Ciro D’Alessio: La Cgil deve cambiare rotta
Ciro D’Alessio (delegato Fiom alla Fiat di Pomigliano d’Arco) è stato intervistato da Tommaso Cerusici per “Inchiesta” all’Assemblea nazionale promossa da iscritti e delegati della Cgil, che si è tenuta sabato 15 febbraio al PalaNord di Bologna e che ha visto la presenza di duemila persone (sono intervenuti il Segretario generale della Fiom Maurizio Landini, il giurista Stefano Rodotà, il giuslavorista Umberto Romagnoli). Su questa importante iniziativa www.inchiestaonline.it pubblica e pubblicherà altri interventi.
D. Vista da Pomigliano, ci spieghi la gravità dell’accordo sulla rappresentanza tra Cgil-Cisl-Uil e Confindustria…
R. L’accordo che le confederazioni e Confindustria hanno firmato il 10 gennaio 2014, per noi che veniamo dall’esperienza di Pomigliano, è un atto gravissimo! Il testo di quell’accordo rinnega tutto quello che, come Fiom, abbiamo fatto negli ultimi quattro anni: la battaglia per la democrazia all’interno delle fabbriche, contro le sanzioni, contro la volontà aziendale di legare i diritti alla firma o meno di un Contratto.
Oltre a questo – che di per sé è gravissimo – vorrei ricordare che nel novembre scorso c’è stata addirittura una sentenza della Corte Costituzionale contro tutto questo! La Corte si è espressa proprio contro quello che stava avvenendo in Fiat e ha ristabilito la giustezza del diritto di rappresentanza, così come la Fiom l’ha sempre inteso: i lavoratori devono scegliere liberamente da chi essere rappresentati e le fabbriche sono luoghi in cui la nostra Costituzione deve avere piena cittadinanza.
Per questi motivi, riteniamo quanto avvenuto un atto gravissimo da parte della Cgil! La nostra organizzazione ha poi una responsabilità ancora maggiore: tutto è avvenuto sopra le nostre teste, senza nessuna forma di discussione democratica e senza consultazione interna.
Per noi è veramente inaccettabile!
D. Ci spieghi il senso dell’iniziativa che avete proposto oggi a Bologna e che ha visto un’ampia partecipazione da tutta Italia?
R. Sì…oggi c’erano tantissimi compagni da tutta Italia e molti sono stati gli interventi di dissenso rispetto a quanto sta avvenendo.
L’iniziativa è andata molto bene, dal nostro punto di vista, perché siamo riusciti ad ottenere una prima mobilitazione della base, dei delegati, degli iscritti alla Cgil, cioè di quelle figure che, fisicamente, vivranno sulla propria pelle gli sciagurati effetti di quell’accordo – in primis le sanzioni.
Oggi abbiamo cercato di aprire una discussione sul merito del testo dell’accordo del 10 gennaio 2014, che è proprio quello che manca attualmente in Cgil.
Detto questo, abbiamo anche posto delle richieste precise alla nostra confederazione: innanzitutto, ritiro della firma, consultazione vera tra i lavoratori e poi il voto dei diretti interessati. Insomma, noi chiediamo un cambio di rotta molto netto in Cgil, perché si sta veramente prendendo una deriva che a noi non piace!
D. Il cammino rispetto all’iniziativa di oggi…come proseguirete?
R. Abbiamo prodotto un testo finale, che è stato discusso e approvato dall’Assemblea.
In questo testo si dice chiaramente che non siamo disposti a fermarci e che, anzi, da oggi metteremo in campo una serie di iniziative sui territori per ottenere una consultazione democratica rispetto a quell’accordo. Dai prossimi giorni, verrà anche creato un vero e proprio coordinamento nazionale con diramazioni territoriali.
Questo lo vogliamo fare a partire dai luoghi di lavoro, ma sappiamo benissimo che dobbiamo avere la capacità di uscire dalle fabbriche, dai luoghi di lavoro e invadere i territori. La nostra è una battaglia di democrazia che deve riguardare tutti!
Continueremo, a tutti livelli, a portare avanti una discussione sul merito dei punti previsti in quell’accordo, soprattutto con i delegati delle altre categorie della Cgil che, purtroppo, sono rimasti esclusi da tutta questa vicenda.
