Cristina Biondi: 8. Nuovo dizionario delle parole italiane. Da Mercato a Parvenu

| 23 Novembre 2018 | Comments (0)

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MERCATI, MERCATINI E OCCASIONI
L’occasione è una contingenza che consente l’immediato verificarsi di un fatto. Nel linguaggio commerciale viene magnificata come un’occasione la merce offerta a un prezzo inferiore alle condizioni ordinarie di mercato. Indubbiamente viviamo vite straordinarie e i mercati rionali traboccano di giacenze di magazzino: articoli nuovi, spesso di buona qualità e di ottima marca, svenduti per quasi nulla. Purtroppo non ho a disposizione un economista che mi spieghi quale teoria possa rendere ragione di una tale sottovalutazione del valore delle merci. Non oso ipotizzare chein questi casi il plusvalore acquisti segno  negativo, sta di fatto che una maglietta di puro cotone, pescata in un mucchio di mercanzie varie (e da lavarsi subito a casa), costa 1 euro . Il mucchio di solito è sovrastato da un cartello che indica il prezzo (1 EURO), mentre la maggior parte dei negozi che vendono articoli simili riporta a grandi lettere la parola magica: OCCASIONE!, nella speranza che il cliente, come sotto ipnosi, colga il suggerimento e dia luogoall’immediato verificarsi del fatto, acquistando la maglietta senza soffermarsi a pensare che può averla per molto, ma molto meno. Noblesse oblige: una regola non scritta vorrebbe che le vere signore non peschino nel mucchio, e non diano poi pubblica dimostrazione della larghezza dei propri mezzi comprando venti magliette. Esattamente come Magritte avvertiva: “Ceci n’est pas une pipe”, una vera signora dovrebbe pensare: “Questa non è una maglietta”, consapevole che il tradimento della propria classe sociale è fatto ben più grave del tradimento delle immagini.
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SINDROME DELL’ACQUISTO COMPULSIVO
Le occasioni speciali sono soggette a inflazione e si rischierebbe il tracollo del commercio al dettaglio se la profonda e inconscia solidarietà che lega acquirenti e venditori non avesse prodotto un fenomeno sociale interessante: la sindrome dell’acquisto compulsivo. L’irrefrenabile desiderio di comprare cose inutili, spendendo anche al di sopra dei propri mezzi, di solito è accompagnata da sensi di colpa. L’individuo, inconsapevole di compiere un sacrificio a vantaggio della specie, dopo l’acquisto non ha più interesse per gli oggetti dei quali è diventato proprietario, travolto dal fascino dell’occasione (contingenza che consente l’immediata realizzazione di un fatto). L’occasione fa l’uomo ladro e, purtroppo, o per fortuna, chi sfila dalle proprie tasche il portafoglio e lo svuota, non è imputabile e, il più delle volte, nemmeno curabile.
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SUPERMERCATI, FARINA E FARINE
La pubblicità magnifica le offerte speciali, i supermercati vi riservano buoni sconto e, se accumulate i punti, vi fanno regali. Vi chiedono in cambio una lealtà del tutto nominale, nessuno si scandalizza quando estraete dal portafoglio qualche decina di tessere fedeltà prima di presentare alla cassiera quella giusta. Vi affezionate alle signorine gentili che vi accolgono anche di domenica, loro vi sorridono un po’ stanche, così non avete il coraggio di intrattenerle con tutte le domande che la vostra curiosità vi porterebbe a fare: come si cucinano le farine di amaranto, d’arachidi, di piselli, di carote, di carrube, di canapa, di farro, di kamut, di manitoba, di quinoa, di grano saraceno, di grano arso, di segale, di tapioca, di teff. C’è la farina più proteica, quella tostata, quella dal sapore deciso e quella dal sapore delicato, molto ricca di amido, senza glutine. Le farine hanno una forza, una sorta di capacità di legame (sigla: W) quantificabile con precisione matematica, esattamente come l’energia elettrica, ma è dato di conoscerne il valore solo a chi acquista sacchi da 50 kg. A questo punto, dopo aver navigato in rete, vi piacerebbe saperne un pochino di più, o un pochino di meno, e vi chiedete a chi è destinata la vendita al dettaglio di prodotti così misteriosi e allettanti. Volendo essere prudenti vi accontenterete di sapere, come gli esperti della rete sostengono unanimi, che tutte le farine sunnominate servono per preparare prodotti da forno. Se sino a oggi il vostro forno non ha prodotto nulla di più esotico delle lasagne e della parmigiana di melanzane, è consigliabile non andare oltre.
