E’ morto a Bologna a 93 anni il caro amico Giuseppe Campos Venuti

| 30 Settembre 2019 | Comments (0)
Ho frequentato Giuseppe Campos Venuti (Bubi) per tanti anni e la sua uscita di scena non è solo la fine delle chiaccherate in Via Clavature ma anche un altro pezzo della Bologna rossa che se ne va. Lo ricordo con il testo di Ilaria Venturi che segnala le tappe principali della sua carriera e con un pezzo del comune amico Francesco Indovina.

BOLOGNA – Arrivò sotto le Torri più di mezzo secolo fa quando Renato Zangheri, allora assessore, segnalò al responsabile della cultura di Botteghe Oscure, Mario Alicata, che a Bologna serviva un giovane che si occupasse di urbanistica. Giuseppe Campos Venuti, “Bubi” per gli amici dal nome di battaglia di quando da ragazzo partecipò alla Resistenza, arrivò da Roma e si ambientò benissimo. Ora la città lo piange: l’architetto e urbanista, protagonista decisivo per la svolta urbanistica della Bologna rossa negli anni ’60, è morto ieri nel tardo pomeriggio. Aveva da poco compiuto 93 anni. Lascia due figli.

Assessore all’urbanistica della penultima giunta Dozza – la giunta dei “diamanti rossi di San Petronio” la definì su L’Espresso Camilla Cederna – nacque da lui la politica di salvaguardia della collina e del centro storico – “il presidio del centro storico sono i residenti e i bottegai”, ripeteva – oltre ai primi esempi di edilizia popolare collocata anche in zone di sviluppo borghese. Il Fossolo fu un modello. E ancora: la dislocazione della nuova sede della Fiera, lo sviluppo industriale e la soluzione della tangenziale complanare. Con lui si avvia il decentramento e la nascita dei quartieri.

Dalla giunta Giuseppe Campos Venuti si dimette il 2 aprile del 1966 e negli anni successivi si dedica all’insegnamento come professore di urbanistica al Politecnico di Milano. Dal 1970 al 1975 è consigliere nella prima legislatura della Regione. Nel 1990 viene nominato presidente onorario dell’Istituto nazionale di Urbanistica, e lo è effettivo negli anni 1992-1993. E’ stato insignito della Medaglia d’oro del presidente della Repubblica per la scienza e la cultura, Napolitano lo nomina Cavaliere. E’ stato presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici dal 2000 al 2001.

La città nel 2006 lo omaggiò con il Nettuno d’Oro, il sindaco era Sergio Cofferati, per la “sua attenzione straordinaria verso Bologna e i suoi cittadini: le tracce del suo lavoro sono ancora presenti e visibili”. E lui in quell’occasione rivendicò con orgoglio: “Tutti i miei amici spagnoli, francesi, inglesi, portoghesi e americani ancora mi chiedono come mai quella di Bologna sia l’unica collina urbana rimasta verde in Italia”.

Da urbanista ha firmato i prg di Roma, di Madrid e di gran parte delle città emiliano-romagnole. “Bologna deve a Giuseppe Campos Venuti le scelte urbanistiche che, ancora oggi, la rendono una città differente, una città migliore. Grazie a lui la nostra collina è intatta e grazie a lui molti operai comunisti di allora si sono convinti che era giusto ristrutturare case nel centro storico fatiscente e non andare fuori. Dobbiamo fare tesoro del suo coraggio riformista e della libertà di pensiero che ha esercitato con tenacia e coerenza – le parole del sindaco Virginio Merola – Le mie più sentite condoglianze ai suoi figli e a tutti i familiari, perdiamo una persona che ha fatto bene alla nostra città”.

Condoglianze espresse anche dal governatore Stefano Bonaccini: “Aveva pensato il volto della Bologna più moderna. Ne aveva immaginato il profilo, disegnato i tratti fondanti, l’aveva pensata come un luogo dove la vita dei cittadini fosse segnata da un’armonia unica con il resto del territorio”. 

La camera ardente sarà allestita domani, mercoledì, dalle 11 alle 15, in sala Tassinari a Palazzo d’Accursio. In consiglio comunale oggi è stato osservato un minuto di silenzio.

Si definiva un bolognese di Roma. “Campos e Bologna si sono identificati per gran parte della sua vita, da amministratore ho sempre sentito il bisogno di interloquire con lui” ricorda l’ex sindaco e parlamentare Walter Vitali. “A lui si deve la Bologna contemporanea” le parole di cordoglio dell’architetto e amico Pietro Maria Alemagna. “Intellettuale, uomo delle istituzioni, uno dei più grandi urbanisti del Paese” scrive Andrea De Maria (Pd) ricordando la “sua grande passione, competenza e autorevolezza”.

