”
Category: Lavoro e Sindacato