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BISCOTTI
In fatto di biscotti è consigliabile essere curiosi ed esigenti, scegliere prodotti semplici, industriali che riportino sulla confezione tutti gli ingredienti. È prudente comprare le sfogliatinesenza glutine, olio di palma e lattosio. Nessuno sa cos’è uno stabilizzatore adipato e non è possibile svolgere indagini sugli aromi naturali. La lista degli ingredienti è in otto lingue quindi è del tutto logico che sia scritta in caratteri piccolissimi ed è bene avere una lente di ingrandimento. Fortunato chi non soffredi allergie, perché nelle sfogliatine potrebbero esserci tracce di frutta secca a guscio (non sapevo si dicesse frutta secca “a guscio” e non  “col guscio”, se ci fate caso le tracce di frutta secca a guscio sono presenti in tutti i cibi confezionati). È improbabile che venga dichiarato proprio tutto, immagino rimangano sottovalutate e taciute le tracce di: contaminanti chimici, inquinanti ambientali, mercurio, rame, nikel e zolfo, cacchette di topo, zampette di millepiedi, acari vivi e liofilizzati, batteri patogeni e non, residui cutanei, capelli e peli umani polverizzati. La lista non finisce qui, da quando esistono i microscopi ogni millimetro di biscotto potrebbe rivelare un intero universo. Le sfogliatine sono profumate, fragranti, buonissime nella loro semplicità, adatte per l’ora del tè. Gli specialisti in malattie del fegato sostengono che il tè verde può causare problemi epatici anche seri, sull’EarlGrey non hanno nulla da dire ed è un’ottima bevanda.
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PROFUMERIA E BOTANICA
Lo stretto legame tra profumeria, fiori, frutti, legni pregiati ed essenze colorate esiste da sempre. Un tempo era consuetudine che certe abilità, certe conoscenze botaniche rimanessero avvolte dal mistero, come succedeva per la composizione dei filtri d’amore, dei veleni e delle pozioni magiche, sia che fossero affare di streghe, sia che fossero opera di prudentissimi frati. Oggi al compratore non si nasconde niente, nella pasta dentifricia sono contenuti più ingredienti che nel liquore cent’erbe e si pretenderebbe che voi, da fini conoscitori, apprezziate l’olio di karitè o quello di argan. La pubblicità è ingannevole, è teatro: la famiglia felice che fa colazione riunita è composta da perfetti sconosciuti, che non hanno quindi contenziosi, conflitti e non devono arrovellarsi sul testamento della zia ricca e nubile; nessuno pensa che il sorriso dell’attrice abbia un qualsiasi rapporto con il collutorio che magnifica, così come non si pretende che chi recita «L’Otello» sia veramente nero e strangoli sul serio Desdemona. A furia di sentir nominare l’olio di karitè e quello di argan diamo loro fiducia, come ci fideremmo dell’essenza di elleboro, dell’estratto di oleandro (belli, i fiori!), mentre una pianticina che si chiama veratro ci desterebbe qualche diffidenza: il nome ha l’asprezza dell’essenza velenosa contenuta nelle sue radici che i raccoglitori dilettanti confondono con la genziana, che invece rende piacevolmente amari i liquori, senza causar danni. Domanda per i ragazzi delle scuole medie: berreste un tè alla cicuta, limone e ginseng?
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CONSUMISMO E IMBALLAGGI
Partecipare del consumismo sfrenato è ormai una necessità e non una scelta, ne siamo vittime e chi cerca di affrontare la vita in modo attivo e consapevole si ritrova una coscienza infelice, non smaltibile nella raccolta differenziata (moralismi da una parte, scrupoli e consapevolezze dall’altra). Individualismo e solitudine rendono ragione dell’enorme quantità d’imballaggi usa-e-getta in circolazione; nessuno potrebbe immaginare che alla fine dei concerti invece di migliaia di lattine di Coca Cola abbandonate ovunque ci si ritrovasse con duemila bicchieri da lavare e una sola botte da mille litri e vuota e riutilizzabile (viva la birra dell’Oktoberfest!). Se comprassimo confezioni di pasta da dieci chili avremmo meno spreco di cartone, ma sarebbe impossibile avere in casa spaghetti, linguine, tagliatelle, rigatoni, penne, mezze penne, chiocciole e farfalle. A proposito di farfalle, nessuno tollera di vederle svolazzare in dispensa e se compaiono insettini neri che si nutrono di spaghetti è d’obbligo gettare via tutto e fare un repulisti con prodotti igienizzanti. Si può acquistare l’insalata già lavata, pronta per la tavola, in sacchetti di plastica, monoporzioni di polenta cotta in vaschette resistenti, che vanno anche in microonde, così gradevoli alla vista che possono essere portate in tavola, evitando di avere un piatto da lavare. Invece chi vuole sentirsi a posto, sforzandosi di essere scrupoloso nella raccolta differenziata, si trova a insaponare e sciacquare contenitori che poi getta via; non c’è il rischio che si butti via il bambino con l’acqua del bagno, infatti il lattante va abbandonato nella ruota degli esposti, oppressi dalla colpa e dalla riprovazione generale per aver invaso il pianeta con pannolini usati che assommano plastica, cotone e sostanze organiche.