Era uno che si faceva sentire, lasciava il segno. Spirito libero, ha sempre rimproverato alle amministrazioni di sinistra (fin da quando in giunta c’era lui) di non aver saputo coniugare l’urbanistica con la mobilità. Raccontò la sua vicenda umana e politica nel libro “Un bolognese con accento trasteverino, autobiografia di un urbanista” (Pendragon). Il liceo, Roma, il fascismo. Poi il Partito d’azione, la Resistenza, i primi lavori – Campos Venuti è uno degli architetti che ha disegnato la mitica scuola di partito delle Frattocchie – e l’avvicinamento al Pci.

Per lui l’urbanistica non poteva vivere senza una visione “politica” della società. Se la prendeva con Berlusconi, coi governi e coi condoni, ma anche “con l’incapacità della società e dei cittadini di essere riformisti”.

Nel 1967 pubblicò Amministrare l’urbanistica: fu considerato il manifesto dell’urbanistica di sinistra nel mondo.Tra le pubblicazioni più recenti, il volume Città senza cultura, intervista sull’urbanistica (Laterza), un libro dove non manca certo la sua verve polemica (da villa Certosa ai “trenini” che non arrivano mai del servizio ferroviario metropolitano; dalle archistar alla speculazione urbana) e dove nel poscritto ammette: “…continuo ancora a impegnarmi in termini culturali e professionali, offrendo un contributo personale certamente più utile a me, perché dà senso alla mia vita, che alla società cui è destinato”. Ma le sue non erano parole di resa. Combattente lo è stato, sino all’ultimo.

Ai suoi 80 anni disse in una intervista: “Ho fatto sempre ciò che amavo fare. Se ho lasciato qualche traccia in questa città, spero sia positiva. Volevo sinceramente che fosse così. Perché ho trovato a Bologna e nella sua regione, qualcosa che si confaceva alle mie aspettative: da un lato la tensione ideale, che ha sempre ispirato le mie scelte, e dall’altro il pragmatismo operativo, di cui ho sempre avvertito l’imperiosa necessità, perché non sono mai stato un uomo di astratta teoria e ho sempre cercato di mettere in pratica e di realizzare le cose a cui pensavo”. Parole che rilette ora risuonano come una sorta di testamento, di bilancio della sua vita. “Se questo è il modo con cui ho messo radici in questa città – concludeva – credo di averle messe nella maniera giusta e ne sono certamente soddisfatto e felice”.

2. Francesco Indovina: Urbanistica. Il coraggio di andare oltre

Category: Editoriali, Osservatorio Emilia Romagna, Politica

About Vittorio Capecchi: Vittorio Capecchi (1938) è professore emerito dell’Università di Bologna. Laureatosi in Economia nel 1961 all’Università Bocconi di Milano con una tesi sperimentale dedicata a “I processi stocastici markoviani per studiare la mobilità sociale”, fu segnalato e ammesso al seminario coordinato da Lazarsfeld (sociologo ebreo viennese, direttore del Bureau of Applied Social Research all'interno del Dipartimento di Sociologia della Columbia University di New York) tenuto a Gosing dal 3 al 27 luglio 1962. Nel 1975 è diventato professore ordinario di Sociologia nella Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Bologna. Negli ultimi anni ha diretto il Master “Tecnologie per la qualità della vita” dell’Università di Bologna, facendo ricerche comparate in Cina e Vietnam. Gli anni '60 a New York hanno significato per Capecchi non solo i rapporti con Lazarsfeld e la sociologia matematica, ma anche i rapporti con la radical sociology e la Montly Review, che si concretizzarono, nel 1970, in una presa di posizione radicale sulla metodologia sociologica [si veda a questo proposito Il ruolo del sociologo (a cura di P. Rossi), Il Mulino, 1972], e con la decisione di diventare direttore responsabile dell'Ufficio studi della Federazione Lavoratori Metalmeccanici (FLM), carica che manterrà fino allo scioglimento della FLM. La sua lunga e poliedrica storia intellettuale è comunque segnata da due costanti e fondamentali interessi, quello per le discipline economiche e sociali e quello per la matematica, passioni queste che si sono tradotte nella fondazione e direzione di due riviste tuttora attive: «Quality and Quantity» (rivista di modelli matematici fondata nel 1966) e «Inchiesta» (fondata nel 1971, alla quale si è aggiunta più di recente la sua versione online). Tra i suoi ultimi libri: La responsabilità sociale dell'impresa (Carocci, 2005), Valori e competizione (curato insieme a D. Bellotti, Il Mulino, 2007), Applications of Mathematics in Models, Artificial Neural Networks and Arts (con M. Buscema, P.Contucci, B. D'Amore, Springer, 2010).

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