Si tratta di decisioni che riguardano tutti e tutti devono potersi esprimere!
1. Comunicato stampa dei delegati Cgil autoconvocati, in vista dell’assemblea al PalaNord di Bologna di sabato 15 febbraio 2014
Il Testo unico sulla rappresentanza firmato dalla Cgil il 10 gennaio non ci convince sia nel merito che nel metodo.
Nel merito, perché, tra le altre cose, mette seriamente a rischio l’autonomia sindacale attraverso il sistema delle sanzioni e dell’arbitrato e con la negazione dei diritti sindacali qualora non si firmi un contratto. La Cgil ha sempre rigettato queste ipotesi e non pensiamo che oggi si possa fare un accordo del genere senza aprire una discussione ed una consultazione vera che veda coinvolti tutti i lavoratori interessati.
Pensiamo che questo accordo abbia portato alla luce un serio problema di democrazia all’interno della Cgil. Per questo come delegati Cgil abbiamo lanciato “l’Appello delle delegate e delegati Cgil per il lavoro e la democrazia” e convocato un’assemblea, per aprire una discussione vera su questi temi. Le adesioni, in pochi giorni, sono già più di mille e arrivano da tutte le categorie della nostra Confederazione e da tutti i territori.
Oggi il Paese vive una profonda crisi di rappresentanza e di democrazia, quindi crediamo che sia fondamentale per la sopravvivenza stessa del sindacato aprire una nuova fase, che veda protagonisti i lavoratori, e chi quotidianamente fra mille difficoltà cerca di rappresentarli nei luoghi di lavoro. Proprio per questo crediamo che sia necessario incontrarci e discutere, per avviare una discussione vera all’interno della nostra organizzazione che consenta alla fine di far esprimere i lavoratori mediante il voto. All’assemblea, che si terrà sabato 15 febbraio al PalaNord di Bologna, abbiamo invitato la nostra segretaria generale, Susanna Camusso, la segreteria Confederale e i segretari generali di Categoria. Per ora non abbiamo avuto risposta. Gli interventi saranno affidati ai delegati Cgil e interverranno, per aiutarci a capire l’accordo, Umbetro Romagnoli e Stefano Rodotà.
L’Assemblea nazionale si svolgerà dalle ore 10.00 alle ore 14.30 sabato 15 febbraio 2014 presso il PalaNord di Bologna, via Stalingrado, 83.
2. Rodotà mette Camusso ko: La Fiom è la libertà sindacale, sequestratà da questo accordo che stravolge il senso della partecipazione
Antonio Sciotto, Il Manifesto 15 febbraio
Un colpo durissimo per la Cgil e per Susanna Camusso. Stefano Rodotà, costituzionalista che non ha bisogno di presentazioni, in predicato per diventare presidente della Repubblica a cavallo dei due mandati di Napolitano (e che potrebbe tornare a correre per la carica, in un futuro non lontano), boccia senza appello l’accordo sulla rappresentanza firmato lo scorso 10 gennaio dalla segretaria.
«Potrebbe contenere profili di incostituzionalità», ha spiegato il professore dal palco del Palanord di Bologna, all’assemblea dei delegati autoconvocati contro l’intesa: visto che «appare contrario anche alla sentenza della Corte costituzionale che ha stroncato l’articolo 19 della legge 300 in quanto lesivo della libertà sindacale».
Ancora, secondo il giurista, non si possono «usare due pesi e due misure»: e qui il parallelo con i profili di incostituzionalità che nelle scorse settimane lo stesso Rodotà ha indicato nell’«Italicum», la legge elettorale figlia dell’accordo Renzi-Berlusconi.
Poi un apprezzamento per la Fiom, anche questo piuttosto bruciante per la Cgil e le sue categorie che oggi sposano il «sì» all’accordo: per Rodotà la Fiom negli ultimi anni ha avuto il merito di aver fatto «una delle più grandi battaglie di politica costituzionale in questo Paese. La battaglia che si sta facendo in questo momento – ha detto parlando alla platea dei delegati e confermando il suo impegno – è «per la libertà sindacale, sequestratà da questo accordo che stravolge il senso della partecipazione. Un problema che non può essere messo da parte». Anche perché il rischio è che proprio da questa intesa – «non so se sono troppo malizioso», ha concluso il giurista – prenda le mosse la legge da più parti auspicata sulla rappresentanza.