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AVERE TUTTO E DI PIÙ
Avete le bustine profumate in ogni stipo dell’armadio? Igienizzate la lavatrice? Usate detergenti diversi per cotone, lana,seta, indumenti colorati, neri, tende? Filtrate l’acqua del rubinetto prima di berla? Avete nella borsetta il gel antibatterico? Utilizzate uno spray specifico per la pulizia del microonde? Spolverate i mobili consalviette usa-e-getta? Aveteun panno per lavare i vetri, uno per pulire la pelle, uno per il parquet, uno per il marmo, uno per il lavabo, uno per le piastrelle, uno per l’acciaio del fornello? Usate pastiglie adesive per profumare le pareti del water e un deodorante spray per il gabinetto? Avete il gel che assorbe gli odori nel frigorifero? Mettete gocce balsamiche nelle vaschette dei termosifoni? Usate un umidificatore d’ambiente? Sapete che per gli schermi del computer, il televisore e gli occhiali si devono usare panni antistatici? Quante volte all’anno pulite gli argenti e i rami con prodotti dall’odore nauseante? Avete detto ai bambini di non bere la varechina? Sapete che i contenitori di plastica cedono molecole ai cibi, che le pentole antiaderenti trattengono i grassi e rilasciano particelle del rivestimento? Siete sicuri che le vostre tazzine non siano trattate al piombo? Che le vernici dei mobili non siano cancerogene? Che vi garantisce che il congelatore non abbia variazioni inattese di temperatura? Siete sicure che vostro marito non vi tradisca, che vostro figlio non si droghi?
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PUBBLICITÀ
C’è chi è nato per vivere alla grande, avere divani in pelle e viaggiare in Suv. C’è chi non desidera un divano in pelle e un Suv perché ce li ha già: per lui la pubblicità è una gran rottura, perché non vuole dotarsi dell’ultimo modello di Suv, né cambiare il divano, è già contento del suo e sonnecchia sdraiato tra i cuscini quando guarda in TV un documentario sull’Islanda . C’è chi non ha il divano in pelle e il Suv e ha finalmente capito che non li avrà mai: per lui la pubblicità è una grandissima presa in giro, nonché una rottura, perché interrompe il film dell’horror dove una fanciulla terrorizzata viene accoltellata sul divano in pelle nella sua villa isolata nel bosco. C’è chi spera di avere in futuro un divano in pelle e un Suv, ma vuole sceglierli con calma: la pubblicità è invadente e menzognera e impedisce di godere la suspance quando la fanciulla esce dalla portafinestra ed è costretta a fuggire nel bosco perché la chiave del Suv è nelle mani dell’assassino. C’è chi ha compiuto novant’anni e fa fatica a seguire la trama del film. Se si addormenta durante la pubblicità si perde la scena successiva, dove un’adolescente viene strangolata in una casa modernissima con grandi finestre illuminate, circondata da una foresta buia e sinistra. C’è chi fa zapping ed è stufo di trovare il Suv e il divano in pelle su tutti i canali, solo se è fortunato riesce a vedere in breve sequenza prima la scena in cui la fanciulla viene pugnalata, poi quella nella quale l’altra giovinetta viene strangolata. Se i pubblicitari capissero che per vendere poltrone e Suv non si debbono far parlare gli artigiani della qualità o mostrare famiglie felici in gita in Islanda, ma scene di omicidio, potremmo migliorare il nostro umore e il nostro Pil.
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PARVENU
Un tempo esistevano i parvenu (o parvenus?), rapidamente arricchiti, desiderosi di apparire, in cerca di un’approvazione e di un riconoscimento sociale. Chi aveva stile li osservava con sufficienza, senza nemmeno argomentare che la classe non è acqua e che i soldi non danno la felicità. L’indifferenza non escludeva l’invidia, che giocava un ruolo chiave nel gioco delle apparenze. La maggior parte dei parvenu è disparue a causa della crisi. Ostentare è ancora importante nei paesetti ove sopravvivono sane abitudini provinciali, in città la frenesia consumistica svalorizza gli oggetti. Nell’epoca dell’usa- e-getta non ci si deve affezionare agli oggetti status symbol ed è fin troppo facile barare al gioco acquistando copie perfette degli orologi e delle borse di marca. Tutta la pubblicità ci orienta a invidiare famiglie felici in Suv o nel Mulino Bianco, dissuadendoci dal cercare di essere invidiati e dal valorizzare quanto abbiamo: se siamo orgogliosi delle nostre porcellane di Sèvres, delle tovaglie ricamate, della zuccheriera d’argento potremmo starcene a casa a bere il tè con le amiche, invece di andare al centro commerciale a comprare qualcosa. Alla domanda della matrigna: “Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” lo specchio televisivo risponde: “Ci sono migliaia di donne più belle di te, ma diverrai come loro se cambierai rossetto, fard, cipria, crema idrante, rassodante, anti-age. Usa latte per il viso, per il contorno-occhi, per le labbra, per il corpo, all’olio di argan, al burro di karitè, etc, etc, etc.” Oggi Biancaneve non corre più alcun rischio e può starsene tranquillamente in camera sua a giocare con la Barbie. Il mistero è come abbiano fatto i nuovi ricchi, i maghi della tecnologia, a situarsi da subito nella categoria dei disparus d’élite: dove vivono? Chissà se hanno migliaia di tazzine di Sévres, zuccheriere d’argento, rubinetti d’oro, mastini, levrieri o unicorni?

Category: Cibi e tradizioni, Economia, Libri e librerie

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