Buon anno del drago, ricordando Vittorio con il Classico dei Mutamenti

| 10 Febbraio 2024 | Comments (0)

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新年快! Felice anno nuovo!

Oggi, 10 febbraio, capodanno cinese, la redazione di Inchiesta augura buon anno del drago alle lettrici e ai lettori di Inchiesta.

In questi giorni di transito da un anno all’altro, ho avuto la fortuna di risentire, dopo lungo tempo, da Cremona dove abita, la viva voce di un amico, Renato Rozzi, autore del seminal work Psicologi e operai. Soggettività e lavoro nell’industria italiana (Feltrinelli 1976), che fa parte dell’avventura della nostra rivista fin dalle più lontane origini: un fratello maggiore per Vittorio, incontrato, con Franco Novara, ai tempi della loro straordinaria esperienza al Centro di Psicologia diretto da Cesare Musatti alla Olivetti di Ivrea (Vittorio ne ha parlato diffusamente nell’editoriale dell’ultimo numero cartaceo di Inchiesta, 210/2020, visibile anche online, “Mezzo secolo di due riviste”).

Non è per puro scopo memoriale che in questo passaggio d’anno rievoco tale esperienza: sono più che mai convinta che la tensione a conoscere/trasformare da cui essa era animata e di cui era latrice abbia oggi più che mai molto da dirci. Era un modo di pensare, di agire, di abitare il mondo di cui oggi difettano gli esempi, e di cui oggi più che mai credo abbiamo bisogno.

E c’è un’altra voce squillante che invece se n’è andata, proprio in questi giorni di transito da un anno all’altro, e che si inscrive in un diverso paesaggio – il paesaggio ancestrale della mia Lessinia veronese – anch’esso presente su Inchiesta, nella rubrica curata da Aulo Crisma, mio padre, che vi era giunto da giovanissimo profugo istriano e che vi aveva dedicato un libro, così come aveva dedicato un volume alla sua Parenzo natia, come si è ricordato ieri sul nostro sito (“Online il libro di Aulo Crisma Parenzo gente luoghi memoria”). Si chiamava Odilia Faggioni Aloisi, era nata a Giazza il 20 gennaio 1923, era cugina pressoché coetanea di mia madre; fino all’ultimo aveva mantenuto una straordinaria vitalità, e posdomani raggiungerà lei e gli antenati nel piccolo cimitero di Giazza dove anche mio padre riposa.

Vorremmo oggi poter chiedere a Vittorio, in questo nostro tempo così confuso e violento, di interrogare per noi il suo amato Classico dei Mutamenti,  quella mirabile mappa per interpretare le trasformazioni a cui egli ha dedicato un approfondito studio più che decennale concretatosi in un vasto volume rimasto incompiuto, che si spera comunque di poter prima o poi pubblicare (e, va detto en passant, questo andrà senz’altro annoverato fra i principali nostri propositi per l’anno nuovo).

Così tornano alla mente detti, passi, frammenti che Vittorio spesso rammentava e che gli erano particolarmente cari: per vari versi, collettivi e individuali, essi appaiono consonanti con la temperie dello Yijing, e alla sua prospettiva si possono in varia modalità e in varia misura ricondurre.

Come “La notte più lunga/eterna non è”, dalla Canzone della Moldava, di Bertolt Brecht. Dove all’idea di uno scorrere ineluttabile del tempo si associa la percezione di una speranza, di una luce che squarcerà infine le tenebre. La hybris dei prepotenti sarà infine inesorabilmente sconfitta.

Un aspetto, questa dialettica tenebre/luce, che nel suo commento manoscritto allo Yijing Vittorio sottolinea come connesso alla vicenda stessa della gestazione dell’opera: come narra la tradizione cinese, è nel buio di un oscuro carcere dove lo ha gettato per sette anni il feroce Di Xin, ultimo sovrano della dinastia Shang, che il buon re Wen (1099-1050 a.C.), fondatore della dinastia Zhou, compone questo libro destinato a proiettare la sua luce sul mistero delle cose (che appare innanzitutto come mysterium iniquitatis, mistero del male, come la realtà del passato e del presente si incarica implacabilmente di ricordarci).

