Luce Irigaray: Senza differenze sessuali l’umanità non ha futuro
Diffondiamo da www.il giornale.it l’intervista di Bruno Giurato il 9 ottobre 2013 a Mantova
È una maestra del pensiero femminista, Luce Irigaray. La filosofa, psicanalista e linguista belga classe 1930, tra l’altro, si permise il lusso di attaccare Jacques Lacan e Sigmund Freud, con il saggio Speculum del 1974, diventato un classico del pensiero della differenza sessuale, e che le costò l’espulsione dall’università di Vincennes. Una dura e pura (dolcissima, a incontrarla di persona) che tutt’ora difende con le unghie e coi denti la sua autonomia dal pensiero dominante. Il Giornale l’ha incontrata al Festivaletteratura di Mantova, dove domenica ha tenuto una lezione rileggendo quel caposaldo della riflessione politica che è l’Antigone di Sofocle: non più eroina della trasgressione e del potere, ma testimone incarnata dell’amore che rispetta le relazioni fra esseri umani. «Antigone, a rischio della sua vita difende tre leggi – precisa Irigaray – Il rispetto dell’ordine cosmico, l’ordine della generazione contro quello della fabbricazione, l’ordine della sessuazione. Antigone dice: Non posso sposarmi prima di aver rispettato la differenza sessuata fra mio fratello e me stessa, onorandone la memoria col seppellimento».
D. L’identità sessuale è un qualcosa di costruito o di naturale?
R. Dobbiamo tornare alla nostra natura e alla nostra identità, che, vorrei sottolineare, è sempre sessuata.
D. Cosa vuol dire «tornare alla nostra identità»?
R. Che, come Ulisse, restiamo in una condizione di esilio esistenziale, abbiamo perso l’autoaffezione. E, invece abbiamo il dovere di tornare al nostro vero sé.
D. Ma tutta la cultura contemporanea, invece, è basata sull’abbandono delle identità, anche sessuali. Uomini femminilizzati, donne seduttrici. Cosa ne pensa?
R. Ho una risposta semplice: se andiamo per questa strada non ci sarà un futuro per l’umanità. L’annullamento delle differenze tra uomo e donna risponde al fenomeno della tecnicizzazione, cioè un fenomeno contrario alla vita. Solo il mondo della tecnica è neutrale.
D. Mentre uomo e donna, nella loro finitezza, sono definiti anche dal punto di vista sessuale…
R. Solo se sono in grado di ritornare al proprio sé. La differenza uomo-donna è basilare per arrivare a costruire un modello democratico, che regoli tutte la altre differenze.
D. In Italia il ministro Kyenge, si è detta favorevole ad abolire i termini «madre» e «padre» e a sostituirli con le espressioni «genitore 1» e «genitore2».
R. Anche in Francia è lo stesso. Le dirò, è una cosa da piangere. Mi viene la voglia di rispondere in modo radicale, ma mi trattengo: stiamo diventando un numero, la nostra identità naturale e storica viene riassunta in un numero, in une definizione neutra.
D. È bene quindi che ci sia una differenza linguistica e culturale tra la figura del padre e quella della madre?
R. Dirò di più. In Francia c’è stato un grosso dibattito sulla questione del matrimonio gay. A mio parere è un peccato distinguere in maniera rigida tra omosessualità e eterosessualità: in tutti i percorsi di vita può capitare un momento in cui qualcuno è attratto da una persona dello stesso sesso. Non bisogna interrompere un percorso con una definizione, bisogna lasciare un po’ di fluidità.
D. Il matrimonio omosessuale è dunque una gabbia culturale?
R. A mio giudizio sì. Il dibattito a riguardo in Francia ha diviso, anche profondamente, la stessa comunità gay. Una parte di essa non voleva questo matrimonio, anche perché in Francia abbiamo i Pacs. E allora, al limite, meglio potenziare i Pacs, che creare questo conflitto, che ha finito per dividere tutta la cultura francese? Ne valeva la pena? Secondo me no.
D. Cosa ne pensa di gruppi come le Femen, che protestano scrivendosi sul seno, tecnica bondage e sadomaso ferocemente maschilista?
R. Direi a queste ragazze di coltivare la propria identità prima di andare a fare lezione alle altre culture. Da una parte le donne col velo, dall’altra quelle che usano un modello sadomaso, ma dov’è il modello di identità sessuale?.
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