Vittorio Capecchi: La Pira 1951. L’attesa della povera gente
Diffondiamo da Inchiesta settembre-dicembre 2013 appena uscito l’editoriale di Vittorio Capecchi
Perché oggi ricordare Giorgio La Pira.
Era nato a Pozzallo (in provincia di Ragusa) nel 1904 ed è morto a Firenze nel 1977. Ho iniziato a sentir parlare di lui in casa (sono nato e vissuto a Pistoia fino a 17 anni) per le sue iniziative di sindaco di Firenze a favore delle persone più povere, degli sfrattati, degli operai. Le notizie che mi arrivavano erano queste: La Pira requisisce come Comune di Firenze le case non utilizzate dandole agli sfrattati i n base a una legge del 1865 (che permetteva di requisire alloggi in favore dei terremotati). La Pira apre la prima casa famiglia per giovani disadattati. La Pira difende gli operai della Pignone (e poi difenderà quelli delle Officine Galileo) che occupano le fabbriche. Don Luigi Sturzo lo ammoniva a non diventare un comunista e cercare di rimanere interclassista e La Pira così rispose: “Ci sono 10.000 disoccupati, 3.000 sfrattati, 17.000 libretti di povertà… cosa deve dire il Sindaco: scusatemi non posso interessarmi di voi perché sono interclassista?”. La Pira è stato lo studioso diventato nel 1934 ordinario di Diritto Romano a Firenze, il religioso diventato terziario francescano che sceglie di essere “libero apostolo del Signore”, l’antifascista la cui rivista viene soppressa dal regime, il dossettiano che partecipa alla redazione dei Principi fondamentali della Costituzione. Diventa sindaco di Firenze nel 1951 e in quell’anno esce il suo libro di piccolo formato dal titolo L’attesa della povera gente (Libreria editrice Fiorentina, 1951) con in copertina un disegno di Ottone Rosai: un operaio povero che prega. E’ un libro in cui La Pira documenta le dimensioni della povertà e della disoccupazione e presenta le sue proposte economiche dopo aver fatto questa premessa: ”Ho ristudiato i classici (i vecchi) ed ho studiato i Keynesiani (i nuovi): ho cominciato a leggere con viva attenzione i giornali economici e finanziari e mi sono vivamente interessato degli studi di politica economica e del bilancio dello Stato; mi sono messo a studiare le situazioni della Banca d’Italia e del Tesoro: insomma ho cercato di rendermi consapevole dei massimi problemi del mio paese”. I risultati di queste sue letture economiche (da Beveridge a Di Fenizio) convergono nell’aderire al pensiero di Keynes. La Pira scrive: “L’intero sistema economico e finanziario mondiale non può essere lasciato a se stesso ma deve essere finalizzato in vista di scopi proporzionati ai bisogni essenziali dell’uomo” e poi “ Che cosa deve fare un governo di fronte all’attesa della povera gente (disoccupati e bisognosi in genere)? La risposta è chiara: la lotta organica alla disoccupazione e alla miseria”. Per La Pira ci sono due vie sicure da seguire: Keynes e il Vangelo. Quando nel 1956 mi iscrissi alla Bocconi ritrovai il La Pira di cui avevo sentito parlare in casa: studiai da matricola i testi di Keynes (il docente era Di Fenizio) e poi la Costituzione (il libro era Lo stato sociale moderno di De Maria). Oggi questa combinazione Keynes + Costituzione è considerata sovversiva, come sovversivo sarebbe considerato un politico che agisse come il terziario francescano La Pira che requisiva gli appartamenti, occupava le fabbriche, andava (nel 1965) nel Vietnam per incontrare Ho Chi Minh e definire con lui una bozza accettabile (per il Vietnam) di accordo bilaterale con gli Stati Uniti [che la rifiutarono], faceva parte (nel 1970) del Comitato promotore del referendum che introdusse in Italia il divorzio. Prima di questa estate sono tornato a Firenze con Amina e nella Chiesa di S. Marco ho chiesto di farci vedere la cella di Giorgio La Pira. La cella è rimasta come lui l’ha lasciata quando l’ha abitata per tanti anni da sindaco. Una stanza minuscola arredata solo con un letto con la spalliera in ferro, un piccolo tavolino e una sedia, qualche foto e un ritratto di Savonarola, una finestra (anche quella piccola) sul cortile. Anche per questa sua vita privata “controcorrente” a cui corrispondeva una coerente vita pubblica è importante oggi ricordare e riflettere sugli scritti e le opere di questo straordinario personaggio: lo studioso di diritto, teologia ed economia; il terziario francescano su cui è stata avviata una causa di beatificazione; il politico e sindaco che nella foto di copertina [riportata alla fine di questo testo] saluta sorridente.