In fondo alla Moldava vanno le pietre,
sepolti a Praga riposan tre re.
A questo mondo niente rimane uguale
la notte più lunga eterna non è.

Si mutano i tempi, l’inutile lotta
di galli violenti futuro non ha.
I folli progetti di tutti i potenti
si oppongono invano al tempo che va.

In fondo alla Moldava vanno le pietre,
sepolti a Praga riposan tre re.
A questo mondo niente rimane uguale
la notte più lunga eterna non è.

(trad. L. Lunari in Schweyk nella seconda guerra mondiale, Einaudi 1961)

新年快! Felice anno nuovo, a tutti i lettori e le lettrici di Inchiesta.

Category: Guardare indietro per guardare avanti

About Amina Crisma: Amina Crisma ha studiato all’Università di Venezia conseguendovi le lauree in Filosofia, in Lingua e Letteratura Cinese, e il PhD in Studi sull’Asia Orientale. Insegna Filosofie dell’Asia Orientale all’Università di Bologna; ha insegnato Sinologia e Storia delle religioni della Cina alle Università di Padova e di Urbino. Fa parte dell’Associazione Italiana Studi Cinesi (AISC) e, come socia aggregata, del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI). Ha conseguito l’abilitazione scientifica nazionale a professore di seconda fascia per l’insegnamento di Culture dell’Asia. Tra le sue pubblicazioni: Il Cielo, gli uomini (Venezia 2000); Conflitto e armonia nel pensiero cinese (Padova 2004); Neiye, Il Tao dell'armonia interiore (Garzanti, Milano 2015), Confucianesimo e taoismo (EMI, Bologna 2016), Meditazione taoista (RCS Milano 2020). Ha contribuito a varie opere collettanee quali La Cina (Torino 2009), Per una filosofia interculturale (Milano 2008), Réformes (Berlin 2007), In the Image of God (Berlin 2010), Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (Bologna 2010), Confucio re senza corona (Milano 2011), Le graphie della cicogna: la scrittura delle donne come ri-velazione (Padova 2012), Pensare il Sé a Oriente e a Occidente (Milano 2012), La diversità feconda, dialogo etico fra religioni (Bologna 2021). Fra le riviste a cui collabora, oltre a Inchiesta, vi sono Asiatica Venetiana, Cosmopolis, Giornale Critico di Storia delle Idee, Ėtudes interculturelles, Mediterranean Journal of Human Rights, Prometeo, Paradoxa, Parolechiave, Sinosfere. Fra le sue traduzioni e curatele, la Storia del pensiero cinese di A. Cheng (Torino 2000), La via della bellezza di Li Zehou (Torino 2004), Grecia e Cina di G.E.R. Lloyd (Milano 2008). Tra i suoi saggi: Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?(Prometeo 119, 2012), Attualità di Mencio (Inchiesta online 2013), Passato e presente nella Cina d’oggi (Inchiesta 181, 2013), Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei (2014), La Cina su Inchiesta (Inchiesta 210/2020), Quale ruolo per la Cina nello spazio pubblico? fragore di silenzi e clamore di grandi narrazioni (Sinosfere 14 marzo 2021). I suoi ambiti di ricerca sono: il confucianesimo classico e contemporaneo, le fonti taoiste, le relazioni interculturali Cina/Occidente, il rapporto passato/presente, tradizione/modernità nella Cina d’oggi, i diritti umani e le minoranze in Cina, le culture della diaspora cinese, le questioni di genere nelle tradizioni del pensiero cinese. Ha partecipato a vari convegni internazionali sul dialogo interculturale e interreligioso promossi dalle Chaires UNESCO for Religious Pluralism and Peace di Bologna, di Tunisi, di Lione, dalla Konrad Adenauer Stiftung di Amman, da Religions for Peace, dalla Fondazione Scienze Religiose di Bologna. Coordina l’Osservatorio Cina di Inchiesta e di valorelavoro ( www.valorelavoro.com ). Cv dettagliato con elenco completo delle pubblicazioni: al sito web docente www.unibo.it

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