Amina Crisma: Chinatown, quartiere del villaggio globale
Martedì 15 aprile 2014 alle ore 18 a Bologna al Café de la Paix in Via Collegio di Spagna 5 b si terrà il dibattito L’IMPRENDITORIA CONTESTATA: I MIGRANTI CINESI NEI DISTRETTI INDUSTRIALI ITALIANI promossa da Valore Lavoro con la partecipazione di ANTONELLA CECCAGNO e AMINA CRISMA.
Alleghiamo due testi scritti da Amina Crisma: una presentazione dell’incontro e alcuni spunti di riflessione sull’immigrazione cinese in Italia. Le illustrazioni sono nell’ordine le Chinatown di San Francisco, Parigi e Prato.
1. Amina Crisma: Presentazione dell’incontro L’IMPRENDITORIA CONTESTATA: MIGRANTI CINESI NEI DISTRETTI INDUSTRIALI ITALIANI
Su questo tema martedì 15 aprile dalle 18 alle 20 al Café de la Paix di Bologna si terrà l’incontro con cui valorelavoro apre un vasto programma di iniziative dedicate a un’articolata riflessione sul mondo dell’immigrazione cinese in Italia.
Introdurrà l’incontro Amina Crisma, docente di Filosofie dell’Asia orientale all’Università di Bologna e curatrice dell’Osservatorio Cina di valorelavoro.
Relatrice del dibattito sarà Antonella Ceccagno, che insegna Sociologia dei Paesi Asiatici e Lingua e Linguistica Cinese all’Universita’ di Bologna, e si occupa di migranti cinesi dagli anni Novanta.
E’ stata tra i fondatori del Centro di Ricerca e Servizi per l’Immigrazione di Prato dove dal 1994 al 2007 si è prodotta la maggior parte della ricerca sui migranti cinesi in Italia. E’ autrice di libri e articoli pubblicati in Italia e all’estero. Sui migranti cinesi ha scritto i seguenti libri: Ombre cinesi? Dinamiche della diaspora cinese in Italia (con Renzo Rastrelli), Carocci, 2008; Transnational Chinese. Fujianese migrants in Europe, Stanford University Press, 2004 (con F. Pieke, P. Nyiri e M. Thunoe); Giovani migranti cinesi, FrancoAngeli 2004; Migranti a Prato, FrancoAngeli, 2003 (curatrice), Cinesi d’Italia, Manifestolibri, 1998, Il caso delle comunità cinesi, Armando 1997 (curatrice).
Fra i tanti modi possibili di avviare una discussione sull’universo di Chinatown, abbiamo scelto di proporre un punto di vista strutturale, incentrato sulla grande questione che spesso viene trascurata dalle rappresentazioni correnti del fenomeno, e che è la seguente: quale ruolo ha effettivamente assunto la migrazione cinese nel contesto dell’economia del nostro Paese?
E’ una prospettiva che Antonella Ceccagno così riassume: “I migranti cinesi sono oggi considerati i nuovi ricchi a cui vendere le attività produttive che vogliamo dismettere e le proprietà di lusso che non riusciamo più a gestire. Buona parte della ricchezza dei migranti cinesi viene dalla loro capacità di cogliere un’opportunità epocale: sono diventati importatori e venditori di merce a basso prezzo prodotta in Cina negli anni in cui la loro madrepatria diventava la fabbrica del mondo. Ma i migranti cinesi hanno prodotto anche buona parte della ricchezza dei distretti industriali italiani. Questo contributo all’economia italiana in un’epoca in cui processi globali smantellavano profitti, posizioni acquisite e certezze è molto meno conosciuto e dibattuto. Prato è l’eccezione. A Prato si discute animatamente dei cinesi e delle forme inaspettate assunte dal loro insediamento e dalle loro attività economiche. Prato è l’unico posto dove l’imprenditoria cinese è sotto attacco. Perché?”
Su questo argomento, vogliamo aprire un largo confronto che a partire dai contributi offerti dalla ricerca coinvolga i soggetti culturali, politici, economici e sociali della nostra città, superando le barriere fra ambienti diversi e promuovendo uno spazio di riflessione condivisa.