Due foto di operai “per aria”.
In questa copertina di Inchiesta ci sono due piccole foto operaie [sopra riportate] che raccontano la crisi economica. La prima è quella famosissima (“Lunchtime atop a Skyscraper”) scattata il 20 settembre 1932 a New York in cui, per rilanciare i nuovi progetti edilizi del complesso Rockfeller dopo la grande depressione del ’29 che continuava a fare vittime, undici operai del cantiere edile sono fotografati mentre fanno colazione seduti su una trave di acciaio sospesa nel vuoto. La seconda è stata invece scattata a Torino, durante l’attuale crisi economica, all’angolo tra Corso Dante e Corso D’Azeglio il 30 maggio 2013. In questa seconda foto sei operai di un cantiere edile sono saliti su di una gru alta trenta metri per protestare perché da mesi non ricevono più lo stipendio. Alla polizia e vigili urbani che li invitavano a scendere hanno gridato: “Non sappiamo più come andare avanti, anche noi dobbiamo dare da mangiare ai nostri familiari”.
Verso il congresso generale della Cgil.
La maggior parte delle pagine di questo numero è dedicata ai temi che potrebbero e dovrebbero essere oggetto del congresso generale della Cgil. Il significato del congresso è chiarito nell’intervista di Loris Campetti a Gianni Rinaldini e Bruno Papignani, e mi ha colpito l’amarezza di Gianni quando alla fine dell’intervista afferma di “non aver mai visto una Cgil così vuota di analisi e così priva di autonomia”. Anche gli interventi di Terzi, Romagnoli e Cerusici sono importanti per prepararsi a seguire questo congresso come lo è il dossier Il lavoro e l’impresa oggi a cura di Luciano Berselli e Tommaso Cerusici che parte dalle relazioni di Francesco Garibaldo, Ilaria Possenti (autrice del libro Flessibilità), Angelo Salento e Giovanni Masino (autori del libro La fabbrica della crisi).
Salute e ambiente in conflitto con l’economia.
In un’ economia neoliberista, come sottolinea l’intervento di Paolo Pini, si avvertono le conseguenze sull’ambiente (Bruno Giorgini) e sulla salute e welfare (testi di Bruno Maggi e Ivan Cavicchi intervistato da Gino Rubini e Luciano Berselli). Queste tematiche sono state più volte al centro dell’attenzione di “Inchiesta” e come scrive Giorgini “Quanto ci vorrà perché queste diagnosi raggiungano la massa critica sufficiente per ribaltare l’attuale politica liberista del profitto e quindi dello sfruttamenti illimitato non solo dell’uomo sull’uomo ma anche della natura ?”.
La mutazione mediatica. Questo intervento inizia un dibattito che proseguirà nei prossimi numeri. Franco Berardi (Bifo) critica le banalità sulla rete espresse da Casaleggio e dal Movimento 5 stelle e invita a leggere testi come quello di Geert Lovink che esamina i nuovi media “non solo dal punto di vista del loro contenuto politico ma anche dal loro effetto antropologico, indagando i loro effetti psicologici e culturali”. Egli sottolinea che la rete va vista non solo come strumento ma come un ambiente per cui “talvolta Internet appare piuttosto una fabbrica di cretinismo identitario, che un’agora di scambio tollerante e di scoperta intellettuale”.
Religione cattolica e politica. Enzo Pace traccia uno scenario della Chiesa cattolica di fronte alle altre religioni ma in questo numero si parla di Chiesa anche per le inquietudini e le rabbie di questo clima economico, politico e culturale. Il percorso che mi ha portato a riflettere su Giorgio La Pira è lo stesso che porta Riccardo Terzi a riflettere su “Papa Francesco, dove tutto il tradizionale apparato dottrinario viene rimesso in discussione, non per rincorrere i miti della modernità ma per riscoprire le origini del messaggio cristiano”. Amina mi suggerisce questa frase di Mencio (IV secolo avanti Cristo): “Una società autenticamente umana è quella che è capace di nutrire i vivi e seppellire i morti senza dover provare vergogna”.
Category: Editoriali, Politica