Gabriele Polo: Claudio Sabattini si è sempre posto il problema del futuro del sindacato
9. Pubblichiamo integralmente gli atti del seminario C’è un futuro per il sindacato? Quale futuro? organizzato dalla Fondazione Claudio Sabattini e tenuto a Roma il 5 aprile 2013. La numerazione degli interventi corrisponde all’ordine in cui sono stati fatti.
Prima di iniziare i lavori pomeridiani, dando la parola a Carla Cantone, Segretario generale dello SPI-CGIL, che ringrazio a nome di tutta la Fondazione per averci aiutato a indire, organizzare e tenere questo appuntamento, voglio solo dire che mi fa molto piacere essere qui oggi con tutti voi e vedervi qui, perché credo questo sia il modo migliore per ricordare Claudio Sabattini, senza alcuna retorica o santificazione, ma cercando di proseguirne il lavoro, verificando, aggiornando il pensiero che lui ci ha donato.
Se la memoria non mi inganna, mi sembra che proprio in questa sala Claudio tenne il suo saluto alla sua FIOM ed era un discorso per niente retorico, con lo stesso spirito della discussione che stiamo facendo qui oggi.
Ricordo che in quella occasione salutò i suoi compagni, quelli con i quali per 8 anni – ma in realtà per buona parte della sua vita – aveva condiviso tutto, ricordando qual sia il modo e lo spirito con cui bisogna fare sindacato, appellandosi allo spirito di servizio – che è cosa molto diversa da un Sindacato di servizio, naturalmente – e come in quel senso si fosse dipanata tutta la sua vita, fino agli esiti finali. E fino alla domanda che noi oggi qui raccogliamo e rilanciamo, cioè se un sindacato confederale possa avere un futuro e come questo futuro possa essere preparato. Sindacato confederale, sottolineo, non un sindacato qualsiasi, non un sindacato aziendale o di mercato, ma un sindacato che riallacciandosi alla storia del movimento operaio organizzato e al modello europeo dei diritti nati dentro il conflitto capitale/lavoro, offra un luogo di rappresentanza ai lavoratori si coalizzano liberamente per difendersi dal dominio del mercato e dell’impresa e attraverso questo associarsi migliorano le loro condizioni in piena autonomia.
Non un corollario dell’impresa o una sua voce di bilancio da cui dipendere nel bene o nel male, ma un soggetto autonomo. Ecco, Claudio Sabattini si è sempre posto il problema del futuro del sindacato ritenendo che questo fosse lo spirito giusto per rinnovarlo e farlo vivere.
La domanda non è né retorica, né scontate sono le risposte. Questo era al centro delle riflessioni e delle azioni di Claudio, soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita. E manifestava esplicitamente questi interrogativi: “Dobbiamo chiederci – insisteva – come continuare a fare un Sindacato confederale nell’era della globalizzazione e della frantumazione del lavoro, sapendo che rimanendo fermi sulle nostre posizioni – senza aggiornarle e senza puntare sulla rappresentanza generale di tutto il mondo del lavoro in tutte le sue forme -, se semplicemente ci arrocchiamo in difesa di quello che siamo, moriamo. Magari lentamente, ma moriamo.
D’altra parte, dobbiamo sempre ricordare che se ci conformiamo semplicemente all’esistente, diventiamo una cosa geneticamente diversa dal motivo per cui siamo nati, non soltanto dalla nostra storia, ma soprattutto dal motivo per cui siamo nati: rappresentare i lavoratori che si uniscono in solidarietà tra loro”. In queste sue parole, credo ci sia tutto l’ordine del giorno di questo incontro e, probabilmente, anche qualcosa di più lungo respiro.
Ciò detto, ringraziandovi nuovamente per la vostra presenza, dò la parola a Carla Cantone, Segretario generale dello SPI-CGIL, che ha avuto una frequentazione importante con la storia della FIOM, dei metalmeccanici, conoscendo bene Claudio Sabattini.
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