Certo Rodotà non è nuovo alle iniziative della Fiom, alle manifestazioni con Maurizio Landini, al sostegno per le tute blu (ha difeso ad esempio gli operai Fiat di Pomigliano). Ma nello stesso tempo, essendo molto amato a sinistra (e non solo, anche dai grillini), in un modo del tutto trasversale e che va ben oltre la Fiom, il suo parere ha un peso politico notevolissimo.
E non solo, la bocciatura è piena anche nel merito: se l’accordo era già parecchio contestato, e in qualche maniera “smontato” dalle critiche della Fiom – ma che per molti potevano sembrare di parte o strumentali – il parere di un intellettuale così insigne lo squalifica senza appello.
Ora sempre di più, potremmo inferire, le sanzioni da comminare ai delegati appaiono chiaramente antidemocratiche. Una vera minaccia per l’esercizio della libertà sindacale: la morte del sindacato come lo conosciamo oggi. A meno ovviamente che non lo si voglia trasformare in un ufficio di servizi vari e di collocamento.
All’assemblea degli autoconvocati è intervenuto anche Landini: il leader delle tute blu Cgil ha spiegato che la Fiom «accetterà il risultato di una votazione, solo qualora essa sia fatta tra i lavoratori delle categorie che hanno firmato contratti con gli industriali, e con regole e modalità trasparenti e democratiche».
«Se le regole saranno queste – ha detto Landini – se si vince, si vince. E se perdo, ho perso». La stessa Susanna Camusso, proponendo esattamente una settimana fa un referendum, aveva detto che si deve andare al voto «così nessuno avrà più alibi». Una resa dei conti che però rischia di incagliarsi, appunto, proprio nelle regole e nella platea che verrà individuata per la partecipazione al voto.
Infine Landini è tornato sull’episodio delle botte a Milano tra la Cgil e Cremaschi: «Io e la Fiom lì non ci eravamo, però non posso non notare una crisi nella democrazia del sindacato. Bisogna smetterla con la gestione autoritaria, si devono poter esprimere tutti, pur condannando le strumentalizzazioni e le azioni violente».
3. Landini: Non ci fermeremo finché non riusciremo a cambiare la Cgil dall’interno
Annalisa dell’Oca, Il fatto quotidiano, 15 febbraio
Assemblea a Bologna contro l’accordo di rappresentanza. Il leader della Fiom non è convinto da Renzi: “È possibile cambiare con questo Parlamento?”. Ospite anche Stefano Rodotà: “L’Italicum è una legge elettorale illegittima”
Nessuna scissione, “ma non ci fermeremo finché non riusciremo a cambiare la Cgil dall’interno, rendendola più forte, più democratica e più partecipativa”. E’ una dichiarazione di guerra contro Susanna Camusso, segretario nazionale della Cgil, quella che il leader della Fiom Maurizio Landini pronuncia sul palco dell’assemblea autoconvocata al Pala Nord di Bologna dai delegati Cgil di tutta l’Italia, insorti a migliaia contro il proprio direttivo nazionale che nei giorni scorsi ha sottoscritto, assieme a Cisl, Uil e Confindustria, il Testo unico sulla Rappresentanza sindacale. Un testo, “anzi – precisa Landini – un accordo che, di fatto, apre una crisi democratica all’interno della Cgil: che introduce sanzioni anche pecuniarie per i rappresentanti dei lavoratori, l’arbitrato interconfederale e che mortifica il ruolo dei sindacati.
E tutto questo senza consultare quegli stessi lavoratori a cui sarà imposto, ma che invece è stato presentato al direttivo sotto forma di mozione di fiducia, da accettare a scatola chiusa. In pratica, il testo dell’intesa è, secondo le tute blu, ma anche secondo le categorie che hanno aderito alla giornata di discussione voluta in seno alla Cgil – dai trasporti alla comunicazione, dai bancari alla funzione pubblica, dalla Fiat a Electrolux, a Deutch Bank – il modello Pomigliano trasferito ai contratti nazionali, “dimenticando che la Corte Costituzionale quel modello l’ha bocciato”. Nel documento, infatti, sono state inserite delle “clausole e/o procedure finalizzate a garantire l’esigibilità degli impegni assunti” con “conseguenze sanzionatorie per comportamenti attivi o omissivi”. Ma anche regole per definire “il peso” dei sindacati, che si calcolerà sull’incrocio tra le deleghe e i voti raccolti alle elezioni delle Rsu, e in presenza di più piattaforme, sarà favorita quella con almeno il 50%+1 della rappresentatività nel settore.