2. Amina Crisma: Chinatown, quartiere del villaggio globale. Spunti di riflessione e proposte di dibattito sull’immigrazione cinese in Italia
Benché uno stereotipo inveterato dipinga il mondo di Chinatown come un universo separato dalla realtà esterna e pervicacemente caratterizzato da una sua esotica e pittoresca estraneità, basterebbe a smentirlo un qualche ascolto delle voci che da quel mondo ci giungono, e che oggi ci dicono, ad esempio, che l’attuale situazione di crisi sta inducendo non pochi cinesi immigrati in Italia a chiedersi se valga la pena di restare, o se non sia invece il caso di far ritorno in madrepatria.
Che ci piaccia o no, l’universo di Chinatown è parte costitutiva delle dinamiche, dei processi e delle tensioni del nostro villaggio globale e vi è integralmente coinvolto, ed è in questa prospettiva che valorelavoro intende proporre uno spazio di riflessione e di iniziativa sulla realtà delle comunità cinesi nel nostro Paese. Si tratta di un fenomeno di tutto rilievo che ha conosciuto, com’è ben noto, una cospicua e costante espansione negli ultimi decenni (basti rammentare che i cinesi sono al quarto posto nelle statistiche dei cittadini stranieri residenti nel territorio italiano); pur se ha costituito l’oggetto di indagini importanti, esso sembra rimanere prevalentemente affidato nella rappresentazione mediatica e nell’opinione corrente a un’immagine di compatta e impenetrabile chiusura. Una chiusura che l’immaginario collettivo sembra ascrivere – in chiave di essenzialismo etnico – a una presunta caratteristica innata della “cinesità” (e quanto sia ingiustificato tale pregiudizio, ben lo sa per esperienza chiunque annoveri dei cinesi fra i suoi amici, sia in Cina sia nella diaspora), mentre sarebbe più opportuno, a mio avviso, considerare quanto in tale percezione giochi la consistenza della barriera linguistica, che richiede molto tempo e fatica per essere superata: imparare l’italiano può richiedere anni di sforzo a un cinese, mentre basta qualche mese a un rumeno, che ha come lingua materna una lingua neolatina, o poco più a un marocchino che abbia familiarità con il francese. Si tratta di un ostacolo che viene spesso indebitamente sottovalutato, come ho potuto osservare, fra l’altro, nel corso di alcune esperienze di ricerca condotte in Veneto; ad esempio, un’indagine condotta qualche anno fa nell’ambito del Master in Studi Interculturali di Padova sull’atteggiamento dei genitori degli scolari cinesi ci ha permesso di constatare, tramite questionari e interviste in cinese, che essi erano tutt’altro che indifferenti alla situazione scolastica dei figli (come lamentavano spesso in coro insegnanti e dirigenti scolastici), anzi esprimevano in proposito un interesse molto vivace. Il problema di incomunicabilità a tale riguardo nasceva non certo da un loro pregiudiziale atteggiamento di ostilità o di diffidenza, ma da una difficoltà di carattere eminentemente linguistico. In questo senso, penso si possa prevedere che con la crescita della seconda generazione, che studia nelle nostre scuole, si avranno migliori condizioni di comunicazione e di interazione.
Il nostro tentativo sarà dunque quello di esplorare l’articolazione interna e la complessità di ciò che uno studio di vent’anni fa definiva, con pregnante espressione, come “l’immigrazione silenziosa”, e che, pur se appare connotarsi tuttora eminentemente per il suo riserbo, non è detto che sia impenetrabile. Il nostro percorso inizierà con un prossimo incontro, di cui presto preciseremo la data, con Antonella Ceccagno, studiosa da molto tempo dedita all’indagine sulle comunità cinesi in Italia e docente di Sociologia dei Paesi asiatici, oltre che di Letteratura e di Lingua e Linguistica cinese, all’università di Bologna (per la sua bibliografia, si veda il sito web docente unibo; fra i suoi lavori più recenti, si veda ad es. “La diaspora cinese”, ne La Cina, Einaudi 2009).
Tema specifico dell’incontro sarà un’analisi dal punto di vista economico della presenza cinese a Prato, nel contesto delle trasformazioni dei distretti industriali. Il caso di Prato, come ben sapete, è tornato di recente alla ribalta, e molto se ne è detto, e con grande clamore: ci sembra opportuno proporre in merito una riflessione che muova, innanzitutto, da considerazioni di carattere strutturale.
Category: Economia, Migrazioni, Osservatorio Cina