“Insomma – ironizza Landini, per il quale Susanna Camusso ha chiesto via lettera al Collegio statutario una sanzione disciplinare – nella legge elettorale di Renzi e Berlusconi, di cui non sono entusiasta, chi arriva primo e supera il 37% si prende il 55%, nel Testo unico chi vince con il 49,9% non conta nulla”. E con lui concorda l’ex candidato alla presidenza della Repubblica Stefano Rodotà, ospite d’onore al Pala Nord di Bologna assieme all’ex preside della Facoltà di scienze politiche dell’Università di Bologna, Umberto Romagnoli: “In pratica parliamo di una serrata – spiega Rodotà – l’Italicum è una legge elettorale illegittima scritta per chi è già dentro sistema politico, che blocca chi dall’esterno vuole entrare e si trova una soglia di sbarramento dell’8%, col rischio che 3,5 milioni di italiani rimangano senza rappresentanza. Lo stesso vale per l’accordo: è questo il tema che abbiamo di fronte oggi, un problema di libertà e rappresentanza“.
In un momento di transizione come quello che l’Italia sta vivendo, dove una “maggioranza, che mi è misteriosa perché è la stessa che ha portato al violento accantonamento di Enrico Letta, si sta costruendo, non bisogna dimenticare che non si può costruire nulla se si sequestra la democrazia”. Discussa, insomma, “la legittimità di una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale”, sottolinea Rodotà, “dobbiamo misurare ciò che cerca di imporre nel mondo del lavoro il Testo unico, che va confrontato con un’altra sentenza della Consulta, quella che ha dichiarato illegittimo l’articolo 19 stabilendo che sono stati violati gli articoli 2 e 3 della Costituzione”. La sentenza che ha, di fatto, reintrodotto la Fiom all’interno della Fiat.
Servirebbe, sottolinea Landini, “una riforma del lavoro, un piano per l’industria, e dico ‘servirebbe’ perché anche prendendo per buona la volontà di cambiare tutto di Matteo Renzi, il Parlamento è sempre quello, con Scelta civica, con Alfano. Ho criticato Monti e Letta perché sul lavoro non è stato fatto nulla, ma mi chiedo, come possiamo fare queste cose con questo Parlamento? I governi non eletti dalle persone non mi convincono, a proposito di crisi della democrazia”. Il problema della rappresentanza, secondo i delegati autoconvocati, non è quindi solo sindacale o solo politico: “E’ una crisi a tutto tondo – sottolinea Landini – e di fronte a una situazione simile ciò che un sindacato deve fare è ricorrere alla democrazia, e non limitarla. È così che la Cgil ha resistito 100 anni”.
“Noi andremo avanti in questa battaglia – assicura Nico Vox, delegato Cgil per la Funzione pubblica, applaudito da un Pala Nord di Bologna pieno centinaia di sindacalisti – perché siamo un sindacato ma siamo anche cittadini”. Vox c’era a Milano durante gli scontri avvenuti il 14 febbraio tra il servizio d’ordine della Cgil, in sala parlava Camusso, e un gruppo guidato da Giorgio Cremaschi, storico esponente del sindacato dei metalmeccanici ora tesserato Cgil-Spi (pensionati), giunto nella sala dove era in corso un’assemblea per protestare contro l’accordo sulla rappresentanza che ha decretato la spaccatura Cgil-Fiom. “L’unico intervento contro il Testo unico era il mio e l’hanno cancellato – precisa Vox – segno che ormai l’apparato conta più della base. Ma il sindacato siamo noi, che senso ha una sigla se ci si dimentica della piazza, dell’unità senza steccati, di quei lavoratori che noi dobbiamo tutelare?”.
Category: Lavoro e Sindacato